
L’offerta di Fnac sarà al vaglio europeo, mentre i sindacati sono pronti alle barricate.L’Opas, l’offerta pubblica di acquisto e scambio, lanciata dal gruppo francese Fnac-Darty su Unieuro è già partita (ci sarà tempo fino al 25 ottobre per aderire), ma al momento non ha nessuna sicurezza di andare in porto. Anzi. A oggi la bilancia dei pro e dei contro pende decisamente più dalla parte dei dubbi e dei punti di domanda senza risposta che da quella delle certezze. Il primo segnale, forte, l’ha dato il consiglio di amministrazione del leader italiano nella distribuzione di elettronica di consumo ed elettrodomestici.Per cinque consiglieri di Unieuro, infatti, il prezzo di offerta (9 euro per ogni titolo, più 10 centesimi in forma di azioni Fnac Darty di nuova emissione) non è congruo. Per altri cinque è corretto, ma basso. E un altro consigliere si è astenuto. «Il Cda», si leggeva in una nota ufficiale, «ha unanimemente osservato alcune criticità con riferimento alle informazioni date dalla parte francese circa le motivazioni dell’offerta, i programmi futuri e le eventuali operazioni straordinarie, successive all’offerta stessa, confrontati con gli obiettivi strategici avviati e perseguiti da gruppo Unieuro e comunicati al mercato».Interrogato sul tema prezzo (intervista rilasciata a Class Cnbc) l’ad del colosso transalpino, Enrique Martinez, ha escluso rilanci e ha parlato (Unieuro verebbe valorizzata circa 250 milioni) di una grande opportunità per gli azionisti e della volontà di far diventare l’Italia il secondo Paese di riferimento del gruppo. Vedremo in questi giorni se i soci di Unieuro la pensano allo stesso modo. Anche perché gli elementi di criticità dell’operazione non finiscono qui. Da una parte infatti, lo stesso Martinez ha avuto gioco facile a respingere le accuse di una strategia comune targata Parigi (nel board di Unieuro ci sono rappresentanti del gruppo delle tlc Iliad e della società di gestione del risparmio Amundi, che è controllata dal Crédit Agricole), ma dovrà di sicuro fare i conti con l’esame della Commissione Ue e dell’Antitrust. L’altro nodo da sciogliere, infatti, è rappresentato dalla presenza nell’azionariato di Fnac, di Ceconomy, il gruppo guidato dal finanziere Kretinsky che in Germania controlla Madiamarket e in Italia Mediaworld. Fin qui gli aspetti industriali. Dopodiché l’operazione va affrontata sotto l’aspetto industriale. Perché Fnac ha deciso di lanciarsi su una preda che ha chiuso l’ultimo esercizio con ricavi in flessione del 6,3%?La maggior parte degli analisti osserva che l’obiettivo francese è quello di fare massa, sinergie ed economie di scala per affrontare la sfida con Amazon. Se così fosse sarebbe difficile immaginare una competizione che non vada a giocarsi sul piano della spinta al ribasso dei prezzi e della decisa virata sull’online. Ecco perché i sindacati sono pronti a salire sulle barricate. Unieuro ha una rete capillare in tutto il Paese e può contare su circa 400 punti vendita. Serviranno ancora? E se dovessero risultare in eccesso, che fine faranno i lavoratori dei vari negozi fisici?Domande più che legittime che le parti sociali avrebbero voluto rivolgere all’azienda, dalla quale però non sono state ancora ricevute. «L’impressione», spiega alla Verità, Salvo Carofratello , il funzionario nazionale della Fisascat Cisl che ha in delega l’azienda di Forlì, «è che Unieuro stia subendo quest’operazione e che non si aspettasse una mossa del genere. Abbiamo chiesto un incontro, ma non abbiamo avuto risposte, probabilmente perché i vertici dell’azienda non saprebbero cosa dirci. Non entriamo ovviamente nella parte finanziaria, ma temiamo che sul versante industriale possano esserci ripercussioni negative sulla forza lavoro. Il primo nodo da sciogliere riguarda infatti la strategia che avrebbe la nuova proprietà. Si punterà di più sul canale online? La sensazione è che fino a quando non si saranno conclusi i termini dell’Opa, non avremo altre informazioni». Così come preoccupa la presenza nell’azionariato di Fnarc del primo azionista di Mediaworld, Daniel Kretinsky. «Il sindacato», conclude Carofratello, «è in procinto di chiudere un contratto integrativo con Mediaword. Questo vuol dire che non abbiamo nessuna preclusione. Certo ci aspettiamo chiarimenti su strategie ed eventuali sovrapposizioni. Che poi per esperienza si trasformano in razionalizzazioni, un modo più gentile per definire i tagli».
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