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Matteo Salvini e Galeazzo Bignami (Ansa)
Centrodestra indignato per la decisione del Tribunale di Milano. Salvini: «Faremo tutto il possibile per aiutare “Panorama”». Bignami: «Una condanna incredibile».
L’incredibile decisione del Tribunale di Milano, che ha condannato il nostro direttore Maurizio Belpietro e Panorama a versare 80.000 euro come risarcimento a una serie di Ong per una semplice copertina del settimanale con il titolo «I nuovi pirati», fa insorgere la politica e in particolare il centrodestra. Moltissimi protagonisti politici e istituzionali si sono schierati dalla parte di Panorama e Belpietro, ma soprattutto della libertà di stampa, che ha ricevuto un colpo micidiale da questa paradossale vicenda.
Scende in campo in prima persona il leader della Lega, Matteo Salvini, vicepremier e ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti: «Solidarietà a Panorama e al direttore Maurizio Belpietro», sottolinea Salvini, «condannati per aver detto la verità sulle Ong. La libertà di stampa e di opinione sono sacre e non possono essere imbavagliate: faremo tutto il possibile per aiutare Panorama e la sua redazione». Dal Carroccio arrivano numerose prese di posizione: «Il Tribunale di Milano», argomenta il deputato Igor Iezzi, «ha condannato Maurizio Belpietro e Panorama a risarcire, con 80.000 euro, sette Ong per diffamazione. Il motivo? Un titolo di copertina dove venivano definiti “I nuovi pirati”. Siamo alla follia. Al direttore e al settimanale la nostra piena solidarietà. Siamo certi che gli italiani non si siano dimenticati le dichiarazioni dei vari Casarini e Rackete che poco hanno a che vedere con la legalità e molto con un approccio da “corsaro”. Per la Lega la stampa deve essere libera, e si schiererà sempre contro chi vuole imbavagliarla, soprattutto quando ad essere imbavagliati sono sempre i giornalisti che non si schierano a sinistra». «Esprimo la mia convinta solidarietà a Maurizio Belpietro e alla redazione di Panorama», sottolinea il senatore Gianluca Cantalamessa, «è incredibile che sia stata definita diffamatoria una copertina che indicava come “i nuovi pirati” soggetti che dichiarano apertamente di voler violare le leggi italiane e disobbedire alle autorità quando navigano nel Mediterraneo alla ricerca di migranti. Una decisione del Tribunale di Milano che lascia sconcerto per l’entità della sanzione. Colpisce, come ricorda lo stesso Belpietro, l’enorme disparità di trattamento rispetto ad altri casi: mentre per aver dato dei “bastardi” a Giorgia Meloni e Matteo Salvini», ricorda Cantalamessa, «lo scrittore Roberto Saviano è stato condannato a pagare 1.000 euro, qui ci troviamo di fronte a una cifra molto alta che ha il sapore di un bavaglio alla libera stampa. Non si può essere perseguitati per aver esercitato il diritto di critica verso chi rivendica la violazione delle norme dello Stato». «Piena solidarietà al direttore di Panorama, Maurizio Belpietro, e a tutta la redazione», dichiara il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Alessandro Morelli, «per l’assurda decisione del Tribunale di Milano che ha condannato la testata a risarcire sette Ong per un titolo critico nei loro confronti. Una decisione che non è degna di un Paese democratico e che lede il principio sacrosanto della libertà di stampa tutelato dalla Costituzione. La Lega ed il governo tutto, sono dalla loro parte». Anche Fratelli d’Italia scende in campo ai massimi livelli per far sentire la propria vicinanza a Belpietro e a Panorama, e per esprimere lo sdegno del partito di maggioranza relativa nei confronti di una decisione incomprensibile: «Solidarietà al direttore Belpietro ed a tutta la redazione di Panorama», dice il capogruppo di Fdi alla Camera, Galeazzo Bignami, «che, come racconta in un articolo, è stata condannata a pagare dal Tribunale di Milano 80.000 euro ad alcune Ong come risarcimento per il titolo di una copertina, in cui sotto il titolo “Pirati” si criticava il loro operato attraverso la pubblicazione di documenti riservati. Una vicenda incredibile resa assurda dal fatto che non una parola dell’articolo è stata contestata. Ha ragione il direttore Belpietro, è evidente il tentativo da parte di queste organizzazioni di “tappare la bocca” a chi da tempo denuncia l’operato di alcune Ong in aperta violazione con le leggi nazionali ed a sostegno dei mercanti di uomini. Per questo siamo ancora più vicini al direttore Belpietro e a Panorama e censuriamo con forza questa incredibile condanna». Da Montecitorio a Palazzo Madama, interviene il capogruppo di Fdi al Senato, Lucio Malan: «Manifesta solidarietà a Maurizio Belpietro e alla redazione di Panorama», argomenta Malan, «per l’incredibile vicenda della condanna. Una sorta di lesa maestà delle Ong. La Costituzione tutela la libertà di espressione e queste Ong hanno spesso dichiarato, anche in audizioni in Parlamento, le motivazioni ideologiche e politiche nella loro attività di raccogliere migranti per farli sbarcare in Italia. Se è punibile usare un’espressione, chiaramente evocativa e non letterale, per criticare determinate posizioni politiche, cessa la possibilità di discussione degna di un Paese libero e democratico». Sulla stessa lunghezza d’onda tanti altri esponenti di Fdi, tra i quali il sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro e i parlamentari Sara Kelany, Grazia Di Maggio, Emanuele Loperfido, Alessandro Amorese, Paolo Marcheschi, Riccardo De Corato.
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Maurizio Landini e Rosy Bindi (Ansa)
Oggi la presentazione del gruppo per il No al referendum. Coinvolti pure Arci e Libera.
Alla presenza del segretario confederale della Cgil Christian Ferrari, oggi pomeriggio si terrà la conferenza stampa di presentazione del Comitato promosso dalla società civile a sostegno del No per il referendum costituzionale sui temi della giustizia. I Comitati per il No sono già nella fase operativa della loro campagna contro la modifica scritta dal Guardasigilli Carlo Nordio sulla separazione delle carriere dei magistrati, mentre i partiti sembrano muoversi ancora sottotraccia considerato anche la mancanza della data del referendum, come evidenziato ieri da un emendamento del governo alla legge di Bilancio sulle date delle elezioni del 2026 con alcuni ministri che vorrebbero fissare all’1 marzo le urne e un’altra parte che non vorrebbe ignorare i consigli del presidente Sergio Mattarella, che invita a evitare forzature nel tentativo di accorciare la campagna referendaria.
L’iniziativa con cui scende in campo il sindacato di Maurizio Landini, oggi presso l’Istituto Luigi Sturzo, in via delle Coppelle a Roma «vede coinvolte tantissime associazioni e organizzazioni, a partire da Acli, Anpi, Arci, Libera», come spiega il Comitato, «ed è aperta a tutte le realtà e le personalità della società civile, e ai singoli cittadini che vogliono partecipare e dare un contributo per respingere la legge Nordio». Obiettivo della conferenza stampa illustrare ruoli e funzioni del Comitato, presentate le ragioni, i contenuti e i valori che saranno portati avanti nella campagna referendaria «per fermare il tentativo di colpire l’autonomia e l’indipendenza della magistratura, minando l’equilibrio e il bilanciamento dei poteri disegnato dalle madri e dai padri costituenti». Il Comitato «A difesa della Costituzione e per il No al referendum», già attivo da alcune settimane, per «sensibilizzare l’opinione pubblica sui rischi derivanti dalla riforma costituzionale sulla separazione delle carriere e sull’importanza di preservare l’attuale sistema di garanzie a tutela dei diritti dei cittadini» ha scelto una figura che da anni sostiene di non voler fare più politica e di essersi allontanata dal Pd, Rosy Bindi. Accanto a lei, nel comitato in veste di presidente, anche Giovanni Bachelet, figlio di Vittorio Bachelet, assassinato dalle Brigate Rosse. Non mancano figure pubbliche note, come il premio Nobel Giorgio Parisi, Fiorella Mannoia e l’attore Massimiliano Gallo.
Intanto ieri pomeriggio, sempre nella Capitale, è nato il maxi comitato vicino al centrodestra che sostiene il sì al referendum sulla separazione delle carriere. Si chiama «Sì Riforma» ed è promosso da magistrati, componenti di organi rappresentativi delle giurisdizioni, docenti universitari e avvocati. L’obiettivo è sostenere le ragioni della riforma, che prevede la separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri, l’istituzione di una Corte disciplinare per i magistrati e il sorteggio dei componenti del Consiglio superiore della magistratura. La professione forense è rappresentata ai più alti livelli, dal presidente Cnf Francesco Greco, dal consigliere Vittorio Minervini, che è anche vicepresidente della Fondazione avvocatura italiana, dal coordinatore di Ocf Fedele Moretti e dai presidente delle Camere civili, Alberto Del Noce. Tra i 33 firmatari del Comitato anche Luigi Salvato, che fino a pochi mesi fa ha ricoperto la carica di procuratore generale della Cassazione, e Nicolò Zanon (professore ordinario di Diritto costituzionale ed ex vicepresidente della Corte Costituzionale). Il ruolo di portavoce del comitato è stato attribuito ad Alessandro Sallusti.
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(IStock)
Pubblichiamo le lettere di solidarietà dei lettori al direttore Maurizio Belpietro dopo la condanna del Tribunale di Milano al risarcimento di 80.000 euro per l'inchiesta di Panorama sulle Ong.
Per certe toghe gli attivisti possono tutto
Solidarietà al direttore Belpietro e a Panorama. Ricordo quell’articolo di Fausto Biloslavo sulle Ong. Per questi «giudici» schierati, sinistroidi, i compagni delle Ong possono dire ciò che vogliono e compiere azioni sovversive, ma se un giornale scrive che sono «pirati» è reato, non un’opinione. Una vergogna. Una parte di giudici dovrebbe essere buttata fuori.
Pasquale Ciaccio
Nelle aule latita ogni giustizia
Panorama e il direttore Belpietro condannati perché hanno sottolineato delle verità, definendo le Ong «nuovi pirati». Siamo arrivati ormai oltre il limite della decenza. I verdetti «politici» dilagano in spregio ai più elementari canoni del diritto. D’altra parte, sentenze e giustizia sono da tempo profondamente divise; a questo punto si può togliere dalle aule dei tribunali anche la scritta «la legge è uguale per tutti». Credo che la riforma Nordio in atto sia sicuramente un passo in avanti, ma finché non arriveremo alla responsabilità «diretta» del magistrato, non estirperemo mai definitivamente questo male.
Roberto Lenzi, Milano
Ora ho capito perché votare al referendum
Ho letto la sentenza che impone di pagare 80.000 euro a Panorama per la sua copertina dove le Ong si definivano i «I nuovi pirati», mentre per la dichiarazione di Saviano che definito Matteo Salvini e Giorgia Meloni dei «bastardi» i giudici hanno condannato lo scrittore a risarcire con 1.000 euro di danni entrambi. Se prima avevo dei dubbi a votare sì alla riforma della giustizia, oggi non ho più dubbi. Se questa è giustizia!
Bruno D’Arpino
«Pirati»? Si cerchi il termine in un dizionario
Il giudice di Milano che condanna Panorama a causa dell’uso del termine «pirata» evidentemente non ha consultato i dizionari. Se lo avesse fatto si sarebbe accorto che tale sostantivo viene esteso a chiunque commetta azioni violente in spregio delle leggi tant’è che abbiamo i «pirati dell’aria» e i «pirati della strada». A seguire le indicazioni di tale magistrato allora ogni qualvolta un giornale usa tali denominazioni il soggetto al momento interessato potrebbe ricorrere al tribunale per tutelare la propria reputazione, la cosa sembra un po’ tirata per i capelli. Senza considerare poi che i presunti «diffamati» hanno pubblicamente affermato di operare in spregio delle leggi che essi non riconoscono e che la giustizia, però, dovrebbe far rispettare, indipendentemente dalle visioni personali di chi è chiamato a sentenziare.
Fulvio Bellani
Libertà di parola, due pesi e due misure
Solidarietà al direttore Maurizio Belpietro e alle sue redazioni, gravati da un’ammenda di 80.000 euro per aver definito, nell’esercizio del diritto di cronaca, «pirati» le Organizzazioni non governative che favoriscono l’afflusso incontrollato di clandestini nel Paese. Se il soccorso in mare resta un dovere umanitario imprescindibile, esso diviene tuttavia il corollario di un’immigrazione di massa priva di regole, che finisce per eludere proprio quel quadro normativo che dovrebbe disciplinarla. È difficile non ravvisare una palese asimmetria nell’applicazione del diritto: laddove l’apologia del massacro del 7 ottobre da parte di un imam viene derubricata a legittima espressione del pensiero, l’appellativo di «nuovi pirati» viene sanzionato come un abuso, negando a quest’ultimo quella medesima libertà di stampa che della libera espressione deve essere pilastro fondante. Un paradosso quantomeno singolare.
Carmine Barone
Grave attacco da parte della cricca
La mia più incondizionata solidarietà per l’attacco alla libertà di parola e alla verità dei fatti da voi subito da parte delle cricche immigrazioniste, che operano per la «grande sostituzione dei popoli», e della schieratissima magistratura. A Maurizio Belpietro, a Fausto Biloslavo, a tutti voi: grazie e non mollate.
Antonio de Felip
Vicinanza dal Movimento diritti civili
A nome del Movimento diritti civili, esprimo tutta la mia solidarietà al direttore di Panorama e della Verità, Maurizio Belpietro, per l’ingiusta e assurda condanna che considero pericolosa per la libertà di stampa nel nostro Paese perché non si può condannare, addirittura con una pena pecuniaria così elevata, un giornalista e un giornale per una semplice battuta (quella sui pirati), a cui è stata dedicata una copertina del settimanale. Vorrei dire che non mi sento assolutamente offeso da questa battuta io che, da una vita, sono accanto al popolo dei migranti, un simbolo delle lotte a loro favore, che tanti di loro ho negli ultimi 30 anni salvato (anche in qualche caso collaborando con una Ong), che sono, da oltre 10 anni, dalla tragedia di Lampedusa del 3 ottobre 2013, impegnato a Tarsia, in un luogo fortemente simbolico, vicino l’ex campo di concentramento di Ferramonti, a realizzare la più grande opera umanitaria legata alla tragedia dell’immigrazione, il Cimitero internazionale dei migranti, che darà dignità alla morte delle vittime dei tragici naufragi.
Franco Corbelli
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Ansa
A Riyadh finisce 1-1 nei tempi regolamentari, poi Ravaglia para due rigori e trascina i rossoblù alla prima finale di Supercoppa della loro storia. Lunedì la sfida al Napoli. Italiano: «Questa squadra ha un’anima. Andare sotto dopo due minuti poteva ammazzarci, invece siamo rimasti in partita. Ora ci giochiamo una partita storica».
A volte il calcio ristabilisce una logica. A giocarsi la finale della Supercoppa italiana, lunedì 22 dicembre a Riyadh, saranno Napoli e Bologna: i vincitori dello Scudetto contro i vincitori della Coppa Italia. Una finale inedita, forse non quella desiderata dal pubblico saudita - riempire lo stadio senza il Milan o l'Inter a queste latitudini è assai complicato - ma certamente quella decretata dal campo.
Quel campo che stasera ha premiato un Bologna che dopo lo schiaffo preso in apertura di partita, con il gol di Marcus Thuram arrivato quando il cronometro non era arrivato nemmeno a due minuti, ha saputo ricompattarsi, reagire e giocarsela faccia a faccia con l’Inter. Protagonista assoluto di questa impresa, che comunque andrà la finale contro il Napoli rimarrà nella storia del club felsineo, è stato Federico Ravaglia. L’eroe che non ti aspetti. Il secondo portiere della rosa di Vincenzo Italiano, chiamato a difendere i pali rossoblù per l’infortunio di Skorupski. La risposta non poteva essere delle migliori: tre parate decisive nei 90 minuti regolamentari, di cui due ai limiti del miracoloso, e due rigori neutralizzati a Bastoni e Bonny.
A onor di cronaca va riconosciuto che l’Inter di occasioni per chiuderla prima della lotteria dei rigori ne ha avute molte. A fine partita le statistiche sono emblematiche: 14 tiri totali a dimostrazione del fatto che la squadra di Chivu macina azione offensive ma raccoglie decisamente meno di quanto semina. I nerazzurri vivono ancora di fiammate all’interno della partita e se non capitalizzano quanto costruiscono, contro una squadra ben organizzata e forte come il Bologna può accadere di pagare dazio.
Nel match dell’Al-Awwal Park, davanti a 16.591 spettatori – molti meno rispetto alla prima semifinale – i favori del pronostico erano tutti per l'Inter. In campo, però, il Bologna ha dimostrato ancora una volta di avere anima, organizzazione e carattere, riuscendo a rientrare in una partita che si era compromessa fin da subito. A partire fortissimo, infatti, è stata proprio la squadra nerazzurra che dopo appena due minuti si è portata in vantaggio: Bastoni sfonda a sinistra e pennella sul secondo palo per Thuram, che in acrobazia non lascia scampo a Ravaglia. Sembrava l’inizio di una serata in discesa, confermata subito dopo dalla ripartenza di Bonny (fermato dopo la conclusione fuori di poco dal fuorigioco) e da altre accelerazioni interiste. Ma il Bologna non si è scomposto, è cresciuto e col passare dei minuti ha cominciato a prendere campo. Josef Martinez, schierato titolare al posto di Sommer, ha dovuto opporsi prima a Bernardeschi, ma nulla ha potuto quando al 35', grazie all'intervento del Var, Chiffi ha spedito sul dischetto Orsolini in seguito a un tocco di braccio di Bisseck in area di rigore.
Nella ripresa la partita si è accesa definitivamente, pur rimanendo sull'1-1 fino al fischio finale. L’Inter ha costruito molto, soprattutto sulla corsia sinistra con Dimarco, ma ha sbattuto ripetutamente su Ravaglia. Una nuova svolta sarebbe potuta arrivare al 56', quando Chiffi prima ha assegnato un rigore per un presunto intervento scomposto di Heggem su Bonny, salvo revocarlo dopo il consulto al monitor. Al 70' Chivu ha provato ad aumentare il peso specifico dell'attacco inserendo Lautaro Martinez al posto di un Thuram che dopo il gol iniziale si è eclissato, oltre a Frattesi e Diouf per Mkhitaryan e Luis Henrique. Dall'altra parte Italiano ha rimescolato le carte con Immobile, Ferguson e Fabbian al posto di Castro, Odegaard e Pobega. E le occasioni non sono mancate, da una parte e dall'altra: Lautaro, Dimarco e Zielinski ci hanno provato per l'Inter trovando come ostacolo insormontabile il solito Ravaglia; per il Bologna Fabbian, con un destro a giro dal limite in pieno recupero, ha impegnato in una parata capolavoro Josef Martinez. Ma il risultato non è cambiato e la semifinale si è decisa dal dischetto. Dove al primo round segnano Lautaro e Ferguson. Poi Ravaglia ipnotizza Bastoni e Martinez risponde su Moro. Barella calcia alto e Miranda lo imita. Al quarto rigore Ravaglia para anche il pessimo tiro di Bonny, mentre Rowe non sbaglia e porta avanti il Bologna. Il quinto rigore è quello decisivo: De Vrij, con l'aiuto della traversa, dà ancora una chance all'Inter; ma Immobile, che qui ha già vinto il trofeo nel 2019 con la maglia della Lazio, la mette sotto il sette e fissa l’ultimo sigillo che spedisce per la prima volta nella storia il Bologna in una finale di Supercoppa italiana.
A fine partita c’è amarezza nelle parole di Chivu, che però difende la prestazione: «Mi prendo quello che abbiamo fatto, soprattutto nel secondo tempo. Abbiamo dominato ma sottoporta abbiamo sbagliato. Nel calcio come nella vita si cade e ci si rialza». Italiano, invece, si gode l’impresa: «Questa squadra ha un’anima. Andare sotto dopo due minuti poteva ammazzarci, invece siamo rimasti in partita. Ora ci giochiamo una partita storica». Lunedì, contro il Napoli, il Bologna avrà la possibilità di scrivere una pagina che fino a poco tempo fa sembrava impensabile.
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