2022-11-08
Vanno in tribunale per rifilarci gli immigrati
Offensiva giudiziaria delle Ong: ricorso al Tar, impugnazione del decreto Piantedosi in sede civile, esposto in Procura. Uno dei legali dei volontari guida la filiale catanese di un ente di gesuiti finanziato da George Soros. Mediterranea minaccia azioni sui medici saliti a bordo.Contro il governo italiano è il giorno delle carte bollate. La strategia delle Ong delle navi di Catania, Humanity 1 e Geo Barents, prende forma impugnando i decreti ministeriali in sede civile, al Tar del Lazio e con esposti penali alla Procura di Catania. E tra gli avvocati dei migranti c’è Riccardo Campochiaro, presidente del Centro Astalli di Catania, che fa parte delle organizzazioni dei Gesuiti per i migranti che in passato sono state riccamente finanziate dal miliardario ungherese George Soros. Un «campo largo» che fa capire l’importanza politica della posta in gioco, al di là delle vite umane che tutti vogliono tutelare. Il criterio della separazione tra fragili e non, adottato dal governo e dal ministro Matteo Piantedosi, non viene accettato da chi ha in mano le navi. Il comandante della Humanity 1, Joachim Ebeling, afferma convinto: «Tutte le persone che abbiamo salvato dal mare hanno ora bisogno di essere salvate. Fare una selezione è ridicolo». «Mi sento forzato a fare una cosa illegale», ha aggiunto Ebeling riferendosi all’ordine di lasciare il porto con i sani. Oggi, i legali delle Ong andranno in tribunale a Catania a presentare opposizione contro i decreti del governo, chiedendo che il tribunale ordini l’immediato sbarco dei 35 migranti rimasti su Humanity 1. Allo stesso tempo, verrà presentata impugnazione al Tar del Lazio per il (presunto) mancato rispetto delle norme internazionali sui soccorsi in mare. Non solo, ma alla questura di Catania e alla commissione competente sono state già depositate le richieste per il riconoscimento di profughi per tutte le persone che sono rimaste a bordo. Quindi, secondo questa impostazione, nessuno di loro sarebbe un comune migrante economico, ma avrebbero tutti diritto allo speciale status di rifugiato. I legali dei migranti sarebbero poi pronti a far valere in giudizio il fatto che nel provvedimento in cui si dice al comandante della nave di lasciare il porto di Catania non ci sarebbe un termine temporale.La tenaglia pronta a scattare sul Viminale, come fu all’epoca della nave Diciotti per Matteo Salvini, naturalmente è anche di natura penale. L’avvocato Campochiaro, incontrando i cronisti sul molo di Levante del porto, sibila: «La Procura di Catania, che è molto attenta, conosce bene la situazione. So che ci sono associazioni che si stanno muovendo per presentare un esposto alla Procura di Catania sul trattamento dei migranti e sul fatto che non stati fatti sbarcare tutti». Proprio ieri, era Repubblica a titolare su «La strategia Piantedosi per agire come Salvini ma evitando il processo», spiegando che con la decisione di far sbarcare fragili e minori, e di fornire pasti caldi e assistenza a chi è rimasto a bordo, il ministro si «è messo al riparo da una possibile imputazione di omissione d’atti d’ufficio e omissione di soccorso». Tuttavia, il tentativo di sconfiggere il governo per via penale partirà presto, come ha di fatto annunciato Campochiaro, che il mondo del volontariato e dell’associazionismo lo conosce da vicino. Il legale presiede dal 29 novembre del 2020 il Centro Astalli-Servizio dei Gesuiti per i rifugiati di Catania, attivo in città dal 1999. Secondo l’agenzia di stampa cattolica Aci Prensa, nel 2018 la Jesuit refugee service foundation ha ricevuto dall’abortista Soros finanziamenti per 176.452 dollari. Mentre altri 151.000 dollari sono andati dalla fondazione George Soros al Servizio dei Gesuiti per i migranti in Spagna, sempre nel 2018. Un’altra forma di pressione sul dispositivo messo a punto dal governo per l’emergenza catanese arriva da medici e sanitari della onlus Mediterranea Saving humans, nei confronti dei colleghi dell’Usmaf (Unità di sanità marittima, aerea e di frontiera). In una nota diramata alle agenzie, la onlus parla di «violazioni del codice deontologico medico» e allude alla selezione dei migranti come a una pratica «discriminatoria e degradante della dignità umana». Per Mediterranea, non si comprende come «l’aver passato mesi e anni in Libia subendo torture, stupri e violenze di ogni tipo e con le conseguenti importanti ripercussioni sulla salute fisica e mentale, e l’essere costretti a tentare la traversata del Mediterraneo su imbarcazioni precarie e in condizioni di sovraffollamento senza cibo e acqua per giorni […] non possa determinare una condizione di sufficiente vulnerabilità». Le accuse di violazioni deontologiche potrebbero presto sfociare in tentativi di procedimenti disciplinari e denunce varie. Poi, certo, come accade quasi sempre nella gestione internazionale dei migranti, non era l’Italia a doversene occupare. Ieri su questo punto è intervenuto Carlo Nordio, ex magistrato di lunga esperienza. Il nuovo ministro della Giustizia ha fatto notare che «per quanto riguarda la gestione dei migranti il trattato di Dublino è chiarissimo: la gestione deve essere fatta dallo Stato di primo accesso. E se una nave straniera in acque internazionali accoglie dei migranti, lo Stato di primo accesso è quello di bandiera di quella nave». Nei casi di specie, si tratta dunque della Germania. «La vera soluzione», ha aggiunto Nordio, «sta nell’accordarci con gli amici della Ue, che proprio secondo il trattato di Dublino chi viene soccorso in acque internazionali approda nello stato di bandiera della nave, e deve essere gestito da quello stato. Curato dal porto più vicino, se necessario, ma poi portato nel territorio nello stato di primo approdo».
Nicola Pietrangeli (Getty Images)
Gianni Tessari, presidente del consorzio uva Durella
Lo scorso 25 novembre è stata presentata alla Fao la campagna promossa da Focsiv e Centro sportivo italiano: un percorso di 18 mesi con eventi e iniziative per sostenere 58 progetti attivi in 26 Paesi. Testimonianze dal Perù, dalla Tanzania e da Haiti e l’invito a trasformare gesti sportivi in aiuti concreti alle comunità più vulnerabili.
In un momento storico in cui la fame torna a crescere in diverse aree del pianeta e le crisi internazionali rendono sempre più fragile l’accesso al cibo, una parte del mondo dello sport prova a mettere in gioco le proprie energie per sostenere le comunità più vulnerabili. È l’obiettivo della campagna Sport contro la fame, che punta a trasformare gesti atletici, eventi e iniziative locali in un supporto concreto per chi vive in condizioni di insicurezza alimentare.
La nuova iniziativa è stata presentata martedì 25 novembre alla Fao, a Roma, nella cornice del Sheikh Zayed Centre. Qui Focsiv e Centro sportivo italiano hanno annunciato un percorso di 18 mesi che attraverserà l’Italia con eventi sportivi e ricreativi dedicati alla raccolta fondi per 58 progetti attivi in 26 Paesi.
L’apertura della giornata è stata affidata a mons. Fernando Chica Arellano, osservatore permanente della Santa Sede presso Fao, Ifad e Wfp, che ha richiamato il carattere universale dello sport, «linguaggio capace di superare barriere linguistiche, culturali e geopolitiche e di riunire popoli e tradizioni attorno a valori condivisi». Subito dopo è intervenuto Maurizio Martina, vicedirettore generale della Fao, che ha ricordato come il raggiungimento dell’obiettivo fame zero al 2030 sia sempre più lontano. «Se le istituzioni faticano, è la società a doversi organizzare», ha affermato, indicando iniziative come questa come uno dei modi per colmare un vuoto di cooperazione.
A seguire, la presidente Focsiv Ivana Borsotto ha spiegato lo spirito dell’iniziativa: «Vogliamo giocare questa partita contro la fame, non assistervi. Lo sport nutre la speranza e ciascuno può fare la differenza». Il presidente del Csi, Vittorio Bosio, ha invece insistito sulla responsabilità educativa del mondo sportivo: «Lo sport costruisce ponti. In questa campagna, l’altro è un fratello da sostenere. Non possiamo accettare che un bambino non abbia il diritto fondamentale al cibo».
La campagna punta a raggiungere circa 150.000 persone in Asia, Africa, America Latina e Medio Oriente. Durante la presentazione, tre soci Focsiv hanno portato testimonianze dirette dei progetti sul campo: Chiara Concetta Starita (Auci) ha descritto l’attività delle ollas comunes nella periferia di Lima, dove la Olla común 8 de octubre fornisce pasti quotidiani a bambini e anziani; Ornella Menculini (Ibo Italia) ha raccontato l’esperienza degli orti comunitari realizzati nelle scuole tanzaniane; mentre Maria Emilia Marra (La Salle Foundation) ha illustrato il ruolo dei centri educativi di Haiti, che per molti giovani rappresentano al tempo stesso luogo di apprendimento, rifugio e punto sicuro per ricevere un pasto.
Sul coinvolgimento degli atleti è intervenuto Michele Marchetti, responsabile della segreteria nazionale del Csi, che ha spiegato come gol, canestri e chilometri percorsi nelle gare potranno diventare contributi diretti ai progetti sostenuti. L’identità visiva della campagna accompagnerà questo messaggio attraverso simboli e attrezzi di diverse discipline, come illustrato da Ugo Esposito, Ceo dello studio di comunicazione Kapusons.
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Mark Zuckerberg (Getty Images)