2021-06-01
Padoan ci prende in giro: «Via la politica dalle banche»
Pier Carlo Padoan (Emanuele Cremaschi/Getty Images)
L'ex senatore, capo di Unicredit grazie all'esperienza da ministro, invita ad ascoltare il mercato e non i veti di palazzo sulle nomine.Deve trattarsi di un caso di omonimia, non c'è altra spiegazione. Il Pier Carlo Padoan che ieri era a colloquio con il direttore del Foglio, Claudio Cerasa, non può essere lo stesso Padoan che in tanti conosciamo e ricordiamo. Ieri infatti l'ex ministro dell'Economia dei governi Renzi e Gentiloni (da febbraio 2014 a maggio 2018), al di là della consueta curvatura eurolirica, ha lasciato a verbale diverse considerazioni assai ragionevoli sul governo Draghi, sullo sblocco dei licenziamenti, sul mercato del lavoro, sulle recenti sortite sulla tassa di successione. In alcuni passaggi è parso addirittura perfetto: quando ha spiegato che «non è il momento di frenare il Paese», ma quello di «liberare le energie, dare fiducia, creare occasioni di crescita». Ma attenzione a quando è arrivato a parlare di banche, essendo oggi - come tutti sanno - al vertice di Unicredit, e desiderando spiegare al suo intervistatore quali possano essere le «soluzioni che contribuiranno a creare le condizioni per un settore bancario più competitivo e più resiliente». Ed è qui che il microfono deve essergli stato strappato da un omonimo. Non ci credete? Ecco la risposta: «Un esempio di questo approccio è il metodo, corretto, scelto in questi giorni sulle nomine delle partecipate pubbliche, un po' più orientato agli interessi del mercato e un po' meno condizionato dai veti della politica». Avete capito bene, e ha compreso bene anche il direttore Cerasa che sintetizza e ribadisce a sua volta: «Più spazio alle energie del mercato, meno spazio ai veti della politica». Insomma, la politica si tenga alla larga dalle banche. Ci sarebbe da applaudire freneticamente, da gridare: «Bravo, bis!». Poi però scatta l'atroce dubbio sull'omonimia. Deve trattarsi di un omonimo del Padoan che prima ha fatto il ministro dell'Economia e poi si è candidato per il Pd proprio a Siena (ops!). Deve trattarsi di un omonimo del Padoan che si è dimesso nell'ottobre dello scorso anno da deputato del collegio senese per diventare prima consigliere del Cda di Unicredit e poi presidente. Deve trattarsi di un omonimo del Padoan sotto la cui presenza al governo avvenne il (secondo molti) frettoloso e in ultima analisi devastante recepimento parlamentare della direttiva europea sul bail in, con gli effetti che ricordiamo. Deve trattarsi di un omonimo del Padoan, durante la cui gestione ministeriale avvenne la crisi delle quattro banche (caso successivo alla vicenda Tercas, su cui la Corte di giustizia Ue ha poi dato torto alla Commissione Ue), quando l'Italia, cedendo a Bruxelles, accettò il diktat di una sorta di bail in anticipato, cioè un bagno di sangue per gli sbancati. Deve trattarsi di un omonimo del Padoan che spiegava l'operazione del fondo Atlante. Deve trattarsi di un omonimo del Padoan che si occupò politicamente - per carità: ovviamente in ragione del suo ufficio - della crisi Mps. Deve trattarsi di un omonimo del Padoan che, ad avviso di molti, non comprese politicamente e non gestì bene i rischi connessi a una vendita accelerata (e quindi potenzialmente a una svendita) degli npl da parte di diverse banche italiane. Deve trattarsi di un omonimo del Padoan che, al governo con Renzi, varò il decreto sulle banche popolari. Sì, dev'essere senz'altro un clamoroso caso di omonimia, che rischia di ripetersi ancora. Pare infatti che nel collegio di Siena, lasciato da Padoan, si candiderà un certo Enrico Letta. Un altro omonimo, non c'è alcun dubbio.
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