Omofobia: «Domanda all’Unar: cosa c’entra il transgenderismo con le capacità imprenditoriali?»

Omofobia: «Domanda all’Unar: cosa c’entra il transgenderismo con le capacità imprenditoriali?»
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«Cosa c'entra il transgenderismo con le capacità imprenditoriali? Che differenza c'è tra un giovane imprenditore trans e uno normale? È proprio vero che i trans sono più uguali degli altri, l'Unar (l'Ufficio Nazionale antidiscriminazioni razziali, ce lo insegna!» hanno dichiarato Toni Brandi e Jacopo Coghe, presidente e vice presidente di Pro Vita e Famiglia Onlus sull'avviso pubblico per la selezione ed il finanziamento di progetti di accompagnamento all'autoimprenditorialità o alla creazione di nuove imprese per persone transgender lanciato proprio dall'ente.

«Diciamo che "certe scuole di pensiero unico" ci stanno dando belle lezioni di discriminazioni da tempo. Gli Lgbt possono urlare, protestare, insultare, lanciare un fumogeno durante la nostra manifestazione a Piazza Montecitorio il 16 luglio scorso, senza che nessuno osi replicare? Accusarci di omofobia, come ha fatto il portavoce di Gay Center Fabrizio Marrazzo senza svelare nome e cognome delle presunte vittime? Sono già anni che senza una legge, chi esprime la propria opinione prolife è accusato, deriso, assalito. A Gela terminata la veglia autorizzata in piazza contro l'omotransfobia con più di 200 partecipanti, un gruppo arcobaleno di una trentina di giovanissimi è venuto a urlarci e insultarci, ma non sono stati allontanati dalle forze dell'ordine. Naturalmente noi non abbiamo risposto, ma queste storie non le leggerete mai sulla stampa» hanno continuato Brandi e Coghe.

«Poi ora funziona così: chi critica l'ideologia viene schedato su Google, compresi gli omosessuali e le femministe lesbiche. Un'app gratuita del motore di ricerca colora di rosso i profili dei presunti omofobi. Una caccia alle streghe sul web per cui se non si ha idee conformi (cioè sei a favore di utero in affitto, sex work e la fluidità di genere) si viene bollati. Avete letto la notizia su Repubblica e i cosiddetti giornali di sinistra?» hanno concluso Brandi e Coghe.

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