Pd e Cgil in piazza contro il decreto Lavoro «che toglie tutele». Ma Elly Schlein e compagni fingono di non sapere che i contratti a tempo li varò Romano Prodi, i voucher li introdusse Elsa Fornero e l’articolo 18 fu smantellato da Matteo Renzi.
Pd e Cgil in piazza contro il decreto Lavoro «che toglie tutele». Ma Elly Schlein e compagni fingono di non sapere che i contratti a tempo li varò Romano Prodi, i voucher li introdusse Elsa Fornero e l’articolo 18 fu smantellato da Matteo Renzi.Il capogruppo del Pd al Parlamento europeo, Brando Benifei, l’altra sera in tv si è scagliato contro il decreto del governo in materia di lavoro. Secondo l’onorevole di stanza a Bruxelles, per colpa dell’attuale esecutivo i giovani si ritroveranno con contratti a termine sempre più precari. Non so se sia dovuto al fatto che gli ultimi dieci anni Benifei li ha trascorsi a Strasburgo, occupandosi dei diritti Lgbt in Ungheria, Polonia e Bulgaria, oppure se sia a causa della sua giovane età, sta di fatto che l’esponente del Partito democratico sembrava non conoscere che i contratti a termine e la precarietà in Italia sono stati introdotti proprio dal suo partito o da quelli che a esso si ispirano. Infatti, basta riavvolgere il nastro per scoprire che con la promessa di «svecchiare il mercato del lavoro» fu il governo Prodi ad aprire alla flessibilità, abbattendo la rigidità dei contratti. Era il 1997 quando le Camere approvarono il cosiddetto Pacchetto Treu, dal nome dell’allora ministro del Lavoro. Non so se questo dica qualche cosa a Benifei, ma la più significativa novità della legge 196, votata oltre un quarto di secolo fa, consistette nell’introduzione nel nostro ordinamento del lavoro interinale, ossia provvisorio. Con le nuove norme si regolarono i contratti a tempo determinato, ampliandone le possibilità di proroga e il lavoro part time. Grazie alla legge Treu si diffusero i contratti Co.co.co, ovvero le collaborazioni coordinate e continuative. In pratica, i contratti a tempo pieno e indeterminato, cioè le assunzioni per la vita a meno che l’azienda non cessasse di esistere, cedettero il passo a figure contrattuali che furono chiamate atipiche, ovvero che non rientravano nello schema generale. Non è finita. Quattordici anni dopo, a spazzare via altre regole che ingessavano il mercato del lavoro, pensò la professoressa Elsa Fornero. Tutti la ricordano per le lacrime versate sulla riforma delle pensioni (ma ne versarono molte di più i lavoratori privati del diritto di andare in pensione e lasciati in mezzo al guado, senza assegno Inps e senza stipendio: i famosi esodati), ma la ministra del Lavoro del governo Monti riformò anche gli ammortizzatori sociali e regolò la flessibilità in uscita, ovvero i licenziamenti. Grazie a lei, che certo non è di centrodestra, venne eliminato l’obbligo di causale per i contratti a tempo indeterminato e per quelli in somministrazione, liberalizzando le collaborazioni occasionali e introducendo l’uso dei voucher, ossia «buoni lavoro» per retribuire le prestazioni accessorie svolte in maniera discontinua e saltuaria fuori dal normale contratto di lavoro. Tralascio la parte riguardante i licenziamenti e le modifiche riguardanti la reintegrazione nel posto di lavoro, ma fu il governo Monti, dopo quello guidato da Prodi, a dare un colpo decisivo all’impianto di norme che regolavano le assunzioni dei dipendenti. E l’esecutivo dei professori non solo fu sostenuto con forza proprio dal Pd, ma ne facevano parte alcuni suoi esponenti. C’è dell’altro. Il povero Benifei, essendo stato eletto europarlamentare nel 2014, deve essersi perso il periodo fondamentale in cui Matteo Renzi divenne presidente del Consiglio e varò il cosiddetto Jobs act. Il capogruppo del Pd a Strasburgo però, dovrebbe ricordare che prima della riforma renziana ci fu un decreto firmato da Giuliano Poletti, all’epoca ministro del Lavoro ed ex capo della Lega Coop. In pratica, con le norme varate da un governo di sinistra e da un ministro di sinistra (secondo il curriculum è stato nel Pci fin dal 1991 e poi ha traslocato nel Pds, quindi nei Ds e infine nel Pd), si è consentito di stipulare contratti a tempo determinato senza obbligo di specificare le motivazioni, una casualità valida anche per il lavoro somministrato. In più, sempre con il decreto Poletti, furono ampliate le possibilità di utilizzo dei voucher e anche innalzato il tetto che prima ne limitava l’uso.Insomma, se c’è qualcuno che in questo Paese non ha titolo per parlare di precarietà e dare lezione ad altri partiti, questo è proprio il Pd e dunque fa un po’ ridere che, a scoppio ritardato, Benifei si scaldi per le nuove misure del governo Meloni. A dire il vero, non è solo il capogruppo del Pd al Parlamento europeo ad avere la memoria corta. Perché da Landini a Camusso per finire ai nuovi vertici del Pd, tutti sembrano essersi scordati il passato. Quando venivano varate le leggi di cui ho parlato, nessuno di loro si scaldava tanto. Però ora, con il senno di poi e il governo di destra, sono pronti a scatenare l’inferno. Del resto, Elly Schlein, la nuova segretaria, se non può parlare dell’Ucraina né del termovalorizzatore o di utero in affitto per non veder andare in frantumi il suo partito, che altro può fare? O fischietta o fa la pasionaria anti precariato. Facendo finta che non siano stati i suoi a crearlo.
Diego Fusaro (Imagoeconomica)
Il filosofo Diego Fusaro: «Il cibo nutre la pancia ma anche la testa. È in atto una vera e propria guerra contro la nostra identità culinaria».
La filosofia si nutre di pasta e fagioli, meglio se con le cotiche. La filosofia apprezza molto l’ossobuco alla milanese con il ris giald, il riso allo zafferano giallo come l’oro. E i bucatini all’amatriciana? I saltinbocca alla romana? La finocchiona toscana? La filosofia è ghiotta di questa e di quelli. È ghiotta di ogni piatto che ha un passato, una tradizione, un’identità territoriale, una cultura. Lo spiega bene Diego Fusaro, filosofo, docente di storia della filosofia all’Istituto alti studi strategici e politici di Milano, autore del libro La dittatura del sapore: «La filosofia va a nozze con i piatti che si nutrono di cultura e ci aiutano a combattere il dilagante globalismo guidato dalle multinazionali che ci vorrebbero tutti omologati nei gusti, con le stesse abitudini alimentari, con uno stesso piatto unico. Sedersi a tavola in buona compagnia e mangiare i piatti tradizionali del proprio territorio è un atto filosofico, culturale. La filosofia è pensiero e i migliori pensieri nascono a tavola dove si difende ciò che siamo, la nostra identità dalla dittatura del sapore che dopo averci imposto il politicamente corretto vorrebbe imporci il gastronomicamente corretto: larve, insetti, grilli».
Leonardo
Il fondo è pronto a entrare nella divisione aerostrutture della società della difesa. Possibile accordo già dopo l’incontro di settimana prossima tra Meloni e Bin Salman.
La data da segnare con il circoletto rosso nell’agenda finanziaria è quella del 3 dicembre. Quando il presidente del consiglio, Giorgia Meloni, parteciperà al quarantaseiesimo vertice del Consiglio di cooperazione del Golfo (Ccg), su espressa richiesta del re del Bahrein, Hamad bin Isa Al Khalifa. Una presenza assolutamente non scontata, perché nella Penisola araba sono solitamente parchi con gli inviti. Negli anni hanno fatto qualche eccezione per l’ex premier britannica Theresa May, l’ex presidente francese François Hollande e l’attuale leader cinese Xi Jinping e poco altro.
Emmanuel Macron (Ansa)
Bruxelles apre una procedura sull’Italia per le banche e tace sull’acciaio transalpino.
L’Europa continua a strizzare l’occhio alla Francia, o meglio, a chiuderlo. Questa volta si tratta della nazionalizzazione di ArcelorMittal France, la controllata transalpina del colosso dell’acciaio indiano. La Camera dei deputati francese ha votato la proposta del partito di estrema sinistra La France Insoumise guidato da Jean-Luc Mélenchon. Il provvedimento è stato approvato con il supporto degli altri partiti di sinistra, mentre Rassemblement National ha ritenuto di astenersi. Manca il voto in Senato dove l’approvazione si preannuncia più difficile, visto che destra e centro sono contrari alla nazionalizzazione e possono contare su un numero maggiore di senatori. All’Assemblée Nationale hanno votato a favore 127 deputati contro 41. Il governo è contrario alla proposta di legge, mentre il leader di La France Insoumise, Mélenchon, su X ha commentato: «Una pagina di storia all’Assemblea nazionale».
Maria Rita Parsi (Imagoeconomica)
La celebre psicologa e psicoterapeuta Maria Rita Parsi: «È mancata la gradualità nell’allontanamento, invece è necessaria Il loro stile di vita non era così contestabile da determinare quanto accaduto. E c’era tanto amore per i figli».
Maria Rita Parsi, celebre psicologa e psicoterapeuta, è stata tra le prime esperte a prendere la parola sulla vicenda della famiglia del bosco.






