2018-03-20
Dopo un anno
nulla è cambiato: Ong e governo ci prendono per i fondelli
Sequestrata a Pozzallo la nave degli attivisti spagnoli di Proactiva open arms. Il capo missione: «In Libia non ci sono porti sicuri Abbiamo disobbedito a Roma, non siamo complici». Fermati anche due africani presenti a bordo, sospettati di essere scafisti. Le false promesse vengono al pettine. Il caos immigrazione non è stato risolto nonostante le dichiarazioni del governo.A poco meno di un anno di distanza, ci tocca rivedere lo stesso, pessimo film. La nave della Ong spagnola Proactiva open arms è stata posta sotto sequestro a Pozzallo proprio come accadde alla Iuventa, imbarcazione dell'organizzazione tedesca Jugend Rettet, fermata il 2 agosto scorso. L'accusa è sempre la medesima: associazione per delinquere finalizzata all'immigrazione clandestina. Sono identiche perfino le polemiche: gli attivisti «umanitari» si sbracciano e protestano, sostenendo che l'Italia abbia introdotto «il reato di solidarietà». Le animucce pie di casa nostra già sono scese il campo, a partire da Gad Lerner, secondo cui «il sequestro a Pozzallo della nave Proactiva open arms che ha tratto in salvo 218 migranti sembra anticipare le scelte politiche dei vincitori delle elezioni: criminalizzazione delle Ong, la solidarietà in mare diventa reato». Tutto già visto, tutto già sentito. Compreso il grottesco valzer di attacchi a Carmelo Zuccaro, procuratore di Catania che per primo, parecchi mesi fa, ha avuto il coraggio di schierarsi contro i taxi del mare e che oggi continua a fare il proprio lavoro nonostante l'assalto mediatico.Viene da chiedersi: ma la questione Ong non l'avevamo già risolta? Il governo ci aveva fatto credere che non ci sarebbero più stati problemi, grazie al meraviglioso «codice di condotta» elaborato da Marco Minniti con il benestare dell'Unione europea. Eppure, guarda un po', adesso scopriamo che non abbiamo risolto proprio un bel nulla. Le Ong, in questi mesi, hanno continuato a operare nel Mediterraneo, con poche eccezioni. Vero, hanno traghettato sulle nostre coste meno migranti, ma questo perché le partenze dalla Libia sono state ridotte, almeno per qualche mese. Una situazione che presto, tuttavia, potrebbe cambiare.Ora che la campagna elettorale è finita e che la bella stagione è in arrivo, pare che i flussi provenienti dal Nord Africa potrebbero aumentare di nuovo. Non lo diciamo noi, bensì il Viminale, che lo ha messo nero su bianco in una nota di cui ha dato conto il Messaggero sabato scorso. Tutto questo dimostra che il caos migratorio, nonostante i roboanti proclami di Minniti, del premier Paolo Gentiloni e di tutti gli altri, non è affatto concluso.Non solo continuiamo a patire le conseguenze dell'immigrazione forzata dal punto di vista della sicurezza (stupri, omicidi, aggressioni, rivolte nei centri di accoglienza), ma non abbiamo messo la parola fine nemmeno sugli sbarchi. La questione Ong è stata semplicemente tamponata. Lo dimostra il fatto che i signori attivisti hanno continuato a seguire una sola legge: quella dell'ideologia. Riccardo Gatti, capo missione di Proactiva, lo ha detto chiaramente: «In Libia non ci sono porti sicuri e non vogliamo essere complici di quello che i governi italiano e libico hanno deciso in barba al diritto internazionale». Come a dire: ce ne freghiamo degli accordi internazionali e delle regole stabilite dalle autorità italiane, noi vogliamo portare i migranti sulle coste della Penisola. L'Ue, dal canto suo, si è limitata a sbuffare. La portavoce della Commissione europea per le migrazioni, Natasha Bertaud, ha dichiarato che «tutte le parti coinvolte» devono rispettare «il diritto internazionale, ma anche il codice di condotta italiano». Bella forza.Nel frattempo, la nave spagnola è entrata in Italia e i migranti a bordo sono sbarcati qui (compresi due scafisti), mica a Malta o in Spagna. Dobbiamo soltanto sperare che gli investigatori riescano finalmente a inchiodare questi trafficanti travestiti da benefattori. E che arrivi presto un governo che, in materia d'immigrazione, non si limiti a raccontare frottole.Francesco Borgonovo<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/ong-governo-immigranti-zuccaro-2550035537.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="le-ong-se-ne-fregano-li-portiamo-in-italia" data-post-id="2550035537" data-published-at="1757686586" data-use-pagination="False"> Le Ong se ne fregano: «Li portiamo in Italia» L'unico scopo della Ong era quello di portare in Italia i migranti, anche a costo di violare la legge e gli accordi internazionali. La Procura di Catania, che ha sequestrato la nave Open arms della spagnola Proactiva, sottolinea questo aspetto nel provvedimento giudiziario: «C'era la volontà» di recuperare in acque libiche i migranti e di fare la traversata fino ai porti italiani. E quella che la Ong indagata chiama «solidarietà», per i giudici ha un altro nome: associazione a delinquere finalizzata all'immigrazione clandestina.Gli indagati sono il coordinatore della Ong Gerard Canals, che si trova in Spagna, il comandante della nave Marc Reig Creus e il capo della missione Ana Isabel Montes Mier. Gli ultimi due sono accusati anche di non aver rispettato le disposizioni imposte dalla Guardia costiera italiana dopo aver soccorso a poche miglia dalla costa libica il barcone che trasportava i migranti e di essersi rifiutati di consegnarli immediatamente alla polizia marittima di Tripoli. La loro posizione è andata a completare i tasselli che la Procura di Catania, guidata da Carmelo Zuccaro, stava raccogliendo sulla Ong. Ed è scattato il sequestro. Il secondo dopo quello della nave Iuventa della Ong tedesca Jungen Retten, lo scorso agosto (l'indagine, confermano alla Verità da Trapani, è vicina alla chiusura), ma il primo dopo la firma del codice per le Ong al quale Open Arms aveva deciso di aderire.Gli investigatori sono saliti a bordo poche ore dopo lo sbarco dei 218 migranti, l'altro giorno, nel porto di Pozzallo (ora li stanno identificando e poi verranno assegnati ai centri d'accoglienza), per notificare al capitano che la nave che da quel momento doveva restare al molo. Per ricostruire i fatti bisogna tornare al 15 marzo, quando dalla nave hanno risposto a un Sos lanciato dal gommone carico di migranti che si trovava in acque libiche «nonostante la Guardia costiera avesse assunto il comando delle operazioni». Il personale della Open arms si impone e riesce a ottenere il via libera al salvataggio. Poco dopo, però, viene comunicato via radio un attacco dalla Libia. Per questo viene chiesto all'Italia di poter attraccare in un porto siciliano. Il centro di coordinamento della Guardia costiera risponde che la responsabilità di quelle acque è dei libici e che quindi bisogna portare lì i migranti. E invece la nave continua la traversata. Il giorno dopo arriva in acque maltesi. Lì il medico di bordo comunica che è necessario sbarcare un bimbo di tre mesi e sua madre. Le autorità concedono l'ok e chiedono al capitano se hanno altri migranti da far scendere, ma dalla Open arms fanno sapere che proseguiranno la navigazione verso l'Italia. Il centro di coordinamento di Roma, a quel punto, comunica che la richiesta andava fatta al proprio Stato, ossia alla Spagna. Ma Open arms arriva in acque italiane e alla fine ottiene il via libera per Pozzallo. Ma dal centro di coordinamento, insieme all'indicazione alle autorità portuali per l'attracco, viene inviata anche la segnalazione alla magistratura. Subito dopo lo sbarco la polizia ferma due uomini: Alpha Oumar Bamgoura, 25enne senegalese, e Mohammed Alnema Yusef, sudanese di 28 anni. Secondo i testimoni sarebbero loro ad aver guidato l'imbarcazione partita dalle coste tunisine. I migranti sono salpati dalla Libia e hanno pagato circa 600 dollari ciascuno. Grazie alle testimonianze è emerso che i due indagati si sono occupati uno di timonare il gommone, l'altro di mantenere la rotta con la bussola. I migranti erano quindi scortati da trafficanti di esseri umani. E sono stati proprio loro a lanciare l'Sos al quale ha risposto Open arms. Ora, però, uno dei capi missione, Riccardo Gatti, accusa: «Per la prima volta il centro della Guardia costiera di Roma ci ha prima detto di raggiungere il luogo del naufragio per poi intervenire e cedere il coordinamento delle operazioni di soccorso ai libici. Noi non abbiamo accettato, perché in Libia non ci sono porti sicuri e non vogliamo essere complici di quello che i governi italiano e libico hanno deciso in barba al diritto internazionale». Ora sarà il gip di Ragusa a decidere sul sequestro. Nel frattempo i legali della Ong cercano di correre ai ripari. «Le dichiarazioni spontanee rese dall'equipaggio e le notifiche dei provvedimenti sono avvenute in assenza di un traduttore ufficiale», denuncia l'avvocato Rosa Emanuela Lo Faro, legale di Proactiva. E su twitter Oscar Camps, direttore della Ong, ha rincarato la dose: «L'Italia in prima linea e l'Unione europea dietro vogliono farci pagare ciò che dovremmo fare. Il crimine di solidarietà è stato inventato».Ma secondo i magistrati, «i responsabili della Ong hanno agito con l'unico scopo di approdare in Italia benché ciò non fosse imposto dalla situazione, in quanto avrebbero dovuto attenersi alle disposizioni della Guardia costiera». E invece «non hanno seguito le indicazioni di andare a Malta, porto più vicino, nonostante avrebbe costituito un approdo comodo e sicuro per le vite dei migranti». I migranti, insomma, dovevano arrivare in Italia. A tutti i costi.Fabio Amendolara
Giorgia Meloni al Forum della Guardia Costiera (Ansa)
«Il lavoro della Guardia Costiera consiste anche nel combattere le molteplici forme di illegalità in campo marittimo, a partire da quelle che si ramificano su base internazionale e si stanno caratterizzando come fenomeni globali. Uno di questi è il traffico di migranti, attività criminale tra le più redditizie al mondo che rapporti Onu certificano aver eguagliato per volume di affari il traffico di droga dopo aver superato il traffico di armi. Una intollerabile forma moderna di schiavitù che nel 2024 ha condotto alla morte oltre 9000 persone sulle rotte migratorie e il governo intende combattere. Di fronte a questo fenomeno possiamo rassegnarci o agire, e noi abbiamo scelto di agire e serve il coraggio di trovare insieme soluzioni innovative». Ha dichiarato la Presidente del Consiglio dei Ministri Giorgia Meloni durante l'intervento al Forum della Guardia Costiera 2025 al centro congresso la Nuvola a Roma.
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