Per Open doors sono 260 milioni le persone che vengono perseguitate a causa della loro fede. Dai Paesi islamici alla Corea del Nord è uno stillicidio di violenze e soprusi. E in Cina si abbattono le croci delle chiese per montare al loro posto telecamere di controllo.
Per Open doors sono 260 milioni le persone che vengono perseguitate a causa della loro fede. Dai Paesi islamici alla Corea del Nord è uno stillicidio di violenze e soprusi. E in Cina si abbattono le croci delle chiese per montare al loro posto telecamere di controllo.Non si ferma la persecuzione dei cristiani nel mondo, anzi, è in aumento. Il grido d'allarme arriva da Porte aperte - Open doors, l'associazione missionaria cristiana che monitora le violenze, le vessazioni e le discriminazioni subite dai fedeli, che stila ogni anno la World watch list, la classifica dei primi 50 Paesi dove è più forte l'oppressione dei credenti. I dati, che si riferiscono al periodo tra il primo novembre 2018 e il 31 ottobre 2019, parlano da sé: sono 260 milioni i perseguitati nei Paesi in questione, in crescita rispetto ai 245 milioni dell'anno precedente. In pratica, un cristiano ogni otto subisce un livello classificato come «alto» di persecuzione a causa della propria fede. Se le uccisioni sono diminuite da 4.305 dello scorso anno a 2.983 del 2019 (in media quindi otto ogni giorno), ad aumentare notevolmente è la «pressione» sui credenti, tra vessazioni, aggressioni, rapimenti, incarcerazioni senza processo, chiese chiuse o attaccate, stupri e abusi sessuali. Al primo posto della World watch list, sin dal 2002, si trova la Corea del Nord dove, secondo le stime, tra i 50.000 e i 70.000 cristiani sono detenuti nei campi di lavoro. Il secondo e terzo posto di questo infimo podio sono occupati da Afghanistan e Somalia, seguiti dalla Libia, ma in un contesto diverso da quello della dittatura di Pyongyang. La persecuzione nei tre Paesi è infatti connessa alla loro instabilità politica e all'assenza di istituzioni sovrane. Qui i fedeli, specie se convertiti dall'islam, se scoperti rischiano anche la morte. Al quinto posto c'è il Pakistan, dove il 95% della popolazione è musulmana e la discriminazione verso i cristiani inizia tra i banchi di scuola. Il Paese è tristemente famoso, tra l'altro, per il caso di Asia Bibi, la cristiana madre di cinque figlie, accusata nel 2009 di blasfemia contro Maometto e condannata a morte, a cui fu risparmiata la vita grazie al clamore internazionale suscitato, rifugiatasi in Canada dopo le minacce di morte degli estremisti islamici di Tehreek-e-Labbaik che chiedevano la sua esecuzione, in seguito alla sua assoluzione nel 2008. A oggi nel Paese risultano detenuti più di 20 fedeli accusati di blasfemia. Salta all'occhio il balzo compiuto in classifica dallo Sri Lanka (dal quarantaseiesimo posto al numero trenta) teatro del massacro di Pasqua: il 21 aprile 2019, sette jihadisti della Thowheeth jama'ath nazionale, colpirono in una serie di attacchi suicidi tre chiese, quattro alberghi di lusso e un complesso residenziale, uccidendo 253 persone e ferendone 500. Per quanto riguarda la Nigeria, l'ultima strage di cristiani risale al mese scorso, quando un gruppo jihadista affiliato all'Isis ha trucidato undici uomini per vendicare la morte del califfo del sedicente Stato islamico, Abu Bakr al-Baghdadi, ucciso lo scorso ottobre in Siria. Il rapporto di Open doors rivela però che sono i pastori musulmani Fulani il gruppo più letale nel Paese: il 14 aprile scorso, nel villaggio di Numa, un commando fece irruzione durante una festa di battesimo massacrando i 17 partecipanti. Il gruppo viene definito nel rapporto di Porte aperte come sei volte più letale dei tagliagole di Boko Haram.Il report si sofferma poi sulla violenza di genere. I dati sugli abusi sessuali e gli stupri hanno rilevato nel periodo in questione 8.537 casi, a cui si dovrebbero sommare gli almeno 630 matrimoni forzati. Tuttavia, i numeri sono destinati a essere decisamente più alti, essendo questo tipo di persecuzione perpetrato prevalentemente negli ambienti domestici, rendendola difficile da quantificare, come spiega Cristian Nani, direttore di Porte aperte: «Donne cristiane rapite e violentate con genitori o mariti costretti a sentire le grida al telefono. La brutalità del fenomeno degli abusi sessuali e dei matrimoni forzati è sconcertante. Ed è solo la punta di un iceberg che pian piano stiamo scoprendo. Se esiste sommerso in un Paese come l'Italia, figuriamoci in Paesi dove i cristiani sono considerati cittadini di serie B». Ma la repressione passa anche per i luoghi di culto. A testimoniarlo, l'impennata di chiusure, attacchi e distruzioni di chiese ed edifici connessi come scuole e ospedali: 9.488 (contro 1.847 dell'anno precedente), di cui oltre 5.500 nella sola Cina, dove i fedeli cristiani sono in forte aumento, arrivando a essere almeno 90 milioni. Pechino ha messo in atto un sistema di monitoraggio dei fedeli sempre più stringente, attraverso l'uso delle tecnologie biometriche e dell'intelligenza artificiale: oltre a vietare per legge ai minori di 18 anni di frequentare i luoghi di culto cristiani, le autorità cinesi hanno imposto ad alcune chiese di eliminare le croci dagli edifici e di installare sistemi di riconoscimento facciale a cui tutti i fedeli devono sottoporsi.
Angelo Fanizza (Imagoeconomica)
Angelo Fanizza lascia l’Authority per la privacy: tentava di farsi svelare le fonti di «Report».
Francesco Saverio Garofani (Imagoeconomica)
Anziché sugli evidenti risvolti politici, il dibattito sul Quirinale gate si sta concentrando sui dettagli di colore: chi ha parlato? Non manca chi avvalora piste internazionali. Nessuno, tuttavia, sembra chiedersi se quelle dichiarazioni fossero opportune.
Gran parte della stampa non risponde alle logiche dell’informazione ma a quelle del potere. Prendete ad esempio il cosiddetto Garofani-gate. Invece di domandarsi se sia opportuno che una persona chiaramente schierata da una parte continui a ricoprire un ruolo super partes come quello di segretario del Consiglio supremo di Difesa, i giornali si sono scatenati alla ricerca della talpa che ha passato l’informazione.
Roberto Fico (Imagoeconomica)
Crosetto rivela: per il gozzo l’ex presidente della Camera paga 550 euro l’anno. La tariffa normale è dieci volte superiore. E nei prospetti che ha presentato da parlamentare il natante non c’è, alla faccia della trasparenza.
A Napoli si dice «chiagne e fotte»: trattasi di una espressione del dialetto partenopeo che indica una persona che ipocritamente mostra un modo di vivere spartano, gramo, mentre in realtà le cose gli vanno più che bene. In sostanza, chi «chiagne e fotte» adotta una doppia morale, una che vale per come vuole apparire, e una per come è. L’ex presidente della Camera, Roberto Fico, candidato alla presidenza della Regione Campania per il centrosinistra, può essere annoverato, in termini politici, tra i più autorevoli esponenti del «chiagne e fotte». Lui, che il primo giorno da presidente della Camera si fece riprendere mentre viaggiava in autobus; lui, il paladino degli ultimi; lui, il simbolo dell’anticasta, in realtà quando si è trattato di godere di privilegi che ai comuni mortali sono negati, non si è tirato indietro.
Ansa
Le selezioni di ingresso alla facoltà sono l’ennesima figuraccia del sistema universitario. Per la Bernini restano comunque valide.
Certo che poi c’è la malasanità o che i migliori laureati se ne vanno: se l’anticamera è questa roba che si è vista nei test d’ingresso a medicina, il minimo è mettersi le mani nei capelli. La cosa paradossale è stata che gli esaminatori avevano invitato gli studenti ad andare in bagno prima dell’inizio delle prove, «sempre sotto la supervisione di un docente», ci raccontano «poiché durante le pause di 15 minuti tra una prova e l’altra sarebbe stato concesso solo in casi di estrema urgenza».






