2018-04-06
Nuovi «dubia» tedeschi, il Papa non ha pace
Sette vescovi bavaresi scrivono in Vaticano chiedendo chiarimenti sulla decisione di dare la comunione a protestanti sposati con cattolici. Si spacca la Chiesa da sempre più vicina alle istanze riformatrici di Francesco, che stavolta pare voglia rispondere.Si potrebbero definire dubia alla tedesca, per riprendere quei dubbi a suo tempo presentati al Papa da quattro cardinali sulle aperture all'eucaristia per i divorziati risposati. Non c'è pace per Francesco che in questi ultimi tempi si trova a dover fronteggiare una serie di grane che sembrano non finire e che mettono in dubbio molte delle sue iniziative.Questa volta la spaccatura è nel cuore della chiesa tedesca, una delle più vicine alle spinte riformatrici del Papa. Sette vescovi bavaresi, senza avvisare il presidente dei vescovi tedeschi, cardinale Rehinard Marx, hanno firmato una lettera di richiesta di chiarimenti e l'hanno inviata a Roma al prefetto della congregazione per la Dottrina della fede, monsignor Luis Ladaria Ferrer, e al cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per l'unità dei cristiani. Il tono delle tre pagine di cui è composta la lettera è quello di avere un chiarimento sulla possibilità di dare, «in certi casi», la comunione a protestanti sposati con cattolici, come prospettato da un documento di indirizzo approvato il 22 febbraio scorso dalla Conferenza episcopale tedesca.La lettera porta la firma pesante del cardinale di Colonia, Rainer Maria Woelki, a cui si aggiungono quelle dei vescovi Ludwig Schick, arcivescovo di Bamberg, Konrad Zdarsa, vescovo di Augsburgo, Gregor Maria Hanke, vescovo di Eichstätt, Stefan Oster, vescovo di Passau, Rudolf Voderholzer, vescovo di Ratisbona e, infine, Wolfgang Ipolt, vescovo di Görlitz. Quindi è dal cuore della Baviera cattolica, la stessa regione del cardinale presidente Rehinard Marx, vescovo di Monaco, che si alza la voce per vederci chiaro; nel contesto di una chiesa tedesca da tempo sbilanciata sulle aperture, soprattutto nella dottrina morale: dall'eucaristia ai divorziati risposati, alla contraccezione chimica, fino alle benedizioni delle coppie gay. La lettera datata 22 marzo 2018 chiede se una decisione come quella di concedere la comunione ai coniugi protestanti in matrimoni interconfessionali possa essere decisa a livello di vescovi nazionali «o se piuttosto» è necessaria una decisione della Chiesa universale «in materia». In una successiva dichiarazione fornita dalla diocesi di Colonia, si precisa che per i firmatari la questione «è di una tale centralità per la fede e l'unità della chiesa» che occorre arrivare a una decisione «della Chiesa universale». Il cardinale Marx, che è anche uno dei 9 porporati scelti dal Papa per aiutarlo a governare la Chiesa, ha preso anche lui carta e penna e il 4 aprile ha risposto ai confratelli rimandando al mittente i dubbi. Per Marx la decisione maturata dopo un «dibattito ampio e controverso» riguarda un «grave bisogno spirituale derivante dalla vita coniugale» in un matrimonio interconfessionale e che «può sorgere in singoli casi»; inoltre, ribadisce la liceità di una decisione presa a livello di Chiesa locale. L'azione della conferenza dei vescovi tedeschi, tiene a sottolineare il cardinale, è di rispondere all'«incoraggiamento del papa Francesco a compiere ulteriori passi nell'ecumenismo e nella pastorale».Comunque, secondo alcune indiscrezioni, sembra che i dicasteri vaticani chiamati in causa dai sette vescovi stiano elaborando una risposta, e forse rispetto ai dubia dei cardinali questa volta non ci sarà il silenzio da parte della Santa Sede. Lo scorso febbraio il cardinale Marx, presentando il documento controverso alla stampa, si era premurato di spiegare che non si vuole toccare la dottrina, ma solo offrire soluzioni pastorali e che comunque l'accesso alla comunione sarebbe stato riservato solo a chi si fosse sottoposto a un serio discernimento. «Caso per caso», discernimento, maggiore ruolo delle conferenze episcopali, cambiamento che si vuole solo pastorale e non dottrinale, sono tutti elementi chiave del pontificato di Bergoglio. A metterli in questione questa volta sono sette vescovi tedeschi, che si aggiungono a una lunga fila di prelati dubbiosi a vari livelli. Per il caso sollevato dalla lettera tedesca, il cardinale Gerhard Muller, ex prefetto alla Dottrina della fede, aveva parlato di «trucchi retorici» relativamente alle condizioni menzionate nel documento aperturista approvato dalla conferenza episcopale nel febbraio scorso. Allo stesso modo i quattro cardinali dei dubia sull'esortazione Amoris laetitia chiedevano chiarimenti per evitare ambiguità nella prassi della chiesa in rapporto alla dottrina. Cresce ogni giorno la protesta contro una Chiesa liquida come il mondo, ora anche dal cuore della Chiesa tedesca.
Il simulatore a telaio basculante di Amedeo Herlitzka (nel riquadro)
Gli anni Dieci del secolo XX segnarono un balzo in avanti all’alba della storia del volo. A pochi anni dal primo successo dei fratelli Wright, le macchine volanti erano diventate una sbalorditiva realtà. Erano gli anni dei circuiti aerei, dei raid, ma anche del primissimo utilizzo dell’aviazione in ambito bellico. L’Italia occupò sin da subito un posto di eccellenza nel campo, come dimostrò la guerra Italo-Turca del 1911-12 quando un pilota italiano compì il primo bombardamento aereo della storia in Libia.
Il rapido sviluppo dell’aviazione portò con sé la necessità di una crescente organizzazione, in particolare nella formazione dei piloti sul territorio italiano. Fino ai primi anni Dieci, le scuole di pilotaggio si trovavano soprattutto in Francia, patria dei principali costruttori aeronautici.
A partire dal primo decennio del nuovo secolo, l’industria dell’aviazione prese piede anche in Italia con svariate aziende che spesso costruivano su licenza estera. Torino fu il centro di riferimento anche per quanto riguardò la scuola piloti, che si formavano presso l’aeroporto di Mirafiori.
Soltanto tre anni erano passati dalla guerra Italo-Turca quando l’Italia entrò nel primo conflitto mondiale, la prima guerra tecnologica in cui l’aviazione militare ebbe un ruolo primario. La necessità di una formazione migliore per i piloti divenne pressante, anche per il dato statistico che dimostrava come la maggior parte delle perdite tra gli aviatori fossero determinate più che dal fuoco nemico da incidenti, avarie e scarsa preparazione fisica. Per ridurre i pericoli di quest’ultimo aspetto, intervenne la scienza nel ramo della fisiologia. La svolta la fornì il professore triestino Amedeo Herlitzka, docente all’Università di Torino ed allievo del grande fisiologo Angelo Mosso.
Sua fu l’idea di sviluppare un’apparecchiatura che potesse preparare fisicamente i piloti a terra, simulando le condizioni estreme del volo. Nel 1917 il governo lo incarica di fondare il Centro Psicofisiologico per la selezione attitudinale dei piloti con sede nella città sabauda. Qui nascerà il primo simulatore di volo della storia, successivamente sviluppato in una versione più avanzata. Oltre al simulatore, il fisiologo triestino ideò la campana pneumatica, un apparecchio dotato di una pompa a depressione in grado di riprodurre le condizioni atmosferiche di un volo fino a 6.000 metri di quota.
Per quanto riguardava le capacità di reazione e orientamento del pilota in condizioni estreme, Herlitzka realizzò il simulatore Blériot (dal nome della marca di apparecchi costruita a Torino su licenza francese). L’apparecchio riproduceva la carlinga del monoplano Blériot XI, dove il candidato seduto ai comandi veniva stimolato soprattutto nel centro dell’equilibrio localizzato nell’orecchio interno. Per simulare le condizioni di volo a visibilità zero l’aspirante pilota veniva bendato e sottoposto a beccheggi e imbardate come nel volo reale. All’apparecchio poteva essere applicato un pannello luminoso dove un operatore accendeva lampadine che il candidato doveva indicare nel minor tempo possibile. Il secondo simulatore, detto a telaio basculante, era ancora più realistico in quanto poteva simulare movimenti di rotazione, i più difficili da controllare, ruotando attorno al proprio asse grazie ad uno speciale binario. In seguito alla stimolazione, il pilota doveva colpire un bersaglio puntando una matita su un foglio sottostante, prova che accertava la capacità di resistenza e controllo del futuro aviatore.
I simulatori di Amedeo Herlitzka sono oggi conservati presso il Museo delle Forze Armate 1914-45 di Montecchio Maggiore (Vicenza).
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