2025-06-04
Mentre la Cgil straparla di precari l’occupazione continua a salire
I dati dell’Istat zittiscono Landini: 282.000 posti di lavoro in più del 2024 (record dal 2004). Demonizzare il Jobs act è una follia.Ora chi glielo dice a Maurizio il «rosso» che in Italia c’è il Jobs fact? Gli resta solo di andare in piazza per Gaza e fare un po’ di gazzarra per sostenere che l’emergenza lavoro è così acuta che la «rivolta sociale» è indispensabile. Ieri è successo un fatto davvero «increscioso» per le truppe cammellate dei referendari: Istat batte Cgil 282.000 a zero. Sono i posti di lavoro che si sono creati nel corso dell’anno e c’è per il segretario generale del maggiore sindacato (dei pensionati) italiano un’altra pessima notizia sul report dell’occupazione stilato relativamente ai dati del mese di aprile dall’Istituto di statistica: diminuiscono i precari. Maurizio Landini di certo troverà modo di contestare l’Istat accusandolo di indurre con i numeri all’astensione sul referendum, ma la fotografia dell’occupazione scattata anno su anno testimonia che: «Rispetto ad aprile 2024 ci sono 282.000 occupati in più, frutto di un aumento di 345.000 contratti a tempo indeterminato, 110.000 nuovi lavoratori autonomi e una contrazione di meno 173.000 dipendenti a termine». Il tasso di occupazione perciò si mantiene stabile in aprile rispetto a marzo al 62,7% e con un totale di 24 milioni e 200.000 occupati si conferma il record dal 2004 quando sono cominciate le rilevazioni. A smentire Maurizio Landini, a cui si accoda anche Pierpaolo Bombardieri della Uil, secondo cui il Jobs act al centro di quattro dei cinque quesiti referendari di domenica e lunedì - il quinto ha per oggetto il dimezzamento del tempo di attesa per la cittadinanza con lo scopo di dare alla sinistra la speranza di allargare la propria base elettorale - ha provocato la precarizzazione del lavoro ci sono altre cifre. Ad aprile il tasso di disoccupazione giovanile è sceso al 19,2% (meno 1,2% sul mese precedente) mentre quello generale sta al 5,9%. Confrontando il trimestre febbraio-aprile 2025 con quello precedente (novembre 2024-gennaio 2025), si registra un aumento di 96.000 occupati (+0,4%). A crescere sono le donne, gli ultracinquantenni e la fascia d’età tra 24 e 35 anni che fanno salire il tasso di occupazione su base annua di mezzo punto percentuale, anche se diminuisce il numero di chi è in cerca di lavoro (-12,2%, pari a meno 209.000 unità) e cresce quello degli inattivi tra i 15 e i 64 anni (+0,1%, pari a +14.000). Significa che non tutti i problemi sono risolti; certamente - da monitorare l’andamento nella fascia di età intermedia tra 35 e 49 anni mentre la flessione degli occupati tra 15 e 24 anni è influenzata dal tasso di scolarità - resta la questione dei bassi salari e del cosiddetto lavoro povero che la Cgil, altro cavallo di battaglia azzoppato, vorrebbe risolvere col salario minimo. Su questo refrain si è accodata Elly Schlein - ieri si è tinta di rosso una ciocca di capelli per un fioretto fatto quando è diventata segretario del Pd e che ora ha qualcosa di scaramantico visto che sono tutti convinti che Landini che dovrà lasciare la Cgil per raggiunti limiti di mandato, punti alla segreteria del Pd - non tenendo conto che la stessa Cgil ha firmato 22 contratti per otre 2 milioni di lavoratori dove la paga oraria è largamente al di sotto dei fatidici 9 euro lordissimi all’ora. Un’altra obiezione che può essere mossa al pasionario dei referendum - Maurizio Landini non spiega perché si è svegliato ora: il Jobs act fu varato nel 2016 da Matteo Renzi allora segretario del Pd e presidente del Consiglio dieci anni fa - riguarda proprio gli stipendi. Il ministro della Pubblica amministrazione, Paolo Zangrillo (FI), ha fatto sapere che gli aumenti di salario dei dipendenti pubblici - in media del 9% - sono fermi perché Cgil e Uil, al contrario della Cisl che ha aderito alla proposta contrattuale, non firmano l’intesa e il titolare di Palazzo Vidoni è stato chiaro: «Finirà che metteremo i soldi in busta paga senza l’assenso dei sindacati, non si può aspettare all’infinito anche perché c’è il rischio che il ministero dell’Economia ci revochi le risorse non spese». Sotto referendum questi aumenti per Elly Schlein, Giuseppe Conte, la coppia di fatto Bonelli-Fratoianni, sono rischiosissimi anche perché verrebbe facile obiettare: avete governato a lungo perché non avete varato né il salario minimo, né riformato il Jobs act? Un tema che è sul tavolo a fronte delle giaculatorie sui salari bassi. Rispetto ai quali il governo può relativamente poco. Si è impegnato col taglio del cuneo fiscale (gli effetti si vedranno con la busta paga di giugno) a generare «aumenti indiretti» dei salari, ma le condizioni perché crescano gli stipendi sono due: incremento di produttività e capacità contrattuale dei sindacati. Maurizio Landini forse dovrebbe guardarsi allo specchio e fare meno campagna referendaria e più attività contrattuale perché sul fronte della produttività l’Italia qualche passo avanti lo ha fatto. Avere raggiunto il Pil pro capite della Francia (il gap era di 10 punti nel 2020) e aver dimezzato la differenza con la Germania (dal 24,3 al 13,9%) qualcosa significa e certo è frutto sia del Pnrr, ma anche di politiche di sostegno all’economia. Solo che Maurizio Landini s’illude di poter aumentare i salari per referendum. Magari ci riesce, ma solo col suo.
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