2020-06-23
Palamara fa ricorso. E nel Csm scatta la caccia all’uomo
La prima commissione setaccia le chat per 20 azioni disciplinari. La dem Donatella Ferranti ed Eugenio Albamonte si smentiscono a vicenda sulle cene.La prima commissione del Consiglio superiore della magistratura, competente sui trasferimenti d'ufficio per le incompatibilità ambientali, è al lavoro su una ventina di istruttorie per valutare le posizioni dei magistrati che compaiono nelle chat dello stratega delle nomine Luca Palamara. Il vicepresidente del Csm David Ermini, d'altra parte lo aveva già annunciato l'8 giugno che gli organi competenti stavano esaminando le migliaia di chat di Palamara. Ora fa sapere che verrà controllata ogni singola intercettazione e che finirà sotto la lente tutto quello che è accaduto, «chat per chat». E non solo in prima commissione. Ieri lo ha ribadito: «Abbiamo, a parte la vicenda penale che è in capo alla Procura di Perugia, il procuratore generale presso la Corte di Cassazione che ha istituito un gruppo di lavoro per esaminare tutti gli atti e verificare se ci siano illeciti disciplinari su tanti magistrati che compaiono sulle intercettazioni, negli atti e nelle chat». E ovviamente compare anche lui. Su questo particolare, però, glissa. Ma come farà a valutare quelle chiacchierate? Ermini, comunque, non è l'unico componente del Csma comparire nelle conversazioni di Palamara. Tra gli esponenti della prima commissione, per esempio, il nome di Sebastiano Ardita, tra i leader di Autonomia e Indipendenza, compare più volte. E c'è Concetta Cochita Grillo, toga molto attiva nella vita correntizia di Unicost, come dimostra anche uno scambio di messaggi con Palamara, al quale scrive: «Ci tenevo a ringraziarti personalmente per la vostra fermezza nel gestire l'affaire Siracusa (il riferimento è al caso del pm Giancarlo Longo, finito in prigione per corruzione in atti giudiziari, o ancora, per le nomine, ndr)». Proprio la quantità immensa di documenti da valutare (solo le chat occupano 50.000 pagine di trascrizione) ha spinto alcuni componenti della prima commissione, si apprende da indiscrezioni, a chiedere a Ermini di fissare alcune sedute supplementari rispetto a quelle ordinarie. Anche il fronte disciplinare dell'Anm sembra ancora non essersi chiuso. Ieri il presidente Luca Poniz ha annunciato: «Nelle accuse riversate dai protagonisti a tutto il resto dell'associazionismo avverto una parte di condotta persino minatoria, che sarà valutata dagli interessati nell'obiettiva portata della stessa». E ha aggiunto: «L'associazione ha chiesto l'anno scorso, e adesso che le indagini sono formalmente chiuse di nuovo, tutti gli atti che alcuni giornali hanno in parte pubblicato. Li leggeremo, capiremo quali sono le condotte e torneremo ad affrontare quelle disciplinari di qualsiasi tra i colleghi che in esse dovessero comparire, come autori di condotte eticamente irregolari in relazione al nostro statuto». Il Corriere della Sera, dopo aver scritto che Palamara nel suo j'accuse indirizzato all'Anm aveva fatto riferimento a dei magistrati senza fare i nomi (che però si trovavano invece su altri tre giornali in interviste rilasciate dallo stesso Palamara) ieri ha lanciato il sasso sulle valutazioni per i 20 giudici in prima commissione. E, così, i lettori del Corriere hanno scoperto che ci sono toghe che potrebbero risultare incompatibili per chat che non hanno avuto la possibilità di leggere. Palamara, che a Omnibus ha detto di voler impugnare la sua espulsione davanti all'assemblea generale dei soci dell'Anm, invece, lo ha ripetuto anche ieri: «Faccio i nomi perché devo dimostrare quello che è stato il mio ruolo. E per fare questo ho la necessità di spiegare come funzionava il sistema». Per le sue parole qualche querela è stata minacciata. L'ex presidente dell'Anm Eugenio Albamonte (Area) ha scelto il Corriere per renderlo noto. Palamara si dice dispiaciuto, ma spiega: «Io non penso di aver offeso nessuno, quindi non c'è nessun problema per me per avere chiarimenti di fronte ai giudici e alle autorità competenti». Anche l'ex deputata del Pd ed ex presidente dem della Commissione Giustizia, Donatella Ferranti, in un'intervista al Corriere, ha detto di valutare azioni legali contro lo stratega delle nomine. Ma le dichiarazioni dei due, Albamonte e Ferranti, le cui interviste sul Corriere sono riportate una di fianco all'altra, presentano una contraddizione evidente sugli incontri a tavola di cui parla Palamara. Il primo conferma di aver incontrato la Ferranti: «Ma non è che se uno s'incontra con un parlamentare e qualche consigliere del Csm deve per forza occuparsi di incarichi o orientare nomine anche in vista di soluzioni di singole vicende giudiziarie a favore di uno dei commensali». Il titolo che viene assegnato all'articolo è questo: «Le cene e il dialogo non sono trame». La Ferranti, invece, ritiene di aver chiarito così: «Tutti sanno che ceno a casa». E con Albamonte ritiene di «avere età e abitudini diverse». Pranzi? «Mai da sola. Nemmeno un caffè». Cene di gruppo? «Ci possono essere stati incontri casuali», risponde Ferranti, «conosco Albamonte dai tempi in cui ero segretario generale del Csm e lui uno dei magistrati segretari. Ma mai incontri programmati e tantomeno finalizzati alla gestione di nomine. Notizie di cene inopportune meritano di essere prese in esame solo davanti al giudice». Il titolo è questo: «Gli incontri solo in sedi istituzionali». La Verità ha provato a contattare entrambi. Albamonte ha detto di essere in riunione, poi ha fatto chiamare un'addetta stampa di Area per conoscere preventivamente il tema della telefonata. Da quel momento il telefono dell'ex presidente Anm è risultato staccato. La Ferranti, invece, si è limitata a confermare i contenuti dell'intervista: «Non ho altro da aggiungere». Il giallo delle tavolate, insomma, non è stato chiarito.