2021-01-09
«Non ti vaccini? Ti licenzio». Sindacati muti
La provocazione del giuslavorista Pietro Ichino entra nell'agenda dell'esecutivo. Il sottosegretario Sandra Zampa: «Ci stiamo pensando» A difendere i lavoratori restano solo gli imprenditori: «Idea impossibile». E un sindaco minaccia il «repulisti» negli ospizi Se non ti vaccini non puoi lavorare. All'inizio molti l'avevano considerata soltanto una provocazione, una boutade spiazzante, partorita dal noto gusto dissacrante di un intellettuale giuslavorista, (peraltro abituato ad accendere i dibattiti più pirotecnici) come Pietro Ichino. Ma dopo questa uscita del professore, intorno alla posizione più dura - il cosiddetto «lodo Ichino» appunto - in queste ore sta avvampando una polemica dirompente, piena di implicazioni complesse. Oggi anche un autorevole esponente del governo, intervenendo a Otto e mezzo da Lilli Gruber, lascia intendere che il tema è sul tavolo, e che sarà affrontato presto. A lanciare il sasso, infatti, è il sottosegretario alla salute Sandra Zampa, che entra nel dibattito e prende una posizione molto netta durante la trasmissione de La7: «Il primo tema riguarda chi opera a contatto con il pubblico, è un problema di salute pubblica. Non possiamo in alcun modo accettare l'idea che un nostro anziano, o una persona fragile possa essere messa a rischio perché il medico, l'infermiere o l'operatore con cui ha a che fare non è vaccinato perché non vuole vaccinarsi». E quindi, chiede la conduttrice, che tipo di provvedimenti si possono prendere per chi non accetta? Qualcuno parla anche -aggiunge la Gruber - di «possibile licenziamento». La sottosegretaria risponde con parole pesate con cura, che proprio per questo però non escludono nulla: «Esistono diverse gradazioni di possibile intervento». La Zampa non entra nel dettaglio delle misure che il governo potrebbe adottare, ma spiega che ci saranno, e anticipa la logica che ospiterà le decisioni. Tuttavia basta ascoltare le idee delle diverse organizzazioni sindacali e delle parti sociali sul tema per capire che il problema esiste, eccome. Ecco - tanto per fare un esempio - due opinioni assolutamente contrapposte e tra loro inconciliabili. La prima è quella del segretario di Confintesa, Francesco Prudenzano: «Io non non ho molto dubbi in proposito. Quello che dicono Ichino, e la Zampa, è largamente condivisibile. Non voglio fare esempi molto lontani nel tempo andando fino al caso Poggiolini», aggiunge Prudenzano, «ma il tema della tutela delle persone fragili, e del pubblico, esiste come argomento di dibattito già da anni». E quindi? «In piena pandemia bisogna andare verso l'obbligo, almeno per chi lavora con i cittadini, per chi è in un ospedale, per chi sta allo sportello di una pubblica amministrazione. Se non accetti questa misura di tutela degli altri allora devi essere allontanato. Ma se si può, si deve evitare di giungere al muro contro muro. Solo se non esistono alternative, la vaccinazione deve essere obbligatoria». Però, se provi a sentire un'organizzazione imprenditoriale, e giri la stessa questione a Paolo Agnelli, il vulcanico presidente di Confini sbotta: «Ma siamo impazziti? A me questo pare un dibattito surreale, costruito intorno a un lodo senza senso». E se provi a chiedergli perché diventa un torrente in piena: «Mai avrei pensato che in mezzo a tanti sindacati mi sarei ritrovato a difendere, proprio io, lo Statuto dei lavoratori e i diritti! Quando parlano di obbligo, questi signori, devono sapere che la strada arriva dritta ad un punto ineludibile: il licenziamento. Se uno non può fare più il suo lavoro perché non si vaccina lo licenzi?». Provo a dire al presidente di Confimi che si parla di dislocazione in altre mansioni, ma lui ribatte: «E se la mansione alternativa non c'è, cosa fai, gli dai il reddito di cittadinanza? E se si stabilisce che nel pubblico impiego non si può stare a contatto con gli altri come si può pensare che questo non accada nel privato? Nessuno ha ancora chiaro», conclude Agnelli, «che se questo principio passa, anche in un solo posto di lavoro, devono cancellare lo statuto dei lavoratori». Provo a sentire il parere del più importante segretario confederale della Cgil, Serena Sorrentino. Ma i tre principali sindacati sono impegnati in queste ore a cercare una proposta condivisa (e quindi non facilissima). La dirigente Cgil spiega che fra poche ore i confederali arriveranno a una linea comune, ma intanto anticipa che il tema sollevato da Agnelli esiste: «Nessuno può essere discriminato o licenziato dal suo posto di lavoro, su questo non si discute. Per il resto non posso dire altro, se non che lavoriamo ad un grande appello alla vaccinazione. Volontaria». I sindacati, insomma, sperano di trovare una quadra che non passi per l'obbligo, e che non faccia deflagrare il tema del licenziamento. Ma i fatti vanno più veloci. A Bagnocavallo, il sindaco Marco Baccini è già passato al contrattacco per Rsa del suo comune: «Ho richiamato personalmente alla responsabilità i dipendenti che non vogliono vaccinarsi: entro l'11 gennaio potranno ripensarci e far sapere se hanno cambiato idea». E dopo? «Se la situazione sarà insostenibile non escludo il licenziamento». Intanto l'uomo che ha acceso la miccia, il professor Ichino, registra l'ampiezza delle reazioni con soddisfazione: «Sapevo che era il vero punto del dibattito», spiega alla Verità , «ma nemmeno io immaginavo un'eco di questa portata». E aggiunge: «Primo: dal punto di vista legislativo esiste il decreto 81/2008, quello per cui datore di lavoro ha l'obbligo di predisporre la vaccinazione ogni volta che nel processo produttivo ci sia un rischio di contagio». E secondo? «Uno che diventa responsabile di contagio perché non si vaccina per me va paragonato a una industria che provoca un disastro ambientale diffondendo veleni». Tema enorme. Ma, come si vede, senza punti di mediazione possibili tra le due posizioni.