I paladini dei disabili hanno tenuto chi non era vaccinato fuori dalle aule

Lui sostiene di non aver mai pronunciato le parole che da alcuni giorni sono utilizzate come chiodi per l’ennesima crocifissione. «Non ho mai affermato», dichiara Roberto Vannacci ad Affaritaliani, «che bambini e ragazzi con disabilità dovrebbero stare in classi separate dagli altri. Ho detto che devono stare insieme con gli altri bambini e ragazzi ma che servirebbero impegni peculiari e anche strutture adeguate e dedicate per momenti di attenzione particolare rivolta alla loro disabilità. Esattamente quello che molti genitori con bambini disabili vorrebbero fare ma purtroppo queste strutture sono pochissime e le liste d’attesa sono lunghissime».
Il giochino è ormai frusto. Vannacci viene intervistato su tutto lo scibile umano, se ne esce fatalmente con una o più affermazioni tagliate con l’accetta, ed ecco che si scatenano le reazioni indignate di tutti gli schieramenti, utili ai più per definirsi come «buoni» distanziandosi dal generale divenuto emblema del cattivissimo diffuso. Il meccanismo, per quanto esasperante, sembra fare comodo a tutti: al neo candidato leghista che ne ricava pubblicità, ai suoi avversari incapaci di imporre temi di discussione e persino ai suoi presunti alleati che tentano di affossarlo per timore di essere depredati di preziosi consensi. All’osservatore esterno sale nel petto una potente sensazione di disgusto, ma questi sono i tempi.
Mettiamo pure, tuttavia, che Vannacci abbia davvero detto di ritenere opportuna la creazione di classi separate per disabili. L’idea in sé è più che discutibile e anche vagamente fastidiosa. Per fortuna non si concretizzerà mai, dato che nessuno l’ha ufficialmente proposta e se anche Vannacci la sostenesse non avrebbe comunque la possibilità di imporla. Ugualmente, ha suscitato sdegno unanime e fiammeggiante, in parte pure giustificato. È interessante esaminare le reazioni, giunte da ogni parte.
«Pur nel rispetto di ogni opinione e di ogni scelta politica qui è in gioco una visione culturale della vita. Queste affermazioni ci riportano ai periodi più bui della nostra storia. Mi permetto di dire, con papa Francesco, che l’inclusione è segno di civiltà», ha detto il vicepresidente della Conferenza episcopale italiana per il Meridione, monsignor Francesco Savino. «La differenza non è un problema ma una risorsa. le classi separate riproducono i ghetti. La separazione in classi diverse per i fratelli disabili significa che sono da emarginare o guardare con sospetto. E invece loro hanno tante abilità che noi non abbiamo». Al netto della retorica, è di sicuro importante ribadire, come ha fatto Savino, che «scartare e isolare le differenze» significa produrre un «vulnus per le democrazia e la convivenza». Sulla stessa linea si sono mossi esponenti politici di ogni colore: dalla Lega a Italia viva passando per Forza Italia.
Non possiamo non notare con dispiacere, però, che tutta questa ben riposta attenzione verso i diritti e l’inclusione non è affatto emersa nel momento in cui le classi separate sono state realmente imposte. Probabilmente ricordarlo turberà qualcuno, dato che oggi non va molto di moda ricordare i giorni bui del Covid, anzi chi lo fa viene accusato di essere ossessionato e insistente. Eppure il passato non si cambia e non si può negare. Nelle scuole, a vari livelli, furono imposti trattamenti differenziati per vaccinati e non vaccinati. I secondi, come noto, furono espulsi da centri ricreativi, società sportive e altre attività fondamentali per i giovani. Addirittura per la didattica a distanza, a un certo punto, divenne indispensabile il green pass. Tutto questo fu approvato nel silenzio quasi totale di politici e cittadini. Anzi, ricordiamo come fosse oggi le uscite ansiose di vip preoccupati al pensiero che i loro figli potessero trovarsi in aula vicino a piccoli no vax pericolosi. Fabio Fazio lo dichiarò senza timori in diretta sulla Rai. Che diceva allora la Cei? Non pervenuta: silenzio assenso. Idem tutti gli altri che ora si stracciano le vesti per le discriminazioni e la mancata inclusione.
Qui non si tratta, badate bene, di limitarsi a rivangare le passate mostruosità, cosa che pure avrebbe senso. E non si tratta nemmeno di invocare il male comune per assolvere con gaudio il Vannacci. Il punto è semmai che con le restrizioni già viste (emarginazione scolastica compresa) potremmo di nuovo avere a che fare se dovessero concretizzarsi alcuni inquietanti piani sovranazionali.
Se, cioè, dovessero applicarsi così come sono stati concepiti il trattato pandemico dell’Oms e il nuovo Regolamento sanitario internazionale, i quali nei fatti istituzionalizzano costruzioni e repressioni. Invece di abbaiare impegnandosi in polemiche che nascono e muoiono sui giornali, sarebbe allora il caso di mettere al centro della discussione in vista delle Europee temi decisamente più pressanti e concreti. Ma a quanto pare tutti preferiscono tirare la volata al generale, che essendo persona cortese non mancherà di ringraziare qualora eletto.






