Val di Fassa - Gruppo Costabella - Rifugio Bergvagabunden (@Alexander Debiasi)
Una formula unica che si rinnova da trent’anni e che ha già coinvolto oltre 900 artisti da tutto il mondo: è questo il segreto de I suoni delle Dolomiti, festival musicale in quota che quest’anno torna dal 27 agosto al 4 ottobre, con la direzione artistica di Mario Brunello, violoncellista di fama internazionale.
Riccardo De Corato (Imagoeconomica)
L’ex vicesindaco accusa le giunte di sinistra di Giuliano Pisapia e Beppe Sala: «Togliere i presidi militari ha generato più reati e ha lasciato le periferie all’abbandono. La politica “green” ha messo a rischio la sicurezza dei cittadini».
Qual è la lettura sugli ultimi dati relativi alla criminalità a Milano? La percezione di insicurezza dei cittadini rispecchia la realtà?
«Noi abbiamo lasciato nel 2011 una città in cui c’era il 40% di reati in meno. Questo dato, confermato anche dall’allora questore, Vincenzo Indolfi, era dovuto al dislocamento di 430 uomini e donne delle Forze dell’ordine impiegati nell’operazione “Strade sicure”. Quando Giuliano Pisapia si insediò come sindaco, dismise subito quel dispositivo perché la tesi del centrosinistra era che non bisognasse militarizzare Milano. Il risultato? Abbiamo consegnato la città alla delinquenza. E lo si vede dai dati che puntualmente Il Sole 24 Ore pubblica riprendendo le cifre del dipartimento Sicurezza del ministero degli Interni. Il grosso problema è stato l’atteggiamento con cui la sinistra ha affrontato la questione, lasciando la città al rischio dell’islamizzazione».
Sarebbe a dire?
«A Milano ci sono circa 150.000 mussulmani ed esistono dodici moschee abusive, allestite in box e scantinati, e naturalmente non autorizzate. Adesso, il sindaco Beppe Sala ha predisposto la realizzazione di una moschea in via Esterle, nell’area comunale accanto al deposito dell’Atm, quando sul territorio una moschea regolare esiste già ed è quella di Segrate».
Quanti sono i clandestini? Ci sono delle stime?
«Stando agli ultimi dati di cui disponevo, si parla di qualcosa come più di 100.000 immigrati irregolari, tra Milano e Provincia, a fronte di mezzo milione di regolari. E, pur in questa emergenza, c’è chi vuole la chiusura del centro di permanenza per il rimpatrio di via Corelli».
Ultimamente, però, sono stati impiegati militari per pattugliare il territorio.
Il ministro degli Interni, Matteo Piantedosi, ha assegnato alla città 600 militari a presidio dei luoghi sensibili, come consolati, case di magistrati e persone che vivono sotto scorta. Si tratta di un notevole supporto logistico, che consente a polizia e carabinieri di svolgere i loro incarichi regolari e non priva le questure e le caserme di personale altrimenti occupato in servizi di pattugliamento».
Tutto a posto, allora?
«Non esattamente. Dove sono gli oltre 3.200 agenti di polizia locale? Milano è per il terzo anno consecutivo la città con il record di incassi dovuti alle sanzioni. È mai possibile che i vigili urbani vengano impiegati solo per fare le multe? All’epoca in cui ero vicesindaco a Milano erano presenti 19 pattuglie che giravano per tutta la città di notte; oggi ce ne sono sette, che devono controllare 2.000 chilometri di rete stradale. Bastano due o tre incidenti stradali e le pattuglie a disposizione si esauriscono come niente. E un’altra cosa. Il sindaco dice che sono stati assunti 500 nuovi vigili, ma quanti sono andati in pensione nel frattempo? Molti di questi nuovi assunti sono sostitutivi di quelli che hanno terminato il loro servizio».
Come funzionava quando sindaco era Letizia Moratti?
«Avevamo la polizia locale divisa in nuclei specializzati. Operativi 24 ore al giorno. Certo, bisogna pagare gli straordinari notturni».
Di quali nuclei si trattava?
«Erano reparti settorializzati che operavano contro specifici reati: nuclei anti borseggio, anti abusivi, di presidio sui mezzi pubblici, soprattutto di notte. Il nucleo anti occupazione, ad esempio, operava tempestivamente, se c’era una denuncia di occupazione abusiva. E se si opera entro le 48 ore non c’è bisogno dell’ufficiale giudiziario e di quanto ad esso connesso per lo sgombero».
C’erano luoghi dove questo presidio aveva maggiore efficacia?
«Nelle periferie. Pensi a una zona come Corvetto o San Siro, o alla circonvallazione esterna, servita dalle linee di filobus 90 e 91. Si trattava di dispositivi sicuri soprattutto per le aree periferiche e popolari. Oggi, invece, si pensa di spostare il centro sociale Leoncavallo in via San Dionigi, in Corvetto».
Sembra che però a Milano le urgenze siano altre.
«Sono il risultato di una ideologia “green” insensata, che non fa i conti con la sicurezza. Se pensiamo alle piste ciclabili, i dati dicono che sono morti investiti molti più ciclisti durante il mandato di Sala, di quanti non ce ne siano stati quando governavamo noi la città. Questo perché le piste ciclabili, per come sono state disegnate, non sono a norma. Oltre al fatto che hanno dimezzato la capacità di affluenza al traffico automobilistico su diverse arterie, una su tutte corso Buenos Aires».
Che effetto hanno prodotto queste politiche?
«Nella sola zona di Buenos Aires, almeno 50 esercizi commerciali chiusi. Le Aree B e C sono solo soldi che entrano nelle casse del Comune, ma non hanno nessun significato dal punto di vista ambientale. Inoltre, non c’è un servizio di trasporto pubblico adeguato e quello che c’è costa troppo ed è insicuro a tutte le ore del giorno e della notte. Roma, che ha un calibro stradale tre volte superiore a quello di Milano, vende i biglietti dell’Atac a 1,50 euro. Qua i biglietti costano 2,20 euro».
Tra un paio di anni si rinnoverà il Consiglio comunale meneghino. Quali sono le previsioni del centrodestra? Qualche anticipazione sui nomi di possibili candidati?
«È ancora presto. Quando si comincia a parlare di nomi possibili lo si fa per movimentare il dibattito pubblico e per sondare un po’ gli animi. Vedremo a tempo debito».
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Sara Kelany
Conversazione con Sara Kelany, deputato di Fratelli d’Italia e responsabile delle politiche migratorie del partito.
Sara Kelany, ci spiega in cosa consiste la Carta dei doveri dei migranti?
«Noi abbiamo fatto una proposta di legge per modificare una norma relativa al diritto di asilo che prevede che i richiedenti asilo debbano essere edotti dei diritti e dei doveri. Attualmente in sostanza il foglio consegnato ai richiedenti asilo quando arrivano in Italia, ci sono 4 cartelle di diritti e una riga di doveri in cui si spiega che sono tenuti a rispettare le leggi italiane. Noi abbiamo ritenuto di specificare all’interno di questa norma che tra i doveri debbano essere espressamente indicati che rispettino la donna e la parità di genere e che venga espressamente indicato che laddove vengano violate le norme c’è la possibilità di revoca della richiesta di asilo. Con la Carta dei doveri insomma si specifica che quando si arriva sul territorio italiano si devono rispettare le nostre leggi altrimenti si torna a casa propria. Ho ritenuto di dover specificare l’obbligo di rispetto della donna e della parità di genere perché abbiamo troppo spesso assistito a episodi in cui l’ordinamento della Sharia abbia avuto il sopravvento sull’ordinamento nazionale. Donne e bambine maltrattate, velo imposto, bambine costrette a lasciare la scuola e a sposarsi contro la propria volontà, questo per noi non è accettabile».
Cosa è successo con Frontex ed Europol?
«Succede che il garante della privacy europea ha ritenuto di bloccare lo scambio dei dati tra Europol e Frontex ed è un problema che si protrae da due anni. In sostanza i dati personali di potenziali criminali non possono essere trasferiti per motivi di tutela della riservatezza. Europol per cercare di superare le osservazioni che gli impediscono di ricevere i dati che gli servono per combattere la criminalità internazionale ha cambiato il proprio regolamento ma non è stato sufficiente perché il garante della privacy lo ha impugnato portandolo alla Corte di Giustizia europea. Non finisce qui perché io ho partecipato alla riunione di comitato di controllo parlamentare di Europol, un soggetto istituzionale permanente previsto dal TFUE. Il 23 febbraio a Vienna c’è stata una riunione in cui ho chiesto espressamente spiegazioni al garante il quale ha taciuto».
Può avvalersi di non rispondere?
«Lo ha fatto. Io lo considero uno sgarbo istituzionale, quindi ho scritto un’interrogazione ad Europol per chiedere se si fosse risolto il problema e quali fossero eventualmente i sistemi per superare lo stallo. Stessa interrogazione è stata presentata dal gruppo Ecr in Europa. A seguire il dossier è Carlo Fidanza che ha promosso l’iniziativa parlamentare presentandola a Magnus Brunner, Commissario per gli Affari interni e la migrazione».
Le politiche migratorie del governo sono osteggiate da parte della magistratura, ormai è un dato di fatto. Così come è un dato di fatto che però le stesse politiche siano prese ad esempio dai governi di mezzo mondo. Guardando all’Europa basta pensare al laburista Keir Starmer, premier britannico e al futuro cancelliere tedesco Friederich Merz, membro della Cdu e di certo non considerato un pericoloso sovranista. C’è un nesso tra questi due elementi?
«I risultati delle politiche migratorie di questo governo sono talmente tanto sotto gli occhi di tutti, dopo dieci anni di destrutturazione delle politiche migratorie stiamo finalmente arrivando a obiettivo. Il resto del mondo ce lo riconosce».
In Italia il discorso è diverso.
«Una parte della magistratura ha scelto di abbracciare le politiche di contrasto alle politiche migratorie del governo. Non è l’intera magistratura, solo alcuni di loro. Vanno a braccetto con le politiche di opposizione della sinistra italiana che però evidentemente si trova isolato in Europa. Il partito democratico non trova più sponde in Europa».
Non solo in tema di migrazione.
«Il partito democratico è spaccato al suo interno su tanti temi e ha perso i legami anche con i suoi naturali alleati europei. Faccio presente una cosa. La Commissione europea che non può essere tacciata di avere un’estrazione sovranista, di fronte al giudizio pendente della Corte di giustizia sulla questione Paesi sicuri, si è costituita in giudizio aderendo alle posizioni italiane. Questo fa capire quanta ideologia ci sia dietro alla questione migrazione in Italia».
Si attende quindi una decisione della Corte di Giustizia europea, cosa si aspetta?
«Noi ritenendo di aver pedissequamente introdotto all’interno del nostro ordinamento la possibilità di eseguire le procedure accelerate di frontiera, cosa prevista da una direttiva europea del 2013. Consci di essere in linea con il diritto europeo e internazionale, sotto il profilo giuridico non mi attendo sorprese, mi aspetto che la nostra posizione venga accolta. Questo non è tema solo italiano, se si adottasse il principio che stanno imponendo i giudici italiani, si bloccherebbero le procedure di rimpatrio in tutta Europa. I giudici italiani dicono di avere la prerogativa di stabilire quali siano i Paesi sicuri, ma è una prerogativa politica».
Nel parere fornito dal procuratore generale della Corte di Giustizia si sottolinea però che alla magistratura è consentito di decidere caso per caso se il Paese possa essere definito sicuro.
«Ma questo l’Italia lo ha sempre sostenuto. Il potere del magistrato sta nel disciplinare il singolo caso. Non solo ha il diritto ma il magistrato deve decidere sul caso concreto. Se si leggono le ordinanze emesse fin qui, non si tratta mai il caso concreto, allora mi chiedo: ma tu stai tutelando il diritto del migrante o il tuo diritto di fare le leggi al posto dello Stato»?
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Il direttore generale dell'Oms, Tedros Adhanom Ghebreyesus (Getty Images)
Dal 19 al 27 maggio, Ginevra ospiterà la 78ª Assemblea Mondiale della Sanità, un appuntamento cruciale durante il quale i membri dell’Oms si confronteranno sulle principali sfide sanitarie globali. Tuttavia, ancora una volta, Taiwan rischia di essere esclusa da questi importanti lavori. Pubblichiamo l'intervento di Riccardo Tsan-Nan Lin, console e direttore generale ufficio di rappresentanza di Taipei in Italia.