2024-11-13
Mentre l’Olanda blinda le frontiere Bruxelles dorme sul Patto per l’asilo
Il primo ministro olandese, Dick Schoof (Ansa)
Stretta di Amsterdam dal 9 dicembre. La lista dei Paesi sicuri sarà pronta solo nel 2025.Il problema dell’immigrazione di massa verso l’Europa, alla fine, ha fatto breccia a tutti i livelli. Se persino Lilli Gruber - derubata a Villa Borghese mentre faceva jogging - è arrivata a dire che «le porte aperte a tutti non se le può più permettere nessuno», è evidente che il marcio è arrivato fin dentro le Ztl e i salotti buoni della sinistra al caviale.Il brusco risveglio, tuttavia, non sembra aver toccato i mandarini di Bruxelles, ancora persi nelle loro dotte disquisizioni sul sesso degli angeli. Perché in nessun altro modo può essere definito il nuovo Patto Ue su migrazione e asilo. Firmato dai 27 Stati membri, dopo trattative estenuanti, la scorsa primavera, l’accordo prevede vincoli più laschi per definire che cosa sia un «Paese terzo sicuro», snellendo così le procedure per i respingimenti. C’è un però: il nuovo patto entrerà in vigore a due anni dalla sua adozione. E cioè nel giugno 2026 (la lista dei Paesi sarà pronta nel 2025). Troppo tardi, ovviamente. Di fronte ai passettini da bradipo della Commissione Ue, non stupisce che molte nazioni abbiano deciso di agire in autonomia, violando il bon ton degli scribacchini di Strasburgo. E la lista dei dissidenti, ormai, è parecchio lunga. In prima fila c’è sempre stata l’Ungheria. Che, circa un mese fa, ha inviato una letterina a Bruxelles, chiedendo il cosiddetto opt-out in materia di asilo, ossia una deroga agli obblighi a cui sono vincolati gli Stati membri che hanno firmato i trattati: «L’Ungheria ritiene che ristabilire un controllo nazionale più forte sull’immigrazione sia attualmente l’unica opzione per proteggere i propri confini», ha dichiarato János Bóka, il ministro magiaro per gli Affari europei. La mossa di Budapest, del resto, ha fatto seguito a quella di Amsterdam, che aveva presentato alla Commissione di Ursula von der Leyen la stessa richiesta. Di più: con l’insediamento del nuovo governo olandese, il ministro per l’Asilo, Marjolein Faber, ha promesso ai propri cittadini «la politica sull’immigrazione più severa di sempre». E l’esecutivo dei Paesi Bassi è stato di parola: due giorni fa, la Faber ha annunciato che, dal 9 dicembre, la polizia di frontiera olandese inizierà a effettuare controlli più stringenti ai confini con Germania e Belgio.Se, però, qui abbiamo a che fare con governi di centrodestra, le cose non vanno meglio nei Paesi in cui al potere c’è la sinistra. Basti pensare alla Germania che, ben prima della caduta della coalizione semaforo, ha dovuto inasprire i pattugliamenti alle frontiere per contrastare l’immigrazione illegale: «Il nostro scopo è bloccare i criminali, nonché identificare e fermare in anticipo gli estremisti islamici», aveva dichiarato il ministro dell’Interno di Olaf Scholz, la socialdemocratica Nancy Faeser.Anche in Norvegia, Paese retto dal Partito laburista, in questi giorni è stato deciso di estendere i controlli alle frontiere interne fino al prossimo 1 dicembre. Pur non facendo parte dell’Ue, Oslo ha però sospeso di fatto l’accordo di Schengen: «Le minacce terroristiche rimangono alte», ha spiegato Emilie Mehl, il ministro della Giustizia e della pubblica sicurezza. Nello specifico, ha chiarito in una nota la polizia norvegese, il livello di minaccia terroristica è passato da «moderato» ad «alto» soprattutto a causa delle «minacce per obiettivi ebraici e israeliani».Sempre rimanendo in Scandinavia, non mancano le sorprese. La Danimarca, infatti, ha varato già negli anni passati alcune leggi che scoraggiano l’immigrazione. Non solo: l’attuale premier, la socialdemocratica Mette Frederiksen, nel 2022 ha rivinto le elezioni proprio grazie a un programma «di destra» sull’immigrazione. A capitolare, infine, è stata addirittura la Svezia, che le sinistre europee elogiavano come «superpotenza umanitaria». Il governo di centrodestra, insediatosi nel 2022 e guidato da Ulf Kristersson, ha approvato mesi fa una legge, che entrerà in vigore nel 2026, la quale prevede un incentivo da 30.000 euro per ogni immigrato che sceglierà la via del rimpatrio volontario.Insomma, in Europa un po’ tutti hanno deciso di fare da sé. Eppure, a Bruxelles, si continua a cincischiare.
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