
Approvato il disegno di legge delega che prevede tempi certi e un’Autorità di controllo.L’Italia potrebbe avere i primi reattori nucleari già nel 2030. Una delle obiezioni che spesso si fanno quando viene rilanciata l’opzione dell’energia nucleare è che i tempi sono eccessivamente lunghi. Una tesi destinata a cadere se, come ha annunciato il ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin, i primi impianti di nuova generazione sarebbero pronti tra soli cinque anni.È quanto prevede il disegno di legge delega varato ieri dal Consiglio dei ministri insieme al decreto bollette di sostegno a famiglie in difficoltà e a imprese. Due pilastri di una stessa strategia che punta ad aiutare nell’immediato le categorie più deboli ma guarda avanti nel creare le condizioni affinché il nostro Paese raggiunga l’indipendenza e il contenimento dei costi energetici per i clienti finali domestici e non domestici.Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge, dovranno essere emanati i decreti legislativi, con l’obiettivo di disciplinare la produzione di energia attraverso i nuovi moduli, lo smantellamento delle vecchie centrali, la gestione dei rifiuti e del combustibile esaurito, la ricerca sull’energia da fusione e la riorganizzazione di competenze e funzioni, anche mediante riordino e modificazioni della normativa vigente. E prevista l’istituzione di una Autorità indipendente per sicurezza, vigilanza e controllo, il cui perimetro non è ancora stato definito.Con il nucleare di nuova generazione, insieme alle rinnovabili, «saremo in grado di raggiungere gli obiettivi della decarbonizzazione (fissati dalle politiche europee al 2050), garantendo la piena sicurezza energetica del Paese. Così l’Italia è pronta ad affrontare le sfide del futuro», ha spiegato Pichetto Fratin sottolineando che così si archivia il passato che portò al referendum. «È una completa rottura rispetto alle esperienze precedenti: guardiamo a fusione e a fissione di nuova generazione con strumenti completamenti diversi rispetto alle grandi centrali», ha aggiunto Pichetto. Il vicepremier e ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha parlato di «giornata storica» e ha invitato gli italiani «a guardare a questo provvedimento con uno spirito propositivo e non pregiudiziale: di fronte non c’è il vecchio nucleare del passato, ma una fonte innovativa, pulita e sicura». «Il governo ha approvato un importante provvedimento per garantire energia sicura, pulita, a basso costo, capace di assicurare sicurezza energetica e indipendenza strategica all’Italia», ha detto il premier Giorgia Meloni.I decreti legislativi si occuperanno dell’intero ciclo di vita della nuova energia sostenibile, «con la stesura di un Programma nazionale: dalla sperimentazione, localizzazione, costruzione ed esercizio dei nuovi moduli al tema della fabbricazione e riprocessamento del combustibile che sarà affrontato in una visione di economia circolare». La delega servirà anche a formare nuovi tecnici e figure professionali del settore, individuare benefici per i territori interessati. Pichetto Fratin ha spiegato inoltre che la stima rispetto all’operatività dei primi impianti di nuova generazione arriva «dalla Piattaforma nazionale per un nucleare sostenibile e dagli elementi che provengono dai vari centri di ricerca. Il Pniec (il Piano energia e clima) ha previsto il prossimo decennio; gli analisti dicono i reattori di nuova generazione, verso il 2030. Il nuovo nucleare dovrà assicurare energia sufficiente a prezzi accessibili, con un contenimento dei costi energetici e il rafforzamento della competitività del sistema».Nel disegno di legge delega si legge anche che saranno previste «adeguate garanzie finanziarie, con oneri esclusivamente a carico del soggetto abilitato, per la gestione dell’intero ciclo di vita dell’impianto medesimo, anche tramite costituzione di uno o più fondi destinati alla copertura dei costi per la disattivazione degli impianti stessi e per la gestione dei rifiuti radioattivi e del combustibile nucleare esaurito fino allo smantellamento finale». Ora la parola passa al Parlamento.
Lo scorso 25 novembre è stata presentata alla Fao la campagna promossa da Focsiv e Centro sportivo italiano: un percorso di 18 mesi con eventi e iniziative per sostenere 58 progetti attivi in 26 Paesi. Testimonianze dal Perù, dalla Tanzania e da Haiti e l’invito a trasformare gesti sportivi in aiuti concreti alle comunità più vulnerabili.
In un momento storico in cui la fame torna a crescere in diverse aree del pianeta e le crisi internazionali rendono sempre più fragile l’accesso al cibo, una parte del mondo dello sport prova a mettere in gioco le proprie energie per sostenere le comunità più vulnerabili. È l’obiettivo della campagna Sport contro la fame, che punta a trasformare gesti atletici, eventi e iniziative locali in un supporto concreto per chi vive in condizioni di insicurezza alimentare.
La nuova iniziativa è stata presentata martedì 25 novembre alla Fao, a Roma, nella cornice del Sheikh Zayed Centre. Qui Focsiv e Centro sportivo italiano hanno annunciato un percorso di 18 mesi che attraverserà l’Italia con eventi sportivi e ricreativi dedicati alla raccolta fondi per 58 progetti attivi in 26 Paesi.
L’apertura della giornata è stata affidata a mons. Fernando Chica Arellano, osservatore permanente della Santa Sede presso Fao, Ifad e Wfp, che ha richiamato il carattere universale dello sport, «linguaggio capace di superare barriere linguistiche, culturali e geopolitiche e di riunire popoli e tradizioni attorno a valori condivisi». Subito dopo è intervenuto Maurizio Martina, vicedirettore generale della Fao, che ha ricordato come il raggiungimento dell’obiettivo fame zero al 2030 sia sempre più lontano. «Se le istituzioni faticano, è la società a doversi organizzare», ha affermato, indicando iniziative come questa come uno dei modi per colmare un vuoto di cooperazione.
A seguire, la presidente Focsiv Ivana Borsotto ha spiegato lo spirito dell’iniziativa: «Vogliamo giocare questa partita contro la fame, non assistervi. Lo sport nutre la speranza e ciascuno può fare la differenza». Il presidente del Csi, Vittorio Bosio, ha invece insistito sulla responsabilità educativa del mondo sportivo: «Lo sport costruisce ponti. In questa campagna, l’altro è un fratello da sostenere. Non possiamo accettare che un bambino non abbia il diritto fondamentale al cibo».
La campagna punta a raggiungere circa 150.000 persone in Asia, Africa, America Latina e Medio Oriente. Durante la presentazione, tre soci Focsiv hanno portato testimonianze dirette dei progetti sul campo: Chiara Concetta Starita (Auci) ha descritto l’attività delle ollas comunes nella periferia di Lima, dove la Olla común 8 de octubre fornisce pasti quotidiani a bambini e anziani; Ornella Menculini (Ibo Italia) ha raccontato l’esperienza degli orti comunitari realizzati nelle scuole tanzaniane; mentre Maria Emilia Marra (La Salle Foundation) ha illustrato il ruolo dei centri educativi di Haiti, che per molti giovani rappresentano al tempo stesso luogo di apprendimento, rifugio e punto sicuro per ricevere un pasto.
Sul coinvolgimento degli atleti è intervenuto Michele Marchetti, responsabile della segreteria nazionale del Csi, che ha spiegato come gol, canestri e chilometri percorsi nelle gare potranno diventare contributi diretti ai progetti sostenuti. L’identità visiva della campagna accompagnerà questo messaggio attraverso simboli e attrezzi di diverse discipline, come illustrato da Ugo Esposito, Ceo dello studio di comunicazione Kapusons.
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Mark Zuckerberg (Getty Images)
Un mio profilo è stato cancellato quando ho pubblicato dati sanitari sulle pratiche omoerotiche. Un altro è stato bloccato in pandemia e poi eliminato su richiesta dei pro Pal. Ne ho aperto un terzo: parlerò dei miei libri. E, tramite loro, dell’attualità.
Se qualcosa è gratis, il prodotto siamo noi. Facebook è gratis, come Greta è pro Lgbt, pro vax, anzi anti no vax, e pro Pal. Se sgarri, ti abbatte. Il mio primo profilo Facebook con centinaia di migliaia di follower è stato cancellato qualche anno fa, da un giorno all’altro: avevo riportato le statistiche sanitarie delle persone a comportamento omoerotico, erroneamente chiamate omosessuali (la sessualità è una funzione biologica possibile solo tra un maschio e una femmina). In particolare avevo riportato le statistiche sanitarie dei maschi cosiddetti «passivi».
A Fuori dal coro Raffaella Regoli mostra le immagini sconvolgenti di un allontanamento di minori. Un dramma che non vive soltanto la famiglia nel bosco.
Le persone sfollate da El Fasher e da altre aree colpite dal conflitto sono state sistemate nel nuovo campo di El-Afadh ad Al Dabbah, nello Stato settentrionale del Sudan (Getty Images)
Donald Trump torna a guardare all’Africa. Il presidente americano si è infatti impegnato ad agire per cercare di portare a termine il sanguinoso conflitto civile che agita il Sudan da oltre due anni.
«Pensavo fosse solo una cosa folle e fuori controllo. Ma ora capisco quanto sia importante per te e per molti dei tuoi amici qui presenti il Sudan. E inizieremo a lavorare sul Sudan», ha dichiarato l’inquilino della Casa Bianca, rivolgendosi al principe ereditario saudita, Mohammad bin Salman. Ricordiamo che la guerra civile in corso è esplosa nell’aprile del 2023 tra le Forze armate sudanesi e il gruppo paramilitare Rapid Support Forces. Secondo The Hill, «più di 150.000 persone sono morte nel conflitto, circa 14 milioni sono state sfollate e si prevede che circa metà della popolazione di 50 milioni di persone soffrirà la fame quest'anno».






