2022-12-01
Dialogo Houellebecq-Onfray: «La sostituzione di popolo? Un fatto, non una teoria»
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Michel Onfray e Michel Houellebecq (Getty Images - Ansa)
La rivista sovranista Front populaire esce con un confronto lungo 45 pagine tra due dei principali pensatori europei. Il politicamente corretto ne esce fatto a brandelli.Michel Houellebecq e Michel Onfray sono due tra le voci più autorevoli, o comunque più ascoltate, nel panorama culturale europeo. Ora, sulla rivista sovranista di Onfray, Front populaire, il romanziere e il filosofo si confrontano in un lungo (45 pagine!) scambio di idee, anticipato dal quotidiano transalpino Le Figaro. Se Houellebecq ha sfornato fior di romanzi contro lo stile di vita decadente dell’Occidente, e poi sulla progressiva islamizzazione della Francia, finendo più o meno controvoglia per essere classificato come un autore «di destra», Onfray ha un pedigree che parte da solide radici a sinistra. Poi la sua distanza dal politicamente corretto e da certi tic alto-borghesi lo ha portato in una sorta di «terra di nessuno» ideologica, una sorta di sovranismo di sinistra. Il dialogo pubblicato da Front populaire, ovviamente, non piacerà ai progressisti e del resto non fa nulla per andare incontro alle mode woke. Parole incendiarie, ad esempio, volano su alcuni temi caldi come immigrazione e islam. A proposito della «grande sostituzione», cioè della dinamica sociopolitica che porta sempre più popoli africani e asiatici sul territorio europeo al posto delle genti autoctone, Houellebecq scrive: «Sono stato molto choccato del fatto che la chiamino una “teoria”. Non è una teoria, è un fatto». Onfray è d’accordo: «È oggettivamente ciò che dicono le cifre». Sull’islam, il filosofo spiega che l’islamismo «non è un fenomeno così potente», ma piuttosto “una reazione alla potenza americana», prevedendo che le masse musulmane verranno comunque conquistate dal consumismo materialista. Più pessimista lo scrittore: «Quando dei territori interi saranno sotto il controllo islamista, penso che ci saranno degli atti di resistenza. Ci saranno attentati e sparatorie nelle moschee», spiega Houellebecq, che prevede addirittura dei «Bataclan al contrario».«Lei pensa che la guerra civile è prossima, io credo che sia già qui, a basso voltaggio», replica Onfray. Si ricorderà che Houellebecq, nel suo romanzo Sottomissione, prefigurava la futura conquista politica della Francia da parte dell’islam. Per una incredibile e amara coincidenza, il libro uscì nel giorno esatto dell’attentato a Charlie Hebdo. Malgrado il percorso e il retroterra molto differente, i due pensatori dimostrano oggi di condividere un medesimo spazio metapolitico. «Lei è come me, un populista!», dice Onfray all’interlocutore. Che risponde: «Mi sta bene. Di destra, ho dei dubbi, ma populista mi va bene». Il discorso si sposta poi sulla spiritualità. Onfray è dichiaratamente e orgogliosamente ateo, Houellebecq agnostico, eppure entrambi riconoscono il valore fondante, in termini di civiltà, delle religioni. «Solo la religione è capace di federare una civiltà, proponendo una trascendenza ultima», afferma Onfray. Più prosaico Houellebecq: «Per avere successo in una religione, devi avere un approccio un po' commerciale». Onfray concorda: «Non è alla portata di tutti il fatto di reinventare la messa». Poi si parla del peccato originale. «Lei pensa che l’essere umano sia colpevole dalla nascita?», chiede Onfray. Houellebecq, che si definisce «schopenhaueriano di stretta osservanza», replica con un serafico «beh, direi di sì». E aggiunge: «L’uomo deve essere allevato. Egli nasce malvagio ma la società può educarlo. Come accade spesso con Rousseau, basta dire il contrario di quello che dice lui per essere nel vero». Le Figaro chiosa: «È la definizione antropologica del conservatorismo». Non mancano sentenze spicciole, soprattutto da parte di Houellebecq, sulla storia e sull’attualità: «Certo che voglio difendere l’Occidente, ma bisogna anche che esso meriti di essere difeso». E ancora: «Avrei voluto che Joseph De Maistre fosse là al momento del Concilio Vaticano II». Poi, su Charles De Gaulle: «Per il suo comportamento verso gli harkis (gli algerini lealisti nella guerra d'Algeria tra il 1954 ed il 1962, ndr) meritava si essere fucilato».