True
2018-10-02
Ora in Francia il razzismo è contro i bianchi
ANSA
La Francia, così mal governata dall'ex banchiere Emmanuel Macron, sta letteralmente implodendo a causa della violenza sociale che la rende sempre più invivibile. E non sono più le sole periferie, le ben note banlieue, a essere sotto scacco, ma anche le zone un tempo borghesi e tranquille di Lione, Parigi o Grenoble.
La violenza esponenziale dei migranti e dei nuovi clandestini si aggiunge a quella già vistosa che è nota agli statistici: circa 1.000 episodi violenti al giorno, contando unicamente quelli denunciati alla polizia. La lotta al razzismo è una costante della politica francese del secondo dopoguerra. E a fronte di un calo significativo di episodi reali di discriminazione contro stranieri e persone diversamente colorate, si nota un aumento, altrettanto spettacolare, di odio verso la Francia (motivo costante di molte canzoni rap), i francesi d'origine, i bianchi, i cristiani. Insomma, contro la popolazione originaria della nazione gallica, la cui composizione etnica è ormai compromessa da un'immigrazione araba inarrestabile, come da anni denuncia l'intellettuale ebreo Eric Zemmour (vedi Suicide français, 2018).
In molte zone di Parigi è sempre più difficile girare tranquillamente se si è biondi, con gli occhi chiari e un classico abbigliamento da nativi europei. La Ligue de défense noire africaine, Lega della difesa nera africana, ha già più volte agito concretamente e con metodi spicci per tutelare i diritti degli immigrati di origine africana. Il blog di controinformazione Fdesouche ha di recente riportato alcune discutibili azioni dei suoi militanti antirazzisti (a senso unico).
Nel luglio scorso, come si vede da filmati messi in linea dai protagonisti dell'azione, i militanti di origine africana sono entrati in un negozio Intermarché, facendo danni e insultando i commessi per una pubblicità secondo loro razzista della catena di vestiti. Pochi giorni prima avevano imbrattato la statua parigina di Giovanna d'Arco, patrona della Francia, per denunciare il razzismo di cui sarebbero vittime i neri. Più recentemente in alcuni video hanno invitato, con termini poco cortesi, a boicottare i negozi francesi, ovvero gestiti da bianchi, per favorire i fratelli africani in Francia. Si aggiungano alcuni fatti venuti di recente alla ribalta. Il numero di coloro che chiedono l'alimentazione halal, secondo i precetti del Corano e di Maometto, corrisponderebbe a circa un quarto del totale dei reclusi. Mentre i mussulmani praticanti sono meno del 10% degli abitanti francesi. Come si spiega la sproporzione?
Marine Le Pen, l'unica o quasi l'unica politica di spessore nazionale che si oppone alla «razializzazione» della politica, dovrebbe essere sottoposta a indagine psichiatrica secondo alcuni magistrati antirazzisti. E tutto ciò perché ha avuto la colpa di denunciare, con parole severe e immagini cruente, la violenza dell'Isis in alcuni tweet!! Il padre, Jean Marie Le Pen, 90 anni ben portati, è di nuovo sotto processo, perché anni fa disse che la maggior parte delle violenze sociali ha degli stranieri come protagonisti. Si censura la realtà se non piace?
Il femminismo aveva ragione, in origine, a evidenziare certe ingiustizie subite dal sesso femminile nella società o nel mondo del lavoro. Ma da quando è diventato un'ideologia ufficiale del sistema, ha prodotto danni uguali e maggiori a quelli del precedente maschilismo. Creando ad esempio una lotta insana e senza quartiere tra uomini e donne per dimostrare chi vale di più e chi ha più subito nella storia: vittimismo lagrimoso e sconfortante.
L'antirazzismo ha avuto la stessa triste parabola. Dal poetico I have a dream di Martin Luther King, all'autocomprensione dei cittadini, ove esso è diventato ideologia di Stato, in base alla razza di origine o la tribù di appartenenza. Proprio mentre si dice che le razze non esistono! Macron ha fatto votare solo alcuni mesi fa l'abolizione della parola razza (race) dalla Costituzione francese, che la usava per denunciare le discriminazioni di razza, sesso o religione. Ma se le razze non esistono, come fa ad esistere il razzismo? E se il razzismo è l'odio della persona di un'altra etnia razza o popolo, come può trovarsi solo in certe razze e non in tutte? esistono forse razze dannate (i bianchi?) e razze immacolate (arabi e africani)?
Queste evidenti contraddizioni logiche e politiche hanno portato Laurent de Bechade a fondare una nuova associazione, Olra (Organizzazione di lotta contro il razzismo antibianco), che si prefigge statutariamente di denunciare il «razzismo antibianco», che sia di matrice araba-mussulmana o nera-africana. Questo razzismo, contrariamente a quello opposto, non è quasi mai denunciato dai media eppure esiste e prospera in moltissimi ambienti sociali, non solo in Francia. De Bechade auspica che il razzismo antibianco sia combattuto con la stessa forza di come è combattuto l'antisemitismo o la cosiddetta islamofobia. Se è falso che la donna sia sempre vittima e mai carnefice, è altresì falso che il nativo sia sempre cattivo e il migrante buono, o l'indoeuropeo chiuso e razzista.
Tra i carcerati d'Oltralpe 1 su 4 è islamico
I Paesi totalitari vietano per principio ciò che dispiace loro o quello che li metterebbe in imbarazzo. Gli Stati democratici adottano di norma modalità più soft per correggere i malpensanti. Come si vede, non solo nei libri di George Orwell, ma anche in tante società occidentali democratico-totalitarie, quali ad esempio la Francia di Emmanuel Macron.
Il nuovo Re sole illuminista, auto-delegittimatosi già per molte faccende, governa uno dei Paesi in cui è più forte la censura di Stato e la repressione dei giornalisti antisistema. E sono cose note a gruppi tutt'altro che destrorsi come Emergency, Amnesty, Reporters sans frontieres, eccetera. Lo scorso anno ci fu un kafkiano dibattito nel parlamento della République sulla necessità di oscurare i siti internet antiabortisti, visti come avversi ai diritti e alle libertà della donna.
Da sempre poi, tutto quello che potrebbe portare al razzismo - nel senso meno etimologico e più estensivo possibile - è oggetto di controllo minuzioso e repressione senza quartiere. Così, la Francia è uno dei pochi Paesi al mondo in cui è giuridicamente vietato fare statistiche su base etnica, nazionale e religiosa. La cosa è vista come assurda anche dai sociologi di professione, i quali neppure possono fare statistiche anodine sulla maggior o minor frequenza islamica o cattolica, circa la scelta della scuola pubblica o privata, o chiedersi se in proporzione sono più gli ebrei ad essere presenti nei media, i cinesi, i magrebini, eccetera.
Per una volta, però, un deputato scaltro e intelligente come Nicolas Bay, braccio destro di Marine Le Pen nel Rassemblement national (ex Front national) è riuscito ad aggirare la legge e a ottenere una risposta ufficiale e assai significativa sia per i sociologi, che per i critici dell'immigrazione islamica. Ebbene, visto che nelle carceri francesi si può richiedere ufficialmente il menu islamico, secondo le prescrizioni del Corano e il rispetto del ramadan, il deputato europeo Bay ha fatto una richiesta formale al ministro degli interni per conoscere quanti detenuti hanno voluto fruirne. La risposta non si è fatta attendere, e Nicole Belloubet, ministra della Giustizia, ha scritto all'onorevole che il menu halal, secondo le rigide prescrizioni degli imam, è stato domandato da 17.899 persone attualmente in carcere, ovvero circa il 25 % dell'insieme dei reclusi.
Ci torna alla mente il questionario piuttosto ideologico diffuso dal Corriere della Sera tempo fa sulla percezione che gli italiani avrebbero della quantità di stranieri nel nostro Paese. Redatto e pensato con l'intento palese di mostrare che gli italiani tenderebbero a ingrandire la presenza di stranieri, come se si trattasse di un'invasione. E ora, come la metterebbero, nella redazione della milanese via Solferino?
Se poi è del tutto improbabile che dei non mussulmani richiedano il menu islamo-compatibile, ci saranno certamente dei mussulmani tiepidi che non l'avranno richiesto. Fatto sta che il 25% dei carcerati lo ha voluto. Ma nella società francese, secondo le stime più accertate e prudenti, i fedeli dell'islam - da non confondere con l'insieme degli stranieri - non arrivano neppure al 10% della cittadinanza… Come mai allora nelle prigioni sono ben più del doppio?
Tutta colpa dei migranti senza lavoro che sono costretti a rubare le mele al mercato? Difficile sostenerlo in Francia in cui il grosso dei praticanti mussulmani, che frequentano le oltre 3.000 moschee sorte ovunque, sono presenti da anni e da decenni sul suolo (mal) amministrato da Macron. La statistica, come la fisica e la chimica, non segue l'ideologia, ma è lo specchio della realtà. Alcuni però preferiscono gli specchi opachi o deformanti.
Continua a leggere
Riduci
A Parigi in certe zone è pericoloso girare se si è biondi. I militanti della Lega di difesa africana imbrattano la statua di Giovanna d'Arco e boicottano i negozi cittadini. Mentre Marine Le Pen dovrà andare dallo psichiatra per aver denunciato la violenza dell'Isis.Tra i carcerati d'Oltralpe 1 su 4 è islamico. I musulmani nel Paese sono «solo» il 10% ma aumentano quelli che delinquono.Lo speciale comprende due articoli.La Francia, così mal governata dall'ex banchiere Emmanuel Macron, sta letteralmente implodendo a causa della violenza sociale che la rende sempre più invivibile. E non sono più le sole periferie, le ben note banlieue, a essere sotto scacco, ma anche le zone un tempo borghesi e tranquille di Lione, Parigi o Grenoble.La violenza esponenziale dei migranti e dei nuovi clandestini si aggiunge a quella già vistosa che è nota agli statistici: circa 1.000 episodi violenti al giorno, contando unicamente quelli denunciati alla polizia. La lotta al razzismo è una costante della politica francese del secondo dopoguerra. E a fronte di un calo significativo di episodi reali di discriminazione contro stranieri e persone diversamente colorate, si nota un aumento, altrettanto spettacolare, di odio verso la Francia (motivo costante di molte canzoni rap), i francesi d'origine, i bianchi, i cristiani. Insomma, contro la popolazione originaria della nazione gallica, la cui composizione etnica è ormai compromessa da un'immigrazione araba inarrestabile, come da anni denuncia l'intellettuale ebreo Eric Zemmour (vedi Suicide français, 2018).In molte zone di Parigi è sempre più difficile girare tranquillamente se si è biondi, con gli occhi chiari e un classico abbigliamento da nativi europei. La Ligue de défense noire africaine, Lega della difesa nera africana, ha già più volte agito concretamente e con metodi spicci per tutelare i diritti degli immigrati di origine africana. Il blog di controinformazione Fdesouche ha di recente riportato alcune discutibili azioni dei suoi militanti antirazzisti (a senso unico).Nel luglio scorso, come si vede da filmati messi in linea dai protagonisti dell'azione, i militanti di origine africana sono entrati in un negozio Intermarché, facendo danni e insultando i commessi per una pubblicità secondo loro razzista della catena di vestiti. Pochi giorni prima avevano imbrattato la statua parigina di Giovanna d'Arco, patrona della Francia, per denunciare il razzismo di cui sarebbero vittime i neri. Più recentemente in alcuni video hanno invitato, con termini poco cortesi, a boicottare i negozi francesi, ovvero gestiti da bianchi, per favorire i fratelli africani in Francia. Si aggiungano alcuni fatti venuti di recente alla ribalta. Il numero di coloro che chiedono l'alimentazione halal, secondo i precetti del Corano e di Maometto, corrisponderebbe a circa un quarto del totale dei reclusi. Mentre i mussulmani praticanti sono meno del 10% degli abitanti francesi. Come si spiega la sproporzione?Marine Le Pen, l'unica o quasi l'unica politica di spessore nazionale che si oppone alla «razializzazione» della politica, dovrebbe essere sottoposta a indagine psichiatrica secondo alcuni magistrati antirazzisti. E tutto ciò perché ha avuto la colpa di denunciare, con parole severe e immagini cruente, la violenza dell'Isis in alcuni tweet!! Il padre, Jean Marie Le Pen, 90 anni ben portati, è di nuovo sotto processo, perché anni fa disse che la maggior parte delle violenze sociali ha degli stranieri come protagonisti. Si censura la realtà se non piace?Il femminismo aveva ragione, in origine, a evidenziare certe ingiustizie subite dal sesso femminile nella società o nel mondo del lavoro. Ma da quando è diventato un'ideologia ufficiale del sistema, ha prodotto danni uguali e maggiori a quelli del precedente maschilismo. Creando ad esempio una lotta insana e senza quartiere tra uomini e donne per dimostrare chi vale di più e chi ha più subito nella storia: vittimismo lagrimoso e sconfortante.L'antirazzismo ha avuto la stessa triste parabola. Dal poetico I have a dream di Martin Luther King, all'autocomprensione dei cittadini, ove esso è diventato ideologia di Stato, in base alla razza di origine o la tribù di appartenenza. Proprio mentre si dice che le razze non esistono! Macron ha fatto votare solo alcuni mesi fa l'abolizione della parola razza (race) dalla Costituzione francese, che la usava per denunciare le discriminazioni di razza, sesso o religione. Ma se le razze non esistono, come fa ad esistere il razzismo? E se il razzismo è l'odio della persona di un'altra etnia razza o popolo, come può trovarsi solo in certe razze e non in tutte? esistono forse razze dannate (i bianchi?) e razze immacolate (arabi e africani)?Queste evidenti contraddizioni logiche e politiche hanno portato Laurent de Bechade a fondare una nuova associazione, Olra (Organizzazione di lotta contro il razzismo antibianco), che si prefigge statutariamente di denunciare il «razzismo antibianco», che sia di matrice araba-mussulmana o nera-africana. Questo razzismo, contrariamente a quello opposto, non è quasi mai denunciato dai media eppure esiste e prospera in moltissimi ambienti sociali, non solo in Francia. De Bechade auspica che il razzismo antibianco sia combattuto con la stessa forza di come è combattuto l'antisemitismo o la cosiddetta islamofobia. Se è falso che la donna sia sempre vittima e mai carnefice, è altresì falso che il nativo sia sempre cattivo e il migrante buono, o l'indoeuropeo chiuso e razzista.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/ora-in-francia-il-razzismo-e-contro-i-bianchi-2609319925.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="tra-i-carcerati-d-oltralpe-1-su-4-e-islamico" data-post-id="2609319925" data-published-at="1765396473" data-use-pagination="False"> Tra i carcerati d'Oltralpe 1 su 4 è islamico I Paesi totalitari vietano per principio ciò che dispiace loro o quello che li metterebbe in imbarazzo. Gli Stati democratici adottano di norma modalità più soft per correggere i malpensanti. Come si vede, non solo nei libri di George Orwell, ma anche in tante società occidentali democratico-totalitarie, quali ad esempio la Francia di Emmanuel Macron. Il nuovo Re sole illuminista, auto-delegittimatosi già per molte faccende, governa uno dei Paesi in cui è più forte la censura di Stato e la repressione dei giornalisti antisistema. E sono cose note a gruppi tutt'altro che destrorsi come Emergency, Amnesty, Reporters sans frontieres, eccetera. Lo scorso anno ci fu un kafkiano dibattito nel parlamento della République sulla necessità di oscurare i siti internet antiabortisti, visti come avversi ai diritti e alle libertà della donna. Da sempre poi, tutto quello che potrebbe portare al razzismo - nel senso meno etimologico e più estensivo possibile - è oggetto di controllo minuzioso e repressione senza quartiere. Così, la Francia è uno dei pochi Paesi al mondo in cui è giuridicamente vietato fare statistiche su base etnica, nazionale e religiosa. La cosa è vista come assurda anche dai sociologi di professione, i quali neppure possono fare statistiche anodine sulla maggior o minor frequenza islamica o cattolica, circa la scelta della scuola pubblica o privata, o chiedersi se in proporzione sono più gli ebrei ad essere presenti nei media, i cinesi, i magrebini, eccetera. Per una volta, però, un deputato scaltro e intelligente come Nicolas Bay, braccio destro di Marine Le Pen nel Rassemblement national (ex Front national) è riuscito ad aggirare la legge e a ottenere una risposta ufficiale e assai significativa sia per i sociologi, che per i critici dell'immigrazione islamica. Ebbene, visto che nelle carceri francesi si può richiedere ufficialmente il menu islamico, secondo le prescrizioni del Corano e il rispetto del ramadan, il deputato europeo Bay ha fatto una richiesta formale al ministro degli interni per conoscere quanti detenuti hanno voluto fruirne. La risposta non si è fatta attendere, e Nicole Belloubet, ministra della Giustizia, ha scritto all'onorevole che il menu halal, secondo le rigide prescrizioni degli imam, è stato domandato da 17.899 persone attualmente in carcere, ovvero circa il 25 % dell'insieme dei reclusi. Ci torna alla mente il questionario piuttosto ideologico diffuso dal Corriere della Sera tempo fa sulla percezione che gli italiani avrebbero della quantità di stranieri nel nostro Paese. Redatto e pensato con l'intento palese di mostrare che gli italiani tenderebbero a ingrandire la presenza di stranieri, come se si trattasse di un'invasione. E ora, come la metterebbero, nella redazione della milanese via Solferino? Se poi è del tutto improbabile che dei non mussulmani richiedano il menu islamo-compatibile, ci saranno certamente dei mussulmani tiepidi che non l'avranno richiesto. Fatto sta che il 25% dei carcerati lo ha voluto. Ma nella società francese, secondo le stime più accertate e prudenti, i fedeli dell'islam - da non confondere con l'insieme degli stranieri - non arrivano neppure al 10% della cittadinanza… Come mai allora nelle prigioni sono ben più del doppio? Tutta colpa dei migranti senza lavoro che sono costretti a rubare le mele al mercato? Difficile sostenerlo in Francia in cui il grosso dei praticanti mussulmani, che frequentano le oltre 3.000 moschee sorte ovunque, sono presenti da anni e da decenni sul suolo (mal) amministrato da Macron. La statistica, come la fisica e la chimica, non segue l'ideologia, ma è lo specchio della realtà. Alcuni però preferiscono gli specchi opachi o deformanti.
Due bambini svaniti nel nulla. Mamma e papà non hanno potuto fargli neppure gli auguri di compleanno, qualche giorno fa, quando i due fratellini hanno compiuto 5 e 9 anni in comunità. Eppure una telefonata non si nega neanche al peggior delinquente. Dunque perché a questi genitori viene negato il diritto di vedere e sentire i loro figli? Qual è la grave colpa che avrebbero commesso visto che i bimbi stavano bene?
Un allontanamento che oggi mostra troppi lati oscuri. A partire dal modo in cui quel 16 ottobre i bimbi sono stati portati via con la forza, tra le urla strazianti. Alle ore 11.10, come denunciano le telecamere di sorveglianza della casa, i genitori vengono attirati fuori al cancello da due carabinieri. Alle 11.29 spuntano dal bosco una decina di agenti, armati di tutto punto e col giubbotto antiproiettile. E mentre gridano «Pigliali, pigliali tutti!» fanno irruzione nella casa, dove si trovano, da soli, i bambini. I due fratellini vengono portati fuori dagli agenti, il più piccolo messo a sedere, sulle scale, col pigiamino e senza scarpe. E solo quindici minuti dopo, alle 11,43, come registrano le telecamere, arrivano le assistenti sociali che portano via i bambini tra le urla disperate.
Una procedura al di fuori di ogni regola. Che però ottiene l’appoggio della giudice Nadia Todeschini, del Tribunale dei minori di Firenze. Come riferisce un ispettore ripreso dalle telecamere di sorveglianza della casa: «Ho telefonato alla giudice e le ho detto: “Dottoressa, l’operazione è andata bene. I bambini sono con i carabinieri. E adesso sono arrivati gli assistenti sociali”. E la giudice ha risposto: “Non so come ringraziarvi!”».
Dunque, chi ha dato l’ordine di agire in questo modo? E che trauma è stato inferto a questi bambini? Giriamo la domanda a Marina Terragni, Garante per l’infanzia e l’adolescenza. «Per la nostra Costituzione un bambino non può essere prelevato con la forza», conferma, «per di più se non è in borghese. Ci sono delle sentenze della Cassazione. Queste modalità non sono conformi allo Stato di diritto. Se il bambino non vuole andare, i servizi sociali si debbono fermare. Purtroppo ci stiamo abituando a qualcosa che è fuori legge».
Proviamo a chiedere spiegazioni ai servizi sociali dell’unione Montana dei comuni Valtiberina, ma l’accoglienza non è delle migliori. Prima minacciano di chiamare i carabinieri. Poi, la più giovane ci chiude la porta in faccia con un calcio. È Veronica Savignani, che quella mattina, come mostrano le telecamere, afferra il bimbo come un pacco. E mentre lui scalcia e grida disperato - «Aiuto! Lasciatemi andare» - lei lo rimprovera: «Ma perché urli?». Dopo un po’ i toni cambiano. Esce a parlarci Sara Spaterna. C’era anche lei quel giorno, con la collega Roberta Agostini, per portare via i bambini. Ma l’unica cosa di cui si preoccupa è che «è stata rovinata la sua immagine». E alle nostre domande ripete come una cantilena: «Non posso rispondere». Anche la responsabile dei servizi, Francesca Meazzini, contattata al telefono, si trincera dietro un «non posso dirle nulla».
Al Tribunale dei Minoridi Firenze, invece, parte lo scarica barile. La presidente, Silvia Chiarantini, dice che «l’allontanamento è avvenuto secondo le regole di legge». E ci conferma che i genitori possono vedere i figli in incontri protetti. E allora perché da due mesi a mamma e papà non è stata concessa neppure una telefonata? E chi pagherà per il trauma fatto a questi bambini?
Continua a leggere
Riduci
Il premier: «Il governo ci ha creduto fin dall’inizio, impulso decisivo per nuovi traguardi».
«Il governo ha creduto fin dall’inizio in questa sfida e ha fatto la sua parte per raggiungere questo traguardo. Ringrazio i ministri Lollobrigida e Giuli che hanno seguito il dossier, ma è stata una partita che non abbiamo giocato da soli: abbiamo vinto questa sfida insieme al popolo italiano. Questo riconoscimento imprimerà al sistema Italia un impulso decisivo per raggiungere nuovi traguardi».
Lo ha detto la premier Giorgia Meloni in un videomessaggio celebrando l’entrata della cucina italiana nei patrimoni culturali immateriali dell’umanità. È la prima cucina al mondo a essere riconosciuta nella sua interezza. A deliberarlo, all’unanimità, è stato il Comitato intergovernativo dell’Unesco, riunito a New Delhi, in India.
Ansa
I vaccini a Rna messaggero contro il Covid favoriscono e velocizzano, se a dosi ripetute, la crescita di piccoli tumori già presenti nell’organismo e velocizzano la crescita di metastasi. È quanto emerge dalla letteratura scientifica e, in particolare, dagli esperimenti fatti in vitro sulle cellule e quelli sui topi, così come viene esposto nello studio pubblicato lo scorso 2 dicembre sulla rivista Mdpi da Ciro Isidoro, biologo, medico, patologo e oncologo sperimentale, nonché professore ordinario di patologia generale all’Università del Piemonte orientale di Novara. Lo studio è una review, ovvero una sintesi critica dei lavori scientifici pubblicati finora sull’argomento, e le conclusioni a cui arriva sono assai preoccupanti. Dai dati scientifici emerge che sia il vaccino a mRna contro il Covid sia lo stesso virus possono favorire la crescita di tumori e metastasi già esistenti. Inoltre, alla luce dei dati clinici a disposizione, emerge sempre più chiaramente che a questo rischio di tumori e metastasi «accelerati» appaiono più esposti i vaccinati con più dosi. Fa notare Isidoro: «Proprio a causa delle ripetute vaccinazioni i vaccinati sono più soggetti a contagiarsi e dunque - sebbene sia vero che il vaccino li protegge, ma temporaneamente, dal Covid grave - queste persone si ritrovano nella condizione di poter subire contemporaneamente i rischi oncologici provocati da vaccino e virus naturale messi insieme».
Sono diversi i meccanismi cellulari attraverso cui il vaccino può velocizzare l’andamento del cancro analizzati negli studi citati nella review di Isidoro, intitolata «Sars-Cov2 e vaccini anti-Covid-19 a mRna: Esiste un plausibile legame meccanicistico con il cancro?». Tra questi studi, alcuni rilevano che, in conseguenza della vaccinazione anti-Covid a mRna - e anche in conseguenza del Covid -, «si riduce Ace 2», enzima convertitore di una molecola chiamata angiotensina II, favorendo il permanere di questa molecola che favorisce a sua volta la proliferazione dei tumori. Altri dati analizzati nella review dimostrano inoltre che sia il virus che i vaccini di nuova generazione portano ad attivazione di geni e dunque all’attivazione di cellule tumorali. Altri dati ancora mostrano come sia il virus che il vaccino inibiscano l’espressione di proteine che proteggono dalle mutazioni del Dna.
Insomma, il vaccino anti-Covid, così come il virus, interferisce nei meccanismi cellulari di protezione dal cancro esponendo a maggiori rischi chi ha già una predisposizione genetica alla formazione di cellule tumorali e i malati oncologici con tumori dormienti, spiega Isidoro, facendo notare come i vaccinati con tre o più dosi si sono rivelati più esposti al contagio «perché il sistema immunitario in qualche modo viene ingannato e si adatta alla spike e dunque rende queste persone più suscettibili ad infettarsi».
Nella review anche alcune conferme agli esperimenti in vitro che arrivano dal mondo reale, come uno studio retrospettivo basato su un’ampia coorte di individui non vaccinati (595.007) e vaccinati (2.380.028) a Seul, che ha rilevato un’associazione tra vaccinazione e aumento del rischio di cancro alla tiroide, allo stomaco, al colon-retto, al polmone, al seno e alla prostata. «Questi dati se considerati nel loro insieme», spiega Isidoro, «convergono alla stessa conclusione: dovrebbero suscitare sospetti e stimolare una discussione nella comunità scientifica».
D’altra parte, anche Katalin Karikó, la biochimica vincitrice nel 2023 del Nobel per la Medicina proprio in virtù dei suoi studi sull’Rna applicati ai vaccini anti Covid, aveva parlato di questi possibili effetti collaterali di «acceleratore di tumori già esistenti». In particolare, in un’intervista rilasciata a Die Welt lo scorso gennaio, la ricercatrice ungherese aveva riferito della conversazione con una donna sulla quale, due giorni dopo l’inoculazione, era comparso «un grosso nodulo al seno». La signora aveva attribuito l’insorgenza del cancro al vaccino, mentre la scienziata lo escludeva ma tuttavia forniva una spiegazione del fenomeno: «Il cancro c’era già», spiegava Karikó, «e la vaccinazione ha dato una spinta in più al sistema immunitario, così che le cellule di difesa immunitaria si sono precipitate in gran numero sul nemico», sostenendo, infine, che il vaccino avrebbe consentito alla malcapitata di «scoprire più velocemente il cancro», affermazione che ha lasciato e ancor di più oggi lascia - alla luce di questo studio di Isidoro - irrisolti tanti interrogativi, soprattutto di fronte all’incremento in numero dei cosiddetti turbo-cancri e alla riattivazione di metastasi in malati oncologici, tutti eventi che si sono manifestati post vaccinazione anti- Covid e non hanno trovato altro tipo di plausibilità biologica diversa da una possibile correlazione con i preparati a mRna.
«Marginale il gabinetto di Speranza»
Mentre eravamo chiusi in casa durante il lockdown, il più lungo di tutti i Paesi occidentali, ognuno di noi era certo in cuor suo che i decisori che apparecchiavano ogni giorno alle 18 il tragico rito della lettura dei contagi e dei decessi sapessero ciò che stavano facendo. In realtà, al netto di un accettabile margine di impreparazione vista l’emergenza del tutto nuova, nelle tante stanze dei bottoni che il governo Pd-M5S di allora, guidato da Giuseppe Conte, aveva istituito, andavano tutti in ordine sparso. E l’audizione in commissione Covid del proctologo del San Raffaele Pierpaolo Sileri, allora viceministro alla Salute in quota 5 stelle, ha reso ancor più tangibile il livello d’improvvisazione e sciatteria di chi allora prese le decisioni e oggi è impegnato in tripli salti carpiati pur di rinnegarne la paternità. È il caso, ad esempio, del senatore Francesco Boccia del Pd, che ieri è intervenuto con zelante sollecitudine rivolgendo a Sileri alcune domande che son suonate più come ingannevoli asseverazioni. Una per tutte: «Io penso che il gabinetto del ministero della salute (guidato da Roberto Speranza, ndr) fosse assolutamente marginale, decidevano Protezione civile e coordinamento dei ministri». Il senso dell’intervento di Boccia non è difficile da cogliere: minimizzare le responsabilità del primo imputato della malagestione pandemica, Speranza, collega di partito di Boccia, e rovesciare gli oneri ora sul Cts, ora sulla Protezione civile, eventualmente sul governo ma in senso collegiale. «Puoi chiarire questi aspetti così li mettiamo a verbale?», ha chiesto Boccia a Sileri. L’ex sottosegretario alla salute, però, non ha dato la risposta desiderata: «Il mio ruolo era marginale», ha dichiarato Sileri, impegnato a sua volta a liberarsi del peso degli errori e delle omissioni in nome di un malcelato «io non c’ero, e se c’ero dormivo», «il Cts faceva la valutazione scientifica e la dava alla politica. Era il governo che poi decideva». Quello stesso governo dove Speranza, per forza di cose, allora era il componente più rilevante. Sileri ha dichiarato di essere stato isolato dai funzionari del ministero: «Alle riunioni non credo aver preso parte se non una volta» e «i Dpcm li ricevevo direttamente in aula, non ne avevo nemmeno una copia». Che questo racconto sia funzionale all’obiettivo di scaricare le responsabilità su altri, è un dato di fatto, ma l’immagine che ne esce è quella di decisori «inadeguati e tragicomici», come ebbe già ad ammettere l’altro sottosegretario Sandra Zampa (Pd).Anche sull’adozione dell’antiscientifica «terapia» a base di paracetamolo (Tachipirina) e vigile attesa, Sileri ha dichiarato di essere totalmente estraneo alla decisione: «Non so chi ha redatto la circolare del 30 novembre 2020 che dava agli antinfiammatori un ruolo marginale, ne ho scoperto l’esistenza soltanto dopo che era già uscita». Certo, ha ammesso, a novembre poteva essere dato maggiore spazio ai Fans perché «da marzo avevamo capito che non erano poi così malvagi». Bontà sua. Per Alice Buonguerrieri (Fdi) «è la conferma che la gestione del Covid affogasse nella confusione più assoluta». Boccia è tornato all’attacco anche sul piano pandemico: «Alcuni virologi hanno ribadito che era scientificamente impossibile averlo su Sars Cov-2, confermi?». «L'impatto era inatteso, ma ovviamente avere un piano pandemico aggiornato avrebbe fatto grosse differenze», ha replicato Sileri, che nel corso dell’audizione ha anche preso le distanze dalle misure suggerite dall’Oms che «aveva un grosso peso politico da parte dalla Cina». «I burocrati nominati da Speranza sono stati lasciati spadroneggiare per coprire le scelte errate dei vertici politici», è il commento di Antonella Zedda, vicepresidente dei senatori di Fratelli d’Italia, alla «chicca» emersa in commissione: un messaggio di fuoco che l’allora capo di gabinetto del ministero Goffredo Zaccardi indirizzò a Sileri («Stai buono o tiro fuori i dossier che ho nel cassetto», avrebbe scritto).In che mani siamo stati.
Continua a leggere
Riduci
Ecco #DimmiLaVerità del 10 dicembre 2025. Con il nostro Alessandro Rico analizziamo gli ostacoli che molti leader europei mettono sulla strada della pace in Ucraina.