2020-03-11
Ospedali allo stremo e mancano i medici
Si aumentano i posti letto nelle terapie intensive che accolgono 877 pazienti, il 10% dei positivi. La saturazione è sempre più alta. In arrivo quasi 4.000 strumenti per il supporto respiratorio. Il Veneto richiama in servizio tutti gli operatori sanitari asintomatici.Il numero dei contagi da coronavirus cresce di ora in ora, soprattutto dalla prospettiva dei pronto soccorso lombardi con il 90% di ricoveri per Covid-19. Nel resto d'Italia ci si prepara, più o meno al meglio, aumentando i posti letto, soprattutto per le preziose terapie intensive che devono accogliere i pazienti più gravi. Ieri sera erano 877 i pazienti in terapia intensiva in Italia: il 10% dei positivi. Sono ormai allo stremo gli ospedali lombardi con oltre 3000 ricoverati e 466 nella rianimazione. Solo nella giornata di ieri Cremona ha registrato 85 accessi al pronto soccorso per Covid-19. Bergamo, la città più colpita ha contato in 24 ore quasi 1500 ricoveri, Milano ha sfiorato quota 600 e Brescia è arrivata a quasi 250. Avanti di questo passo, per fine marzo, si raggiungeranno i 18.000 ricoveri con un terzo nelle rianimazioni, secondo Antonio Pesenti, coordinatore delle unità di terapie intensive della Lombardia. Proprio questi posti sono stati aumentati negli ultimi giorni. «Da 723 sono 946 e nei prossimi giorni se ne aggiungeranno 150-200», spiega Giulio Gallera, assessore regionale al Welfare che si affretta a osservare che attualmente «il 25% sono usciti» dalle rianimazioni perché migliorati, ma deve ammettere che «la saturazione è sempre più alta». Ci sono infatti anche altri pazienti, non solo i Covid-19 a dover necessitare di queste cure. Anche per questo sono in arrivo quasi 4.000 ventilatori per il supporto respiratorio: «2264 per la terapia intensiva» dice il commissario straordinario all'emergenza Angelo Borrelli e circa 1600 sistemi Cpap, cioè i caschi o le mascherine per la ventilazione in terapia sub-intensiva, utili per evitare la rianimazione. Mancano però i medici di terapia intensiva, anche per una carenza strutturale di questi specialisti. Proprio per questo i sistemi Cpap farebbero la differenza, potendo essere impiegati anche da altri specialisti e monitorati da infermieri. Nel vicino Veneto, i 450 posti letto di terapia intensiva strutturali e operativi negli ospedali sono attualmente occupati all'80%. I pazienti con coronavirus ne occupano 67 del totale. Anche la seconda regione colpita fortemente dal virus ha aumentato di 48 i posti in questa unità, portandole complessivamente a 498. Sono anche in allestimento altri 120 letti di terapia subintensiva aggiuntivi a quelli esistenti. Ma la vera bella notizia è il rientro in servizio di tutti gli operatori sanitari asintomatici, posti finora in isolamento per contatto a rischio di coronavirus e sottoposti a sorveglianza attiva. Sono 656 i medici che rientreranno nei reparti veneti: 100 dell'Azienda Ospedaliera di Padova, 95 dell'Azienda Ospedaliera Integrata Universitaria di Verona, ma sono previste 525 nuove assunzioni, fanno sapere dalla Regione. Il resto d'Italia si prepara. «Se arranca la Lombardia, che non ha fatto tagli nei posti letto e ha il rapporto tra popolazione e ospedali maggiore d'Italia, figuriamoci cosa può succedere al Sud, dove abbiamo enormi svantaggi in termini di attrezzature e di personale», dice Filippo Anelli, presidente della Federazione nazionale degli ordini dei medici. «In Puglia e Campania forse potremmo farcela», continua il medico, «anche in Sicilia potremmo riuscire a reggere come in Lombardia. Ma in Calabria non credo proprio. E non parliamo del Molise, dove la situazione in termini di personale e strutture è drammatica: serviranno ospedali da campo, dobbiamo utilizzare la sanità militare oltre a quella convenzionata». Prima del coronavirus c'erano 1.582 posti in terapia intensiva negli ospedali pubblici delle sette regioni del Sud e delle Isole (In tutta Italia sono 5.395). Certo si viaggia ancora intorno alle decine di contagiati al giorno e non delle migliaia, ma la progressione e la diffusione fanno paura. Sono una cinquantina i positivi campani, una ventina in Sicilia, e pochi meno in Puglia. Il piano ospedaliero pugliese per fronteggiare l'emergenza Coronavirus prevede l'attivazione sino a 300 posti letto nelle rianimazioni e terapie intensive e 195 nei reparti di malattie infettive. L'Umbria con una quarantina di casi ha portato a 26 i posti in terapia intensiva. Nel Lazio è stata superata la quota 3000 positivi - 2000 casi sono solo a Roma. Tra i positivi però ci sono 13 medici che dovranno fare la quarantena. Gli ospedali si danno da fare aggiungendo ciascuno una decina circa di posti letto. Al Gemelli ci sono già 3 reparti per Covid-19. Al Sant'Andrea i posti in terapia intensiva sono raddoppiati a 40. L'Umberto I sta lavorando per 19 posti in terapia intensiva per il Covid-19. Lo Spallanzani ha attivato altri 5 posti in rianimazione. È preoccupata la presidente della Calabria, Jole Santelli, perché la regione non sarebbe «in grado di reggere una situazione di totale emergenza» e avrebbe necessità di ulteriori 50 posti letto in terapia intensiva e 140 posti tra malattie infettive e pneumologia. Al di là dei posti e dei dispositivi la vera emergenza resta il personale medico e paramedico che, oltre a rischio di contagio, nelle zone d'emergenza è stremato da turni ormai insopportabili.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)