2022-04-24
Nordafrica verso la crisi alimentare. Rischiamo lo stop al gas e l’invasione
La scarsità di oli vegetali, semi e soia può destabilizzare Tunisia, Egitto e Algeria. Con ripercussioni sui flussi migratori e gli accordi energetici. Allarme anche per l’alluminio: nuove sanzioni faranno schizzare i prezzi.Con la guerra in Ucraina, sono in molti a preoccuparsi di dove reperire il gas che ci servirà a scaldarci il prossimo inverno. Peccato che il tema energetico sia solo una parte del problema. A impensierire l’economia mondiale e in particolare quella dei Paesi meno sviluppati c’è la carenza di materie prime alimentari. Un grattacapo non da poco che potrebbe destabilizzare proprio molte delle economie da cui noi speriamo di comprare gas, come Algeria, Angola, Egitto e Paesi limitrofi. La questione è molto seria: diversi Paesi produttori di materie prime alimentari stanno scegliendo di chiudere le esportazioni in attesa di tempi migliori. Questo, in poche parole, significa che la crisi in Russia metterà il turbo alla fame nel mondo destabilizzando molte economie e portando ancora più clandestini verso le aree più sviluppate, Italia inclusa. «La crisi di materie prime alimentari potrebbe diventare una vera e propria bomba per l’immigrazione», dice alla Verità, Gianclaudio Torlizzi, fondatore di T-Commodity, società di consulenza nel settore delle materie prime. «Rientra nei piani di Putin per destabilizzare l’Europa scardinando certi equilibri. Il via a tutto questo è stato dato dalla fine della distribuzione di fertilizzanti», spiega. Il primo Paese ad aver abbassato la serranda delle esportazioni di oli alimentari venerdì 22 è l’Indonesia. Per intenderci, questo significa dire addio a un terzo delle esportazioni di oli vegetali nel mondo. Una quantità difficile da reperire altrove. A soffrirne più di tutti saranno India e Cina, tra i due maggiori compratori, ma anche diversi Paesi africani e - in parte minore - anche le economie sviluppate come Stati Uniti, Gran Bretagna. L’impatto peggiore, insomma, sarà per i Paesi meno sviluppati che sono grandi consumatori di oli vegetali dal prezzo basso come quello di palma. In un colpo solo, il mondo dovrà quindi fare a meno di 30,5 milioni di tonnellate di olio vegetale, in particolare proprio di olio di palma. Oltre all’Indonesia, poi, c’è carenza di soia in arrivo dal Sud America e di olio di Canola, prodotto in Canada. Il primo effetto di tutto questo è che il prezzo delle materie prime ancora disponibili è salito alle stelle. I futures sulla soia negli Stati Uniti, ad esempio, già raddoppiati dall’inizio 2021 per la forte domanda di biocarburanti, con la guerra in Ucraina hanno raggiunto livelli che non si vedevano da tempo. Lo stesso vale per l’olio di girasole. L’olio di palma, poi, il vero protagonista di questa crisi, è già salito del 50% in Asia e del 55% in Europa. Non ci è voluto molto per vedere i primi Paesi capitolare. La prima vittima è lo Sri Lanka che dal 12 aprile è entrato ufficialmente in default annunciando che avrebbe sospeso i pagamenti sui 35 miliardi di dollari che il governo deve ai creditori stranieri. Nel Paese asiatico i prezzi degli alimenti sono aumentati di quasi il 20% nel 2022. Secondo gli esperti, purtroppo, la lista è ancora lunga. I prossimi Paesi a finire in ginocchio per la scarsità e i costi delle materie prime alimentari alle stelle potrebbero essere la Tunisia, il Pakistan e il Ghana. Ma non solo. A Tunisi e dintorni, ad esempio il 50% del fabbisogno nutritivo di base, come cereali, olio vegetale, carne, verdure arrivano dall’estero. Questo significherà che la popolazione finirà per essere stremata da scarsità di cibo che porterà solo maggiore instabilità e rivolte. Il punto è che questi problemi non riguardano mai solo i Paesi più colpiti e poveri, ma finiscono per riflettersi anche sull’Italia. Il primo timore è che l’instabilità portata dalla scarsità di materie prime alimentari, con ogni probabilità, finirà anche sulle spalle dei Paesi da cui noi speriamo di acquistare gas. In parole povere, se questi governi dovessero crollare sarebbero comunque in grado di onorare gli accordi preliminari che l’Italia ha per comprare gas? «Tra i Paesi più a rischio per le materie prime alimentari ci sono proprio Egitto, Algeria e Tunisia», spiega alla Verità Massimo Siano, responsabile per il Sud Europa di 21Shares. «L’Ucraina, oltre a essere il granaio d’Europa, faceva anche semi di soia e di girasole. Si tratta di un problema di cui il mondo soffrirà a lungo, anche perché certi blocchi alla commercializzazione saranno difficili da sostituire. Qualcosa potrebbe arrivare dagli Stati Uniti, ma il trasporto costa molto. Inoltre, ci sono problemi di tempistiche. Se la guerra finisse ora, si potrebbe anche riprendere a coltivare, ma se finisse in autunno sarebbe tutto ancora più difficile. La prima primavera araba, d’altronde, è nata proprio con l’aumento del grano. Proprio su questo l’Egitto sta per tremare». In tutto questo, poi, c’è grande preoccupazione verso la scarsità di metalli e verso le nuove sanzioni che l’Ue varerà contro Mosca, che potranno avere un forte impatto per l’Europa sul costo e la scarsità dell’alluminio, di cui la Russia è importante produttrice ed esportatrice. Il potenziale impatto delle sanzioni colpirebbe anche anche nichel, palladio, neon, litio.
Nicola Pietrangeli (Getty Images)
Gianni Tessari, presidente del consorzio uva Durella
Lo scorso 25 novembre è stata presentata alla Fao la campagna promossa da Focsiv e Centro sportivo italiano: un percorso di 18 mesi con eventi e iniziative per sostenere 58 progetti attivi in 26 Paesi. Testimonianze dal Perù, dalla Tanzania e da Haiti e l’invito a trasformare gesti sportivi in aiuti concreti alle comunità più vulnerabili.
In un momento storico in cui la fame torna a crescere in diverse aree del pianeta e le crisi internazionali rendono sempre più fragile l’accesso al cibo, una parte del mondo dello sport prova a mettere in gioco le proprie energie per sostenere le comunità più vulnerabili. È l’obiettivo della campagna Sport contro la fame, che punta a trasformare gesti atletici, eventi e iniziative locali in un supporto concreto per chi vive in condizioni di insicurezza alimentare.
La nuova iniziativa è stata presentata martedì 25 novembre alla Fao, a Roma, nella cornice del Sheikh Zayed Centre. Qui Focsiv e Centro sportivo italiano hanno annunciato un percorso di 18 mesi che attraverserà l’Italia con eventi sportivi e ricreativi dedicati alla raccolta fondi per 58 progetti attivi in 26 Paesi.
L’apertura della giornata è stata affidata a mons. Fernando Chica Arellano, osservatore permanente della Santa Sede presso Fao, Ifad e Wfp, che ha richiamato il carattere universale dello sport, «linguaggio capace di superare barriere linguistiche, culturali e geopolitiche e di riunire popoli e tradizioni attorno a valori condivisi». Subito dopo è intervenuto Maurizio Martina, vicedirettore generale della Fao, che ha ricordato come il raggiungimento dell’obiettivo fame zero al 2030 sia sempre più lontano. «Se le istituzioni faticano, è la società a doversi organizzare», ha affermato, indicando iniziative come questa come uno dei modi per colmare un vuoto di cooperazione.
A seguire, la presidente Focsiv Ivana Borsotto ha spiegato lo spirito dell’iniziativa: «Vogliamo giocare questa partita contro la fame, non assistervi. Lo sport nutre la speranza e ciascuno può fare la differenza». Il presidente del Csi, Vittorio Bosio, ha invece insistito sulla responsabilità educativa del mondo sportivo: «Lo sport costruisce ponti. In questa campagna, l’altro è un fratello da sostenere. Non possiamo accettare che un bambino non abbia il diritto fondamentale al cibo».
La campagna punta a raggiungere circa 150.000 persone in Asia, Africa, America Latina e Medio Oriente. Durante la presentazione, tre soci Focsiv hanno portato testimonianze dirette dei progetti sul campo: Chiara Concetta Starita (Auci) ha descritto l’attività delle ollas comunes nella periferia di Lima, dove la Olla común 8 de octubre fornisce pasti quotidiani a bambini e anziani; Ornella Menculini (Ibo Italia) ha raccontato l’esperienza degli orti comunitari realizzati nelle scuole tanzaniane; mentre Maria Emilia Marra (La Salle Foundation) ha illustrato il ruolo dei centri educativi di Haiti, che per molti giovani rappresentano al tempo stesso luogo di apprendimento, rifugio e punto sicuro per ricevere un pasto.
Sul coinvolgimento degli atleti è intervenuto Michele Marchetti, responsabile della segreteria nazionale del Csi, che ha spiegato come gol, canestri e chilometri percorsi nelle gare potranno diventare contributi diretti ai progetti sostenuti. L’identità visiva della campagna accompagnerà questo messaggio attraverso simboli e attrezzi di diverse discipline, come illustrato da Ugo Esposito, Ceo dello studio di comunicazione Kapusons.
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Mark Zuckerberg (Getty Images)