2023-12-28
Nuovo blitz a messa: stavolta per la Palestina
Lo striscione all'interno del Duomo di Bolzano
Dopo gli ecologisti a Padova, attivisti pro Gaza a Bolzano. È la conseguenza di aver politicizzato la fede.«A Gaza c’è un genocidio. Il Natale è annullato», si legge sullo striscione srotolato davanti ai fedeli, proprio di fronte all’altare dove il vescovo di Bolzano, Ivo Muser, sta celebrando la messa. Così, simbolicamente, la chiamata umana cerca di sostituirsi a quella divina, la lotta politica prende il posto dell’Eucarestia. Cose che accadono, oggi, e non suscitano neanche grande indignazione, segno non solo dell’eclissi del sacro ma forse anche dello scoloramento della Chiesa dentro le vicende del mondo. Tuttavia le leggi, che ancora non si sono adeguate a simili costumi, prevedono fino a due anni di reclusione per questo genere di reati. Un Natale violato. Dapprima a Padova, dove alcuni esponenti di Ultima generazione hanno interrotto la tradizionale messa di mezzanotte, ritenendo che la loro indignazione fosse più importante del rito in corso. «Gesù nasce, il pianeta muore», recitavano i cartelli sbandierati mentre il popolo cattolico celebrava la venuta di Cristo. Poi a Bolzano, dove un gruppo di attivisti non si è fatto alcun tipo di scrupolo a sospendere la solenne liturgia natalizia per accampare qualche slogan in difesa del popolo palestinese. I nostri eroi si sono introdotti all’interno del Duomo, nel pieno delle celebrazioni del 25 mattina, per attirare l’attenzione dei fedeli su quanto in corso a Gaza. Un contributo che devono aver reputato essenziale per rendere i presenti edotti di quanto avviene nel mondo. «A Gaza c’è un genocidio. Il Natale è annullato», declama lo striscione esposto, che poi conclude con un’invocazione in tedesco per una Palestina libera. Un’immagine che va apprezzata anche nel suo valore simbolico, in cui lo sguardo dei fedeli è stato costretto a fissare, invece che l’immutabile verità della Rivelazione, le mutevoli - per quanto drammatiche - situazioni contingenti. Al termine della protesta, il vescovo officiante Ivo Muser ha proseguito la liturgia da dove si era interrotta. «Auguro a tutti noi di trovare parole oneste e sincere l’uno per l’altro e non parole che feriscono e distruggono ponti», ha poi aggiunto nel commentare l’accaduto. Costoro che, senza alcun timore, hanno deciso di violare un rito sacro sapranno certamente che il Natale non è stato annullato nemmeno nella striscia di Gaza, dove le comunità cristiane continuano, anche sotto le bombe, a celebrare la messa. Come neppure è stato annullato a Betlemme, autonomia palestinese a Sud di Gerusalemme, dove il cardinal Pierbattista Pizzaballa ha regolarmente presieduto alla solennità natalizia, pregando per il cessate il fuoco e per la pace. Grazie alle immagini, la Digos ha poi identificato i due uomini e le due donne responsabili dell’accaduto, ora denunciati per interruzione di celebrazione religiosa. La legge italiana prevede pene fino ai due anni di carcere per questo genere di reati. «Dobbiamo interrompere la normalità, ci dispiace ma la gravità di quanto succede ce lo impone. Palestina libera», pare abbiano detto al termine del blitz. Tolto il fatto che in Italia, se interrompi una celebrazione ebraica, è antisemitismo, se disturbi una preghiera islamica è islamofobia e, se violi la messa, è un blitz di attivisti, resta da chiedersi come si sia arrivati a una tale carenza di sensibilità da ritenere anche solo immaginabili simili gesti. Viene il sospetto che certe derive pastorali e sbandate dottrinali possano aver in qualche modo contribuito a questo progressivo intendere la Chiesa come soggetto politico tra i tanti. La divisione tra potere temporale e potere spirituale, istituita nei vangeli dallo stesso Gesù, ha sempre rappresentato una tutela nei confronti di entrambe le forme, per non confondere i due rispettivi oggetti: la realtà mutevole per il primo, le verità eterne per il secondo. Ciò non significa che il cristianesimo non abbia la pretesa di trasformare ogni ambito della vita e, quindi, di orientare anche l’attività politica, ma ciò dovrebbe avvenire in un percorso di attrazione del mondo verso Dio e non viceversa. Assimilare la pastorale alle missioni umanitarie, magari sostenendo Ong dai comportamenti quantomeno ambigui, appiattire il cristianesimo sulle questioni sociali (per quanto la carità sia una virtù ineludibile), annacquare le verità rivelate con una spruzzata di inclusione lgbt potrebbero forse aver contribuito, sicuramente senza volerlo, a derubricare nella mente di qualcuno la Chiesa a soggetto completamente storico, e dunque politico. Si potrebbe obiettare che questo aspetto è sempre esistito, ma basterebbe frequentare la maggior parte delle messe che vengono celebrate nelle diocesi italiane per accorgersi dello stato in cui versa, purtroppo, anche la liturgia. Nessuno discute la costante necessità nella storia di ritradurre le verità rivelate in un linguaggio comprensibile al tempo presente. Ma rendere fruibile non significa adattarsi alle mode del tempo. Altrimenti non c’è da stupirsi se accadono fatti come questi.
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