2019-01-04
Non solo quota 100: via 5 mesi alla Fornero
Ridotta l'anzianità contributiva per tutte le categorie. Per gli uomini basteranno 42 anni e dieci mesi, per le donne 41 e dieci mesi, per i lavoratori precoci 41. Confermati Opzione donna e Ape social. Cambiano Inail e Inps: tornerà il cda nominato dall'esecutivo.Surreale intervista dell'ex ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan secondo cui la banca sarebbe inguaiata per lo spread, salito a causa delle scelte dei gialloblù.Lo speciale contiene due articoli.L'obiettivo è scrivere il decreto legge per l'avvio di quota 100 entro il 20 gennaio. I 5 stelle vorrebbero un solo decretone, cioè un testo che contenga anche il reddito di cittadinanza. In ogni caso la componente grillina insiste per un decreto legge che superi il lavoro dell'Aula. Vedremo quale sarà l'accordo (si capirà la settimana prossima) nel frattempo ieri c'è stata la prima riunione per la stesura dell'abolizione della legge Fornero. Possiamo riportare gli undici pilastri del testo. Il primo è l'avvio di quota 100 (62 anni di età e 38 di contributi) con finestre trimestrali per i privati e semestrali per il settore pubblico. Il tutto per la durata di tre anni sperimentali. L'obiettivo è coinvolgere 350.000 persone e dal quarto anno dare la spallata definitiva alla Fornero, introducendo quota 41 (la possibilità di andare in pensione indipendentemente dall'età anagrafica con 41 anni di contributi). Nel frattempo (significa già da subito) il decreto si impegna a ridurre «l'anzianità contributiva per accesso al pensionamento anticipato indipendentemente dall'età anagrafica. Tradotto, il secondo punto della bozza di decreto, taglia cinque mesi dalla legge Fornero. Quest'ultima per il 2019 prevedeva l'uscita dal mondo del lavoro con 43 anni e 3 mesi di contributi per gli uomini e 43 e 3 mesi per le donne. Congelando l'aumento l'uscita è possibile da 42 anni e 10 mesi e da 41 e 10 mesi per le donne. Mentre per i lavoratori precoci resterà (quarto punto del decreto) a quota 41 e non 41 anni e 5 mesi come deciso dalla Fornero. Viene poi confermata Opzione donna e pure rinnovato per un anno l'Ape social, la possibilità (voluta dal governo Gentiloni) di andare in pensione con finestre anticipata per quelle 15 categorie di lavoratori usuranti. Altri due capitoli del testo confermano la pace contributiva e fissano nuovi termini di prescrizione dei contributi di previdenza per le amministrazioni pubbliche. Un capitolo veramente innovativo tocca tutti coloro che non possono accedere a pensioni integrative e sono costretti a subire il massimale contributivo. Chi è stato assunto dopo il 1996 riceverà un assegno totalmente con il sistema contributivo, il quale prevede uno stop nell'imponibile definito in una cifra massima di 102.000 euro. Significa che se non ha un altro bacino dove versare e alzare l'importo finale, qualunque cifra superiore finisce nel vuoto. Insomma, si può guadagnare cifre altissime ma sopra quella soglia non si può andare. Una sorta di ingiustizia che senza voler essere troppo maliziosi viene smontata dal testo in questione che ha una firma e una impronta prettamente leghista. Da un lato i 5 stelle hanno ottenuto il taglio lineare delle pensioni d'oro nella quota sopra i 100.000 euro annui. Dall'altro la Lega garantirà che chi guadagna di più versando adeguati contribuiti incassi di più da pensionato. È una novità sostanziale che fa il paio con il punto successivo: l'estensione dei fondi di solidarietà bilaterale a più categorie lavorative e la possibilità di utilizzarli per agevolare le uscite. Una sorta di replica del modello Abi, Associazione bancaria italiana, che coniuga il fondo esuberi e il fondo di solidarietà per la nuova occupazione. Un modo per miscelare i costi del pubblico e del privato con una gestione mista. Nel frattempo il governo avrebbe chiesto sempre all'Abi di venirgli incontro nel pagamento dei Tfs e dei Tfr pubblici. Se le stime saranno corrette le uscite nella Pa dovrebbero essere comprese tra le 90 e le 100.000 unità. Lo Stato non ha le risorse per pagare in sei mesi tutti i relativi importi di buona uscite. L'idea sarebbe quella di far erogare la somma alle banche con la garanzia di Cdp e una volta incassati i Tfr il prestito sarebbe saldato. Abbiamo fino qui elencato le novità in tema pensionistico sul tavolo del governo, tenendo per ultima la chicca che ha una valenza totalmente politica. Sia Inps che Inail saranno riformate e verrà reintrodotto il consiglio di amministrazione. La misura cancella dieci anni di gestione semicommissariale e avrà anche l'effetto di rivedere tutti gli attuali vertici. Il nuovo cda sarà composto dal presidente e da quattro consiglieri. Sarà nominato con decreto del Colle, su proposta del premier, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, adottata su proposta del ministro del lavoro di concerto con il ministro dell'economia e delle finanze. Un chiaro messaggio a Tito Boeri.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="True" data-href="https://www.laverita.info/non-solo-quota-100-via-5-mesi-alla-fornero-2625049342.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="dallalto-dei-disastri-su-mps-e-venete-padoan-per-carige-incolpa-il-governo" data-post-id="2625049342" data-published-at="1757670726" data-use-pagination="False"> Dall’alto dei disastri su Mps e Venete Padoan per Carige incolpa il governo Ansa Pier Carlo Padoan, già ministro dell'Economia del governo Renzi e Gentiloni, deve essere stato colto da una insolazione invernale. Diversamente, non è immaginabile che un rappresentante del Pd si avventuri a discutere di banche e di crac bancari. Invece Padoan decide di rilasciare un'intervista a Repubblica per accusare l'attuale governo di «aver fatto salire i tassi di interesse» e quindi mettere in crisi gli istituti. Al giornalista che chiede conto di Mps e banca Etruria, l'ex candidato a Siena risponde: «Addebitare a quel governo e al Pd certe crisi bancarie è operazione di malafede e strumentalizzazione. Erano storie di mala gestio, addirittura con risvolti penali, e noi abbiamo fatto tutto quello che andava fatto per risolverle. Piuttosto, quelli che accusano il passato pensino a quello che sta accadendo». E il riferimento è a Genova. In poche righe l'ex ministro ha infilato una serie di strafalcioni politici e pure economici. Primo: i tassi di interesse non sono saliti. È salito lo spread. Il quale di per sé non ha messo in difficoltà alcuna banca. La volatilità sui titoli di Stato, questa sì, ha fatto ballare in Borsa i bancari che negli anni hanno fatto man bassa di Btp. Accusare i gialloblù della crisi di Carige è abbastanza ridicolo per il semplice fatto che il commissariamento dell'istituto è dovuto a motivi di governance (azionista di riferimento e management erano in lotta e l'impasse ha bloccato l'aumento di capitale) e a motivi di solidità patrimoniale come è stato per Mps, e per le due banche Venete. Tutti sanno, infine, che l'origine dei mali di Carige arriva dalla gestione di Giovanni Berneschi. Fin qui gli strafalcioni da penna blu. Poi ci sono quelli da penna rossa. Primo. L'aumento di capitale di Mps, quello che i manager stavano portando a casa via mercato, è saltato perché il governo è intervenuto a gamba tesa per sostenere la linea di Jp Morgan e il filone del Qatar, tanto amato da Matteo Renzi. Se il governo non avesse fatto trapelare l'idea dell'aiuto pubblico, l'aumento di capitale quasi sicuramente sarebbe andato a buon fine. Da lì è crollato tutto, e lo Stato ha dovuto versare 8,8 miliardi di euro e diventare proprietario della banca rossa per eccellenza al 70%. Padoan ha pure voluto silurare l'ad dell'epoca, Fabrizio Viola, per portare a termine il salvataggio pubblico. Non sapremo mai quali siano i motivi esatti del licenziamento del manager, ma Padoan da lì in avanti si è candidato a diventare il peggior ministro dell'Economia tricolore. Perché se non bastasse ha gestito la risoluzione delle banche Venete in modo ancor peggiore. Il primo maggio del 2016 chiamò a Roma i rappresentanti del mondo bancario e soprattutto Giuseppe Guzzetti, il capo dell'Acri e il faro della finanza cattolica. Sapendo che l'indomani sarebbe fallito l'aumento di capitale di Pop Vicenza, per colpa dell'improvvida gestione dell'allora ad di Unicredit, chiese aiuto al mondo cattolico. In pochissimo tempo Guzzetti organizzò Atlante e lo riempì in pochi giorni di un valore molto vicino ai 5 miliardi di euro. Doveva servire a far galleggiare le banche e gestire le sofferenze. Viola, chiamato da Guzzetti, scoprì dentro gli istituti le peggio cose e a quel punto il governo si fece liquido e scomparve lasciando Atlante e le due banche in balia della Vigilanza Ue che si è dimostrata aliena a qualunque realtà bancaria. Chiedeva al tempo stesso il minor impegno economico per non cadere negli aiuti di Stato e la massima capitalizzazione. Qualcosa di folle. Eppure qui l'incapacità di Padoan e del governo è stata ancora più grave delle colpe del Pd su Mps. Risultato? Atlante ha perso praticamente tutto, lo Stato è intervenuto creando una bad bank e lasciando a Intesa la parte buona per 1 euro. Insomma, Padoan è l'ultima persona al mondo che dovrebbe discutere di banche, oppure - viene il dubbio - quando si viene eletti nel Pd evidentemente si firma una clausola che impone la coazione a ripetere. E si interviene solo là dove si è sbagliato. E in tutto ciò abbiamo omesso la tragedia di Etruria per la quale Matteo Renzi ha dichiarato guerra a Ignazio Visco, il numero uno di Bankitalia, reo (a dire dell'ex premier) di non aver fatto il possibile per tutelare politicamente il Pd evitando il crac dell'istituto aretino. L'uscita di Padoan è sbagliata anche dal punto di vista strategico. Il governo Conte si è schierato apertamente contro la famiglia Malacalza e ha deciso di sostenere la moral suasion targata Guzzetti e per osmosi Pietro Modiano, attuale numero uno di Carige. L'ha fatto dando il via libera alla Bce, che così ha fatto qualcosa di unico nel nostro Paese. Ha commissariato una banca per motivi di governance. Ha estromesso l'azionista di maggioranza con l'obiettivo (almeno questo è quanto viene dichiarato dai vertici, dalla Bce e lasciato capire da Giuseppe Conte ) di evitare un crac e quindi un bail in degli obbligazionisti retail. Insomma, si può stigmatizzare la scelta dei gialloblù, ma almeno è una scelta e non un pasticcio in stile Padoan.
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