2021-11-29
Olga Milanese: «Denunciamo all’Aja le leggi sul Covid»
L'avvocato anti green pass: «Il super certificato è peggio dell'apartheid. Eppure, il governo lo reputa d'esempio per gli altri Paesi. Faremo ricorso al tribunale penale internazionale e alla Corte europea dei diritti dell'uomo».L'avvocato Olga Milanese, già promotrice del Comitato referendum no green pass, è ormai diventata uno dei volti tv della protesta contro il certificato verde. L'ultimo alterco catodico l'ha avuto, su Rete 4, con l'infettivologo Matteo Bassetti.Dottoressa, lei è una no vax?«Assolutamente no».È vaccinata?«L'ho spiegato in tv: credo che questa domanda non possa essere posta».Perché?«Se nel 2019 avessimo chiesto una cosa del genere in una trasmissione, si sarebbe sollevato un vespaio: sono dati sanitari riservatissimi».Be', nel 2019 non c'era una pandemia. Non è così assurdo che, ora, la sensibilità sia cambiata.«Sì, ma l'emergenza non legittima qualunque cosa. Stiamo assistendo alla progressiva destrutturazione dell'intero ordinamento: si è iniziato con il negare alcuni diritti fondamentali a tutti i cittadini, si è poi arrivati alla restituzione di quei diritti sub condicione, alla loro radicale abolizione per una categoria di cittadini, alla totale vanificazione del diritto alla privacy».Il super green pass aggrava il problema? «Certamente! Sinora la discriminazione imposta dalle istituzioni, comunque inaccettabile, poteva essere superata pagando un prezzo, quello del tampone. Con il dl 172/2021, invece, il cittadino sarà inappellabilmente escluso dalla partecipazione alla vita economica e sociale della nazione, che rappresenta uno dei principi fondamentali della nostra Costituzione. È qualcosa che va oltre l'apartheid».La Verità ha usato proprio questa etichetta. È poco?«L'apartheid ghettizzava una razza, confinandola in alcuni spazi ad hoc; in questo caso, vengono negati persino quegli spazi, ai ghettizzati viene consentito solo di lavorare e stare in casa».Nel Sudafrica dell'apartheid c'era l'autobus per i neri, ma c'era; qui, l'autobus per chi non ha il green pass proprio non c'è.«Esatto. È gravissimo. Dopo anni passati a criticare, con senso di superiorità, gli autocrati alla Viktor Orbán, perché non rispettavano i diritti delle minoranze, ci stiamo ora rendendo colpevoli di fatti ancor più gravi. E non solo consideriamo tutto ciò legittimo, ma addirittura riteniamo questi provvedimenti “virtuosi" e pensiamo di essere un esempio per gli altri Paesi».Bassetti la accusa di avanzare tesi «controscientifiche».«Evidentemente legge i numeri a seconda di come gli conviene».Di che parla?«Dei numeri dell'Iss: attestano che, nel totale complessivo dei decessi, dal 24 settembre al 24 ottobre, quelli dei soggetti vaccinati erano superiori a quelli dei soggetti non vaccinati».Con la stragrande maggioranza della popolazione che ha ricevuto le dosi, è logico che i morti siano più tra i vaccinati. È un paradosso statistico.«No, non è un paradosso statistico, perché per valutare la capacità del vaccino di schermare dal decorso grave della malattia e dalla morte, il rapporto va calcolato sui positivi, non sul totale della popolazione vaccinata».Si spieghi.«Nel periodo considerato, tra i non vaccinati ci sono stati 384 decessi su 50.564 positivi; tra i vaccinati, 463 decessi su 76.139 positivi. Dunque, tra i non vaccinati abbiamo avuto 75,94 decessi ogni 10.000 positivi; tra i vaccinati, 60,8. Il rapporto è leggermente favorevole ai vaccinati, ma non c'è l'abisso che ci si dovrebbe aspettare».La vostra iniziativa referendaria è naufragata?«Avevamo chiesto al governo una proroga dei termini per la presentazione delle firme, ma non ci hanno nemmeno risposto. Non avevamo avuto neppure il tempo di ricevere i plichi dai Comuni. Abbiamo trovato difficoltà anche alle Poste, dove dovevamo sbrigare ogni pratica previo appuntamento».Vi siete sentiti boicottati?«Di sicuro siamo stati molto ostacolati. Ci hanno silenziato, la nostra iniziativa è passata in sordina, quasi tutti i media ci hanno ignorato e, le poche volte in cui siamo andati in tv, gli spazi sono stati risicatissimi. Ci hanno invitati giusto per far vedere che c'era un minimo di contraddittorio».Il Comitato, però, aveva azzeccato una previsione: il green pass durerà oltre il 31 dicembre, per ora termine ultimo dello stato d'emergenza. Il foglio verde può essere reso indipendente dal regime speciale?«È quello che hanno fatto. E non solo il green pass è stato esteso, ma è stato rafforzato. In questo senso, il problema è svincolato dalla questione vaccini».Cioè?«Il pass introduce, sì, un obbligo vaccinale surrettizio, ma ciò che più preoccupa è che sia uno strumento di distruzione dei diritti dei cittadini e della democrazia. È questo che dovrebbe allertare i giuristi, dai professori ai magistrati».Lo Stato che distribuisce premi e punizioni a conformi e non conformi?«Ma quali premi? Il premio per chi sottostà al ricatto di Stato è, al massimo, il godere della punizione che viene inflitta a chi non ha obbedito. Lo Stato ci ha privati dei nostri diritti costituzionali e, per ridarceli, ci ha imposto un onere da assolvere. Questo non è un premio; è un furto, un ricatto, appunto».L'ultimo dl introduce il super green pass già in zona bianca, dove l'allarme, per definizione, non esiste. Ma i decreti non dovrebbero essere giustificati da urgenze attuali? Ora variamo decreti sulla base di un'urgenza ipotetica?«È una questione che qualcuno avrebbe dovuto porsi, prima di licenziare questo decreto. Adesso siamo passati dallo stato d'emergenza allo stato di prevenzione. Ancora più pericoloso».Perché?«Con la scusa della prevenzione, posso fare quello che voglio: devo costantemente prevenire, appunto, un pericolo che non arriva mai. L'emergenza non è più attuale; c'è solo la presunzione di una catastrofe incombente».Visto che è stata così brava con la previsione precedente, oggi prevede che il super green pass duri oltre il 15 gennaio?«È chiaro che finirà così. E con l'inasprimento dei controlli e l'abolizione della privacy, siamo passati da uno Stato di diritto a uno Stato di polizia».Ma su tutti i diritti di cui lei prende le difese, non prevale il dovere di tutelare la salute pubblica?«No. La Costituzione prevede un bilanciamento dei diritti, ma esso non può tracimare nella tirannia di un diritto sugli altri. Tra l'altro, i primi tre articoli della Carta, che sono i più importanti, non parlano di salute pubblica, bensì di diritto all'eguaglianza, al lavoro, alla pari dignità dei cittadini. E quando la Costituzione autorizza i trattamenti sanitari obbligatori, pone comunque un limite: il rispetto della persona umana. Questo limite è stato abbondantemente superato». Contro il green pass, si può tentare la strada dei ricorsi in Corte costituzionale, o alla Corte europea dei diritti dell'uomo?«Dopo l'iniziativa referendaria, stiamo costituendo l'associazione Umanità e Ragione, che si pone proprio questo obiettivo. Il primo tentativo sarà un esposto - impropriamente detto, è solo per intenderci - con cui porteremo davanti alla Corte penale internazionale dell'Aja la gestione Covid italiana». In che senso?«Vogliamo che la Corte dell'Aja giudichi la legittimità di tutto quello che è stato fatto dall'inizio della pandemia fino ad ora. Tutta la legislazione sul Covid: dal primo lockdown a oggi».Per adire la Consulta serve che sia un giudice a sollevare la questione di costituzionalità?«Sì, nell'ambito di un contenzioso ordinario. È questa la difficoltà: gli strumenti a tutela dei cittadini non sono molti. Come fa chi ha perso il lavoro, o la famiglia dello studente che magari non ha nemmeno i soldi per pagarsi i tamponi con cui prendere i mezzi per andare a scuola, a sostenere i costi e i tempi di un'azione giudiziaria? Per questo abbiamo scelto di percorrere la strada internazionale».Con che prospettive?«I ricorsi Cedu sono più complicati di quelli all'Aja; ci sono state già delle pronunce di improcedibilità».Eppure, un tema di diritto europeo esiste. Il Regolamento Ue sul green pass proibiva la discriminazione di chi sceglie di non vaccinarsi. Ma poi, quando la Commissione è stata interpellata sull'uso che ne era stato fatto in Italia, ha risposto che quel principio valeva solo per gli spostamenti tra Paesi dell'Unione, mentre ogni Stato, al suo interno, può fare come vuole. Troppo comodo…«È esattamente il motivo per cui si deve adire la Cedu. Il problema riguarda l'esperibilità previo esaurimento dei rimedi interni».Ovvero?«Teoricamente bisognerebbe prima esperire tutti i gradi di giudizio all'interno del singolo Stato. In Italia, se ne riparlerebbe tra vent'anni…».E come farete?«Stiamo studiando delle strade alternative per impostare dei ricorsi che potrebbero essere accolti. Oltre, ovviamente, a quelli che comunque porteremo avanti in Italia, per riaffermare il primato dello Stato di diritto e dei diritti dell'uomo».Che ne pensa dell'idea «brunettiana», apparentemente avallata da Mario Draghi, di togliere lo stato d'emergenza conservando i poteri speciali, magari dentro una struttura ad hoc di Palazzo Chigi?«È preoccupante. Mi piacerebbe capire, tecnicamente, come potrebbero realizzare un progetto simile. Ma in ogni caso, neppure l'esistenza dell'emergenza legittima tutto quello che è stato fatto fino ad ora».Cos'ha pensato quando, in conferenza stampa, Draghi ha affermato papale papale che i non vaccinati non fanno più parte della società?«È la conferma del fatto che, volutamente e impunemente, stanno segregando e discriminando una categoria di cittadini per una scelta che la legge consente loro di compiere, e per la loro volontà di rimanere fedeli al principio della libertà terapeutica. È un'ammissione pubblica di colpa».
Pedro Sánchez (Getty Images)
Alpini e Legionari francesi si addestrano all'uso di un drone (Esercito Italiano)
Oltre 100 militari si sono addestrati per 72 ore continuative nell'area montana compresa tra Artesina, Prato Nevoso e Frabosa, nel Cuneese.
Obiettivo dell'esercitazione l'accrescimento della capacità di operare congiuntamente e di svolgere attività tattiche specifiche dell'arma Genio in ambiente montano e in contesto di combattimento.
In particolare, i guastatori alpini del 32° e i genieri della Legione hanno operato per tre giorni in quota, sul filo dei 2000 metri, a temperature sotto lo zero termico, mettendo alla prova le proprie capacità di vivere, muoversi e combattere in montagna.
La «Joint Sapper» ha dato la possibilità ai militari italiani e francesi di condividere tecniche, tattiche e procedure, incrementando il livello di interoperabilità nel quadro della cooperazione internazionale, nella quale si inserisce la brigata da montagna italo-francese designata con l'acronimo inglese NSBNBC (Not Standing Bi-National Brigade Command).
La NSBNBC è un'unità multinazionale, non permanente ma subito impiegabile, basata sulla Brigata alpina Taurinense e sulla 27^ Brigata di fanteria da montagna francese, le cui componenti dell'arma Genio sono rispettivamente costituite dal 32° Reggimento di Fossano e dal 2° Régiment étranger du Génie.
È uno strumento flessibile, mobile, modulare ed espandibile, che può svolgere missioni in ambito Nazioni Unite, NATO e Unione Europea, potendo costituire anche la forza di schieramento iniziale di un contingente più ampio.
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