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2022-07-29
Orda di minori stranieri a Genova. Lady Speranza contro la Lamorgese
(Simona Granati - Corbis/Corbis via Getty Images)
C’è un documento, al di sopra di ogni sospetto di razzismo, che fotografa le origini dell’emergenza delle baby gang composte da minori non accompagnati che stanno seminando in terrore in alcune zone di Genova. È il rapporto per il 2021 dell’Osservatorio minori stranieri non accompagnati in Italia, firmato da Daniele Frigeri, direttore del Cespi e da Rosangela Cossidente, coordinatrice dell’osservatorio nonché moglie del ministro della Salute Roberto Speranza. Le 174 pagine del documento dell’osservatorio istituito dal Cespi descrivono così la situazione in Liguria: «Dal report mensile minori stranieri non accompagnati in Italia della Direzione generale dell’immigrazione e delle politiche di integrazione, aggiornato al 30 novembre 2021, il numero di minorenni stranieri non accompagnati presenti sul territorio ligure è pari a 341 (due sono di genere femminile) e rappresenta il 3,1% delle presenze a livello nazionale. Rispetto all’anno precedente, in cui i minorenni stranieri erano 185, si è assistito ad un incremento significativo di oltre l’80%». Poi il rapporto chiama in causa la gestione dei minori e il ministero dell’Interno, retto da Luciana Lamorgese, al governo insieme al marito della Cossidente: «A tale incremento non è tuttavia corrisposta un’adeguata risposta da parte del sistema di accoglienza». Ed ecco la questione: «Con l’avviso del 7 maggio 2021 del ministero dell’Interno, Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione, di ampliamento posti della rete Sai (quella in cui confluiscono i minori stranieri non accompagnati, ndr), vi è stato infatti un ampliamento di soli 20 posti dedicati ai minorenni stranieri per una spesa pari a euro 517.570,00; ampliamento che ha tuttavia interessato il solo capoluogo ligure, lasciando le altre province completamente scoperte». Nel dettaglio, si parla di «193 posti Sai già presenti al 2020 (163 su Genova e 30 sul Distretto sociale del Savonese) e dedicati ai minorenni». Il numero
complessivo di posti Sai nella regione è pari a 213, a fronte di un numero di minorenni stranieri decisamente superiore. Nella sola Genova a dicembre scorso i ragazzi erano 377, con stime che prevedono che entro fine anno si arrivi a 500. Numeri fuori dal comune. Per Luca Villa, presidente del Tribunale per i minorenni del capoluogo ligure «gli inserimenti nelle comunità andrebbero programmati. Non si può lavorare sulle ondate». Epicentro del fenomeno sono i giardini di Quinto, non lontano dall’omonima spiaggia e dalla stazione ferroviaria che porta lo stesso nome, che sono diventati il luogo del regolamento di conti tra la varie gang che si affrontano anche a colpi di casco da motociclista o di spranghe. Come la notte del 7 luglio scorso nel quartiere Castelletto di Genova, dove è scoppiata una maxi rissa tra minori stranieri non accompagnati proprio nel centro di accoglienza di passo dell’Acquidotto. Sette ragazzi sono rimasti feriti, dieci quelli identificati e denunciati. A fronteggiarsi, con cinghie, estintori e spranghe, sono stati un gruppo di albanesi e uno di egiziani e magrebini. Una situazione che ha costretto il prefetto Renato Franceschelli e il questore Orazio D’Anna a organizzare presidi con agenti antisommossa. Ma lo spauracchio dei celerini sembra non sortire molti effetti, visto che poco meno di un mese fa, dalle risse alle rapine, che hanno portato a cinque arresti alla fine di giugno, si è aggiunta anche una violenza sessuale su una ragazza quindicenne. Compiuta, secondo gli investigatori, da un minorenne straniero non accompagnato, denunciato alla Procura della Repubblica dei minori di Genova.
La violenza sarebbe cominciata sulla spiaggia di Quinto, dove la ragazzina si trovava con due amiche. Alle tre giovani si sarebbero avvicinati tre ragazzi egiziani temporaneamente ospitati in una struttura di accoglienza. L’approccio sarebbe avvenuto senza che le ragazzine genovesi avessero mostrato disponibilità, neppure a scambiare qualche parola, ma questo non ha fermato uno degli egiziani. Avrebbe allungato le mani su una di loro, palpeggiandola nelle parti intime, testimone la gente presente in spiaggia che ha assistito sgomenta. E forse proprio la presenza di numerosi testimoni ha permesso a una delle ragazzine di allontanarsi e avvertire i genitori, che hanno allertato i carabinieri. Che hanno dovuto attuare una mini caccia all’uomo, visto che i tre stranieri avevano tentato la fuga salendo su un autobus di linea diretto verso il centro della città. Il terzetto di molestatori è stato rintracciato sul pullman e bloccato. Solo uno di loro, considerato l’autore materiale dei palpeggiamenti, è stato denunciato per violenza sessuale. Si tratta di un sedicenne arrivato in Italia il 6 giugno scorso, ma che in meno di un mese si è dato molto da fare nel giro delle baby gang. Prima dell’ultima denuncia il ragazzo ne vantava già un paio nel suo curriculum: per spaccio di droga e violenza sessuale. Quella della spiaggia è stata la terza in poche settimane, ma senza un intervento radicale sul sistema di gestione dei minori non accompagnati l’elenco potrebbe essere destinato ad allungarsi.
Lampedusa: una fogna a cielo aperto
Mentre due giorni fa il Pd non ha votato il rinnovo del sostegno dell’Italia alla guardia costiera libica nelle commissioni Esteri e Difesa della Camera, gli sbarchi continuano senza sosta. E l’hotspot di Lampedusa è di nuovo ai limiti del collasso con gravi rischi igienico sanitari. In un video che circola in queste ore si vedono infatti gli ospiti della struttura costretti a fare la doccia all’aperto con bottiglie di acqua minerale, mentre fuori dai cancelli si intravede un’autobotte in arrivo per risolvere la carenza d’acqua che ormai va avanti da giorni. E per il numero eccessivo di presenze è scoppiata anche la rete fognaria.
Nella struttura si trovano 1.793 ospiti a fronte di una capienza di 350 posti. E anche se due notti fa 597 migranti sono stati imbarcati sulla nave Diciotti in direzione Porto Empedocle, la struttura sta per scoppiare. E dimostra che il viavai di traghetti e navi militari non è sufficiente.
«Il ciclo di svuotamento e riempimento del centro di accoglienza di Lampedusa non è sostenibile», denuncia il segretario generale del sindacato di polizia Coisp Domenico Pianese, che aggiunge: «La situazione igienico sanitaria resta insostenibile sia per gli immigrati ma anche per i poliziotti, costretti a svolgere il proprio lavoro nelle stradine invase dai liquami della rete fognaria».
Del resto, sull’isola non c’è tregua, grazie anche alle condizioni meteo favorevoli, che spingono gli scafisti trafficanti di esseri umani a mettere i barconi in mare. Otto gli approdi in rapida successione dalle 20.30 di mercoledì sera, quando il pattugliatore della Guardia di finanza in servizio ha raggiunto il molo Favaloro con 70 persone di origine subsahariana, intercettate su un barchino di 12 metri a circa 11 miglia dall’isola. Poco dopo a sbarcare sono stati in 24: erano su un barchino alla deriva rintracciato dai militari della Guardia costiera, che hanno soccorso anche 62 egiziani, tutti uomini. Intorno alle 21.30 l’approdo più consistente della giornata: 124 sbarcati, che la motovedetta della Guardia di finanza aveva bloccato a circa nove miglia dalle coste. Gli ultimi a raggiungere mercoledì sera l’isola sono stati 29 uomini, tutti adulti e di origine subsahariana, intercettati, sempre dalle Fiamme gialle, a una decina di miglia dall’isola. Ma gli sbarchi notturni sono proseguiti. Intorno alle 3, infatti, una motovedetta della Guardia costiera ha raggiunto il molo Favaloro con 88 persone. E sempre gli uomini della Capitaneria di porto hanno rintracciato 21 tunisini, sbarcati poco dopo. Infine, gli ultimi 83, tra cui cinque minori, che i militari della Guardia di finanza hanno bloccato a mezzo miglio su una carretta del mare. Nella stessa notte altri tre sbarchi hanno toccato le coste siracusane, con in tutto 350 stranieri.
A bordo di un barcone giunto a Portopalo c’era anche un cadavere. La Procura di Siracusa ha disposto il sequestro della salma e ha aperto un fascicolo. Altri 270 sono sbarcati a Messina. Ma i numeri degli approdi potrebbero presto moltiplicarsi: sui taxi del mare ci sono 1.421 persone a bordo.
La Geo Barents di Medici senza frontiere ora conta 596 passeggeri. Mentre 387 (di cui 150 minori non accompagnati) sono sulla Ocean Viking di Sos Mediterranée, che chiede senza sosta un porto sicuro, già da due giorni. Infine 438, dopo l’evacuazione di un minore, sono sulla Sea Watch 3, tra cui 128 minori, 116 dei quali non accompagnati, la cui presenza è stata già segnalata dall’Ong al Tribunale di Palermo. Ma la palla passerà ad altri magistrati, visto che alla nave ieri sera è stato assegnato il porto di Taranto. E la Lega fa le pulci al ministro dell’Interno Luciana Lamorgese: «Purtroppo», commenta il deputato siciliano leghista Nino Germanà, «la situazione è fuori controllo a causa di un ministro dell’Interno che è stato sempre totalmente assente. Basta ricordare i numeri: con Matteo Salvini nel 2019 sono sbarcati 3.589 migranti, con Lamorgese nel 2022, 37.415. Ma la politica dei porti chiusi vuol dire anche salvare vite umane, fattore che la retorica progressista finge di dimenticare».
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Con 377 ragazzi extracomunitari in città escalation di risse fra etnie diverse, spaccio e violenze sessuali. La moglie del ministro (coordinatrice dell’Osservatorio): «Risposta inadeguata del sistema d’accoglienza”.Lampedusa: una fogna a cielo aperto. Sbarchi a raffica e oltre 1.700 persone nell’hotspot, a fronte di una capienza di 350 posti. La rete non ha retto e i liquami sono tracimati. Navi Ong pronte a scaricare 1.500 anime. Lo speciale comprende due articoli.C’è un documento, al di sopra di ogni sospetto di razzismo, che fotografa le origini dell’emergenza delle baby gang composte da minori non accompagnati che stanno seminando in terrore in alcune zone di Genova. È il rapporto per il 2021 dell’Osservatorio minori stranieri non accompagnati in Italia, firmato da Daniele Frigeri, direttore del Cespi e da Rosangela Cossidente, coordinatrice dell’osservatorio nonché moglie del ministro della Salute Roberto Speranza. Le 174 pagine del documento dell’osservatorio istituito dal Cespi descrivono così la situazione in Liguria: «Dal report mensile minori stranieri non accompagnati in Italia della Direzione generale dell’immigrazione e delle politiche di integrazione, aggiornato al 30 novembre 2021, il numero di minorenni stranieri non accompagnati presenti sul territorio ligure è pari a 341 (due sono di genere femminile) e rappresenta il 3,1% delle presenze a livello nazionale. Rispetto all’anno precedente, in cui i minorenni stranieri erano 185, si è assistito ad un incremento significativo di oltre l’80%». Poi il rapporto chiama in causa la gestione dei minori e il ministero dell’Interno, retto da Luciana Lamorgese, al governo insieme al marito della Cossidente: «A tale incremento non è tuttavia corrisposta un’adeguata risposta da parte del sistema di accoglienza». Ed ecco la questione: «Con l’avviso del 7 maggio 2021 del ministero dell’Interno, Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione, di ampliamento posti della rete Sai (quella in cui confluiscono i minori stranieri non accompagnati, ndr), vi è stato infatti un ampliamento di soli 20 posti dedicati ai minorenni stranieri per una spesa pari a euro 517.570,00; ampliamento che ha tuttavia interessato il solo capoluogo ligure, lasciando le altre province completamente scoperte». Nel dettaglio, si parla di «193 posti Sai già presenti al 2020 (163 su Genova e 30 sul Distretto sociale del Savonese) e dedicati ai minorenni». Il numerocomplessivo di posti Sai nella regione è pari a 213, a fronte di un numero di minorenni stranieri decisamente superiore. Nella sola Genova a dicembre scorso i ragazzi erano 377, con stime che prevedono che entro fine anno si arrivi a 500. Numeri fuori dal comune. Per Luca Villa, presidente del Tribunale per i minorenni del capoluogo ligure «gli inserimenti nelle comunità andrebbero programmati. Non si può lavorare sulle ondate». Epicentro del fenomeno sono i giardini di Quinto, non lontano dall’omonima spiaggia e dalla stazione ferroviaria che porta lo stesso nome, che sono diventati il luogo del regolamento di conti tra la varie gang che si affrontano anche a colpi di casco da motociclista o di spranghe. Come la notte del 7 luglio scorso nel quartiere Castelletto di Genova, dove è scoppiata una maxi rissa tra minori stranieri non accompagnati proprio nel centro di accoglienza di passo dell’Acquidotto. Sette ragazzi sono rimasti feriti, dieci quelli identificati e denunciati. A fronteggiarsi, con cinghie, estintori e spranghe, sono stati un gruppo di albanesi e uno di egiziani e magrebini. Una situazione che ha costretto il prefetto Renato Franceschelli e il questore Orazio D’Anna a organizzare presidi con agenti antisommossa. Ma lo spauracchio dei celerini sembra non sortire molti effetti, visto che poco meno di un mese fa, dalle risse alle rapine, che hanno portato a cinque arresti alla fine di giugno, si è aggiunta anche una violenza sessuale su una ragazza quindicenne. Compiuta, secondo gli investigatori, da un minorenne straniero non accompagnato, denunciato alla Procura della Repubblica dei minori di Genova.La violenza sarebbe cominciata sulla spiaggia di Quinto, dove la ragazzina si trovava con due amiche. Alle tre giovani si sarebbero avvicinati tre ragazzi egiziani temporaneamente ospitati in una struttura di accoglienza. L’approccio sarebbe avvenuto senza che le ragazzine genovesi avessero mostrato disponibilità, neppure a scambiare qualche parola, ma questo non ha fermato uno degli egiziani. Avrebbe allungato le mani su una di loro, palpeggiandola nelle parti intime, testimone la gente presente in spiaggia che ha assistito sgomenta. E forse proprio la presenza di numerosi testimoni ha permesso a una delle ragazzine di allontanarsi e avvertire i genitori, che hanno allertato i carabinieri. Che hanno dovuto attuare una mini caccia all’uomo, visto che i tre stranieri avevano tentato la fuga salendo su un autobus di linea diretto verso il centro della città. Il terzetto di molestatori è stato rintracciato sul pullman e bloccato. Solo uno di loro, considerato l’autore materiale dei palpeggiamenti, è stato denunciato per violenza sessuale. Si tratta di un sedicenne arrivato in Italia il 6 giugno scorso, ma che in meno di un mese si è dato molto da fare nel giro delle baby gang. Prima dell’ultima denuncia il ragazzo ne vantava già un paio nel suo curriculum: per spaccio di droga e violenza sessuale. Quella della spiaggia è stata la terza in poche settimane, ma senza un intervento radicale sul sistema di gestione dei minori non accompagnati l’elenco potrebbe essere destinato ad allungarsi.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/orda-di-minori-stranieri-a-genova-lady-speranza-contro-la-lamorgese-2657765253.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="lampedusa-una-fogna-a-cielo-aperto" data-post-id="2657765253" data-published-at="1659043987" data-use-pagination="False"> Lampedusa: una fogna a cielo aperto Mentre due giorni fa il Pd non ha votato il rinnovo del sostegno dell’Italia alla guardia costiera libica nelle commissioni Esteri e Difesa della Camera, gli sbarchi continuano senza sosta. E l’hotspot di Lampedusa è di nuovo ai limiti del collasso con gravi rischi igienico sanitari. In un video che circola in queste ore si vedono infatti gli ospiti della struttura costretti a fare la doccia all’aperto con bottiglie di acqua minerale, mentre fuori dai cancelli si intravede un’autobotte in arrivo per risolvere la carenza d’acqua che ormai va avanti da giorni. E per il numero eccessivo di presenze è scoppiata anche la rete fognaria. Nella struttura si trovano 1.793 ospiti a fronte di una capienza di 350 posti. E anche se due notti fa 597 migranti sono stati imbarcati sulla nave Diciotti in direzione Porto Empedocle, la struttura sta per scoppiare. E dimostra che il viavai di traghetti e navi militari non è sufficiente. «Il ciclo di svuotamento e riempimento del centro di accoglienza di Lampedusa non è sostenibile», denuncia il segretario generale del sindacato di polizia Coisp Domenico Pianese, che aggiunge: «La situazione igienico sanitaria resta insostenibile sia per gli immigrati ma anche per i poliziotti, costretti a svolgere il proprio lavoro nelle stradine invase dai liquami della rete fognaria». Del resto, sull’isola non c’è tregua, grazie anche alle condizioni meteo favorevoli, che spingono gli scafisti trafficanti di esseri umani a mettere i barconi in mare. Otto gli approdi in rapida successione dalle 20.30 di mercoledì sera, quando il pattugliatore della Guardia di finanza in servizio ha raggiunto il molo Favaloro con 70 persone di origine subsahariana, intercettate su un barchino di 12 metri a circa 11 miglia dall’isola. Poco dopo a sbarcare sono stati in 24: erano su un barchino alla deriva rintracciato dai militari della Guardia costiera, che hanno soccorso anche 62 egiziani, tutti uomini. Intorno alle 21.30 l’approdo più consistente della giornata: 124 sbarcati, che la motovedetta della Guardia di finanza aveva bloccato a circa nove miglia dalle coste. Gli ultimi a raggiungere mercoledì sera l’isola sono stati 29 uomini, tutti adulti e di origine subsahariana, intercettati, sempre dalle Fiamme gialle, a una decina di miglia dall’isola. Ma gli sbarchi notturni sono proseguiti. Intorno alle 3, infatti, una motovedetta della Guardia costiera ha raggiunto il molo Favaloro con 88 persone. E sempre gli uomini della Capitaneria di porto hanno rintracciato 21 tunisini, sbarcati poco dopo. Infine, gli ultimi 83, tra cui cinque minori, che i militari della Guardia di finanza hanno bloccato a mezzo miglio su una carretta del mare. Nella stessa notte altri tre sbarchi hanno toccato le coste siracusane, con in tutto 350 stranieri. A bordo di un barcone giunto a Portopalo c’era anche un cadavere. La Procura di Siracusa ha disposto il sequestro della salma e ha aperto un fascicolo. Altri 270 sono sbarcati a Messina. Ma i numeri degli approdi potrebbero presto moltiplicarsi: sui taxi del mare ci sono 1.421 persone a bordo. La Geo Barents di Medici senza frontiere ora conta 596 passeggeri. Mentre 387 (di cui 150 minori non accompagnati) sono sulla Ocean Viking di Sos Mediterranée, che chiede senza sosta un porto sicuro, già da due giorni. Infine 438, dopo l’evacuazione di un minore, sono sulla Sea Watch 3, tra cui 128 minori, 116 dei quali non accompagnati, la cui presenza è stata già segnalata dall’Ong al Tribunale di Palermo. Ma la palla passerà ad altri magistrati, visto che alla nave ieri sera è stato assegnato il porto di Taranto. E la Lega fa le pulci al ministro dell’Interno Luciana Lamorgese: «Purtroppo», commenta il deputato siciliano leghista Nino Germanà, «la situazione è fuori controllo a causa di un ministro dell’Interno che è stato sempre totalmente assente. Basta ricordare i numeri: con Matteo Salvini nel 2019 sono sbarcati 3.589 migranti, con Lamorgese nel 2022, 37.415. Ma la politica dei porti chiusi vuol dire anche salvare vite umane, fattore che la retorica progressista finge di dimenticare».
Da sinistra: Bruno Migale, Ezio Simonelli, Vittorio Pisani, Luigi De Siervo, Diego Parente e Maurizio Improta
Questa mattina la Lega Serie A ha ricevuto il capo della Polizia, prefetto Vittorio Pisani, insieme ad altri vertici della Polizia, per un incontro dedicato alla sicurezza negli stadi e alla gestione dell’ordine pubblico. Obiettivo comune: sviluppare strumenti e iniziative per un calcio più sicuro, inclusivo e rispettoso.
Oggi, negli uffici milanesi della Lega Calcio Serie A, il mondo del calcio professionistico ha ospitato le istituzioni di pubblica sicurezza per un confronto diretto e costruttivo.
Il capo della Polizia, prefetto Vittorio Pisani, accompagnato da alcune delle figure chiave del dipartimento - il questore di Milano Bruno Migale, il dirigente generale di P.S. prefetto Diego Parente e il presidente dell’Osservatorio nazionale sulle manifestazioni sportive Maurizio Improta - ha incontrato i vertici della Lega, guidati dal presidente Ezio Simonelli, dall’amministratore delegato Luigi De Siervo e dall’head of competitions Andrea Butti.
Al centro dell’incontro, durato circa un’ora, temi di grande rilevanza per il calcio italiano: la sicurezza negli stadi e la gestione dell’ordine pubblico durante le partite di Serie A. Secondo quanto emerso, si è trattato di un momento di dialogo concreto, volto a rafforzare la collaborazione tra istituzioni e club, con l’obiettivo di rendere le competizioni sportive sempre più sicure per tifosi, giocatori e operatori.
Il confronto ha permesso di condividere esperienze, criticità e prospettive future, aprendo la strada a un percorso comune per sviluppare strumenti e iniziative capaci di garantire un ambiente rispettoso e inclusivo. La volontà di entrambe le parti è chiara: non solo prevenire episodi di violenza o disordine, ma anche favorire la cultura del rispetto, elemento indispensabile per la crescita del calcio italiano e per la tutela dei tifosi.
«L’incontro di oggi rappresenta un passo importante nella collaborazione tra Lega e Forze dell’Ordine», si sottolinea nella nota ufficiale diffusa al termine della visita dalla Lega Serie A. L’intenzione condivisa è quella di creare un dialogo costante, capace di tradursi in azioni concrete, procedure aggiornate e interventi mirati negli stadi di tutta Italia.
In un contesto sportivo sempre più complesso, dove la passione dei tifosi può trasformarsi rapidamente in tensione, il dialogo tra Lega e Polizia appare strategico. La sfida, spiegano i partecipanti, è costruire una rete di sicurezza che sia preventiva, reattiva e sostenibile, tutelando chi partecipa agli eventi senza compromettere l’atmosfera che caratterizza il calcio italiano.
L’appuntamento di Milano conferma come la sicurezza negli stadi non sia solo un tema operativo, ma un valore condiviso: la Serie A e le forze dell’ordine intendono camminare insieme, passo dopo passo, verso un calcio sempre più sicuro, inclusivo e rispettoso.
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Due bambini svaniti nel nulla. Mamma e papà non hanno potuto fargli neppure gli auguri di compleanno, qualche giorno fa, quando i due fratellini hanno compiuto 5 e 9 anni in comunità. Eppure una telefonata non si nega neanche al peggior delinquente. Dunque perché a questi genitori viene negato il diritto di vedere e sentire i loro figli? Qual è la grave colpa che avrebbero commesso visto che i bimbi stavano bene?
Un allontanamento che oggi mostra troppi lati oscuri. A partire dal modo in cui quel 16 ottobre i bimbi sono stati portati via con la forza, tra le urla strazianti. Alle ore 11.10, come denunciano le telecamere di sorveglianza della casa, i genitori vengono attirati fuori al cancello da due carabinieri. Alle 11.29 spuntano dal bosco una decina di agenti, armati di tutto punto e col giubbotto antiproiettile. E mentre gridano «Pigliali, pigliali tutti!» fanno irruzione nella casa, dove si trovano, da soli, i bambini. I due fratellini vengono portati fuori dagli agenti, il più piccolo messo a sedere, sulle scale, col pigiamino e senza scarpe. E solo quindici minuti dopo, alle 11,43, come registrano le telecamere, arrivano le assistenti sociali che portano via i bambini tra le urla disperate.
Una procedura al di fuori di ogni regola. Che però ottiene l’appoggio della giudice Nadia Todeschini, del Tribunale dei minori di Firenze. Come riferisce un ispettore ripreso dalle telecamere di sorveglianza della casa: «Ho telefonato alla giudice e le ho detto: “Dottoressa, l’operazione è andata bene. I bambini sono con i carabinieri. E adesso sono arrivati gli assistenti sociali”. E la giudice ha risposto: “Non so come ringraziarvi!”».
Dunque, chi ha dato l’ordine di agire in questo modo? E che trauma è stato inferto a questi bambini? Giriamo la domanda a Marina Terragni, Garante per l’infanzia e l’adolescenza. «Per la nostra Costituzione un bambino non può essere prelevato con la forza», conferma, «per di più se non è in borghese. Ci sono delle sentenze della Cassazione. Queste modalità non sono conformi allo Stato di diritto. Se il bambino non vuole andare, i servizi sociali si debbono fermare. Purtroppo ci stiamo abituando a qualcosa che è fuori legge».
Proviamo a chiedere spiegazioni ai servizi sociali dell’unione Montana dei comuni Valtiberina, ma l’accoglienza non è delle migliori. Prima minacciano di chiamare i carabinieri. Poi, la più giovane ci chiude la porta in faccia con un calcio. È Veronica Savignani, che quella mattina, come mostrano le telecamere, afferra il bimbo come un pacco. E mentre lui scalcia e grida disperato - «Aiuto! Lasciatemi andare» - lei lo rimprovera: «Ma perché urli?». Dopo un po’ i toni cambiano. Esce a parlarci Sara Spaterna. C’era anche lei quel giorno, con la collega Roberta Agostini, per portare via i bambini. Ma l’unica cosa di cui si preoccupa è che «è stata rovinata la sua immagine». E alle nostre domande ripete come una cantilena: «Non posso rispondere». Anche la responsabile dei servizi, Francesca Meazzini, contattata al telefono, si trincera dietro un «non posso dirle nulla».
Al Tribunale dei Minoridi Firenze, invece, parte lo scarica barile. La presidente, Silvia Chiarantini, dice che «l’allontanamento è avvenuto secondo le regole di legge». E ci conferma che i genitori possono vedere i figli in incontri protetti. E allora perché da due mesi a mamma e papà non è stata concessa neppure una telefonata? E chi pagherà per il trauma fatto a questi bambini?
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Il premier: «Il governo ci ha creduto fin dall’inizio, impulso decisivo per nuovi traguardi».
«Il governo ha creduto fin dall’inizio in questa sfida e ha fatto la sua parte per raggiungere questo traguardo. Ringrazio i ministri Lollobrigida e Giuli che hanno seguito il dossier, ma è stata una partita che non abbiamo giocato da soli: abbiamo vinto questa sfida insieme al popolo italiano. Questo riconoscimento imprimerà al sistema Italia un impulso decisivo per raggiungere nuovi traguardi».
Lo ha detto la premier Giorgia Meloni in un videomessaggio celebrando l’entrata della cucina italiana nei patrimoni culturali immateriali dell’umanità. È la prima cucina al mondo a essere riconosciuta nella sua interezza. A deliberarlo, all’unanimità, è stato il Comitato intergovernativo dell’Unesco, riunito a New Delhi, in India.
Ansa
I vaccini a Rna messaggero contro il Covid favoriscono e velocizzano, se a dosi ripetute, la crescita di piccoli tumori già presenti nell’organismo e velocizzano la crescita di metastasi. È quanto emerge dalla letteratura scientifica e, in particolare, dagli esperimenti fatti in vitro sulle cellule e quelli sui topi, così come viene esposto nello studio pubblicato lo scorso 2 dicembre sulla rivista Mdpi da Ciro Isidoro, biologo, medico, patologo e oncologo sperimentale, nonché professore ordinario di patologia generale all’Università del Piemonte orientale di Novara. Lo studio è una review, ovvero una sintesi critica dei lavori scientifici pubblicati finora sull’argomento, e le conclusioni a cui arriva sono assai preoccupanti. Dai dati scientifici emerge che sia il vaccino a mRna contro il Covid sia lo stesso virus possono favorire la crescita di tumori e metastasi già esistenti. Inoltre, alla luce dei dati clinici a disposizione, emerge sempre più chiaramente che a questo rischio di tumori e metastasi «accelerati» appaiono più esposti i vaccinati con più dosi. Fa notare Isidoro: «Proprio a causa delle ripetute vaccinazioni i vaccinati sono più soggetti a contagiarsi e dunque - sebbene sia vero che il vaccino li protegge, ma temporaneamente, dal Covid grave - queste persone si ritrovano nella condizione di poter subire contemporaneamente i rischi oncologici provocati da vaccino e virus naturale messi insieme».
Sono diversi i meccanismi cellulari attraverso cui il vaccino può velocizzare l’andamento del cancro analizzati negli studi citati nella review di Isidoro, intitolata «Sars-Cov2 e vaccini anti-Covid-19 a mRna: Esiste un plausibile legame meccanicistico con il cancro?». Tra questi studi, alcuni rilevano che, in conseguenza della vaccinazione anti-Covid a mRna - e anche in conseguenza del Covid -, «si riduce Ace 2», enzima convertitore di una molecola chiamata angiotensina II, favorendo il permanere di questa molecola che favorisce a sua volta la proliferazione dei tumori. Altri dati analizzati nella review dimostrano inoltre che sia il virus che i vaccini di nuova generazione portano ad attivazione di geni e dunque all’attivazione di cellule tumorali. Altri dati ancora mostrano come sia il virus che il vaccino inibiscano l’espressione di proteine che proteggono dalle mutazioni del Dna.
Insomma, il vaccino anti-Covid, così come il virus, interferisce nei meccanismi cellulari di protezione dal cancro esponendo a maggiori rischi chi ha già una predisposizione genetica alla formazione di cellule tumorali e i malati oncologici con tumori dormienti, spiega Isidoro, facendo notare come i vaccinati con tre o più dosi si sono rivelati più esposti al contagio «perché il sistema immunitario in qualche modo viene ingannato e si adatta alla spike e dunque rende queste persone più suscettibili ad infettarsi».
Nella review anche alcune conferme agli esperimenti in vitro che arrivano dal mondo reale, come uno studio retrospettivo basato su un’ampia coorte di individui non vaccinati (595.007) e vaccinati (2.380.028) a Seul, che ha rilevato un’associazione tra vaccinazione e aumento del rischio di cancro alla tiroide, allo stomaco, al colon-retto, al polmone, al seno e alla prostata. «Questi dati se considerati nel loro insieme», spiega Isidoro, «convergono alla stessa conclusione: dovrebbero suscitare sospetti e stimolare una discussione nella comunità scientifica».
D’altra parte, anche Katalin Karikó, la biochimica vincitrice nel 2023 del Nobel per la Medicina proprio in virtù dei suoi studi sull’Rna applicati ai vaccini anti Covid, aveva parlato di questi possibili effetti collaterali di «acceleratore di tumori già esistenti». In particolare, in un’intervista rilasciata a Die Welt lo scorso gennaio, la ricercatrice ungherese aveva riferito della conversazione con una donna sulla quale, due giorni dopo l’inoculazione, era comparso «un grosso nodulo al seno». La signora aveva attribuito l’insorgenza del cancro al vaccino, mentre la scienziata lo escludeva ma tuttavia forniva una spiegazione del fenomeno: «Il cancro c’era già», spiegava Karikó, «e la vaccinazione ha dato una spinta in più al sistema immunitario, così che le cellule di difesa immunitaria si sono precipitate in gran numero sul nemico», sostenendo, infine, che il vaccino avrebbe consentito alla malcapitata di «scoprire più velocemente il cancro», affermazione che ha lasciato e ancor di più oggi lascia - alla luce di questo studio di Isidoro - irrisolti tanti interrogativi, soprattutto di fronte all’incremento in numero dei cosiddetti turbo-cancri e alla riattivazione di metastasi in malati oncologici, tutti eventi che si sono manifestati post vaccinazione anti- Covid e non hanno trovato altro tipo di plausibilità biologica diversa da una possibile correlazione con i preparati a mRna.
«Marginale il gabinetto di Speranza»
Mentre eravamo chiusi in casa durante il lockdown, il più lungo di tutti i Paesi occidentali, ognuno di noi era certo in cuor suo che i decisori che apparecchiavano ogni giorno alle 18 il tragico rito della lettura dei contagi e dei decessi sapessero ciò che stavano facendo. In realtà, al netto di un accettabile margine di impreparazione vista l’emergenza del tutto nuova, nelle tante stanze dei bottoni che il governo Pd-M5S di allora, guidato da Giuseppe Conte, aveva istituito, andavano tutti in ordine sparso. E l’audizione in commissione Covid del proctologo del San Raffaele Pierpaolo Sileri, allora viceministro alla Salute in quota 5 stelle, ha reso ancor più tangibile il livello d’improvvisazione e sciatteria di chi allora prese le decisioni e oggi è impegnato in tripli salti carpiati pur di rinnegarne la paternità. È il caso, ad esempio, del senatore Francesco Boccia del Pd, che ieri è intervenuto con zelante sollecitudine rivolgendo a Sileri alcune domande che son suonate più come ingannevoli asseverazioni. Una per tutte: «Io penso che il gabinetto del ministero della salute (guidato da Roberto Speranza, ndr) fosse assolutamente marginale, decidevano Protezione civile e coordinamento dei ministri». Il senso dell’intervento di Boccia non è difficile da cogliere: minimizzare le responsabilità del primo imputato della malagestione pandemica, Speranza, collega di partito di Boccia, e rovesciare gli oneri ora sul Cts, ora sulla Protezione civile, eventualmente sul governo ma in senso collegiale. «Puoi chiarire questi aspetti così li mettiamo a verbale?», ha chiesto Boccia a Sileri. L’ex sottosegretario alla salute, però, non ha dato la risposta desiderata: «Il mio ruolo era marginale», ha dichiarato Sileri, impegnato a sua volta a liberarsi del peso degli errori e delle omissioni in nome di un malcelato «io non c’ero, e se c’ero dormivo», «il Cts faceva la valutazione scientifica e la dava alla politica. Era il governo che poi decideva». Quello stesso governo dove Speranza, per forza di cose, allora era il componente più rilevante. Sileri ha dichiarato di essere stato isolato dai funzionari del ministero: «Alle riunioni non credo aver preso parte se non una volta» e «i Dpcm li ricevevo direttamente in aula, non ne avevo nemmeno una copia». Che questo racconto sia funzionale all’obiettivo di scaricare le responsabilità su altri, è un dato di fatto, ma l’immagine che ne esce è quella di decisori «inadeguati e tragicomici», come ebbe già ad ammettere l’altro sottosegretario Sandra Zampa (Pd).Anche sull’adozione dell’antiscientifica «terapia» a base di paracetamolo (Tachipirina) e vigile attesa, Sileri ha dichiarato di essere totalmente estraneo alla decisione: «Non so chi ha redatto la circolare del 30 novembre 2020 che dava agli antinfiammatori un ruolo marginale, ne ho scoperto l’esistenza soltanto dopo che era già uscita». Certo, ha ammesso, a novembre poteva essere dato maggiore spazio ai Fans perché «da marzo avevamo capito che non erano poi così malvagi». Bontà sua. Per Alice Buonguerrieri (Fdi) «è la conferma che la gestione del Covid affogasse nella confusione più assoluta». Boccia è tornato all’attacco anche sul piano pandemico: «Alcuni virologi hanno ribadito che era scientificamente impossibile averlo su Sars Cov-2, confermi?». «L'impatto era inatteso, ma ovviamente avere un piano pandemico aggiornato avrebbe fatto grosse differenze», ha replicato Sileri, che nel corso dell’audizione ha anche preso le distanze dalle misure suggerite dall’Oms che «aveva un grosso peso politico da parte dalla Cina». «I burocrati nominati da Speranza sono stati lasciati spadroneggiare per coprire le scelte errate dei vertici politici», è il commento di Antonella Zedda, vicepresidente dei senatori di Fratelli d’Italia, alla «chicca» emersa in commissione: un messaggio di fuoco che l’allora capo di gabinetto del ministero Goffredo Zaccardi indirizzò a Sileri («Stai buono o tiro fuori i dossier che ho nel cassetto», avrebbe scritto).In che mani siamo stati.
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