
Il Rottamatore sostiene che le vicende giudiziarie che hanno investito i genitori sono una rappresaglia contro di lui, ma non osa denunciare i giudici. Così annuncia querele alla «Verità», come se fosse stata la nostra redazione ad arrestare mamma e papà.Non sono stato io a disporre gli arresti di Tiziano e Lalla Renzi. E mi risulta che nemmeno Marco Travaglio abbia firmato l'ordine di custodia cautelare per i genitori dell'ex presidente del Consiglio. Tuttavia, sia io che il collega del Fatto Quotidiano siamo stati messi nel mirino l'altra sera da Matteo Renzi, nel mesto show che ha messo in piedi a Torino dopo il provvedimento dell'autorità giudiziaria di Firenze contro mamma e papà. Durante la recita, in cui l'ex segretario del Pd ha ribadito le solite cose, ovvero che lui non arretrerà di un millimetro e quanto successo è una reazione contro di lui perché sta cambiando l'Italia, il senatore semplice di Scandicci ha firmato una denuncia contro il direttore del Fatto e poi, pensando di fare lo spiritoso, ha detto che la prossima sarà per me. La citazione in giudizio nei miei confronti non l'ha sottoscritta davanti al pubblico solo per mancanza di tempo, ha detto, ma già oggi Renzi quel tempo potrebbe trovarlo.Vi chiedete che cosa rimproveri a me e al collega l'ex premier? Non lo so. Né sul palco né altrove egli mi ha mai mosso delle contestazioni. Immagino però quale sia la mia colpa. Da direttore della Verità e, ancor prima di un altro giornale, ho pubblicato, senza nasconderli come hanno fatto altri, soprattutto nel passato quando Renzi era forte, gli atti dei procedimenti giudiziari che riguardavano la sua famiglia. Erano documenti pubblici, depositati nei giudizi, ma probabilmente all'allora capo del governo non fece piacere leggere - e soprattutto che si leggesse - che cosa scriveva la Guardia di finanza a proposito del fallimento Chil Post. Ed è possibile che nemmeno sia stato felice che fossero date alle stampe le risultanze delle indagini disposte dalla Procura di Cuneo, da quella di Roma e, da ultimo, da quella di Firenze. Quattro sedi giudiziarie diverse hanno messo sotto accusa il padre, contestandogli di volta in volta il traffico d'influenze illecite, la bancarotta fraudolenta e l'emissione di fatture false. In qualche caso si è arrivati alla richiesta di archiviazione (il giudice deve ancora prendere una decisione per quanto riguarda l'inchiesta della Capitale), in altri al processo. E noi questo abbiamo raccontato, dando risalto agli sviluppi delle vicende che, a un certo punto, hanno coinvolto anche la madre. La quale è stata rinviata a processo e, lunedì scorso, insieme con il marito, è stata messa ai domiciliari.Capisco che tutto ciò possa dispiacere a Renzi. Partito per arrestare il declino dell'Italia, ora deve fare i conti con l'arresto di entrambi i genitori. Lui che voleva rottamare, all'improvviso si ritrova rottamato. Ma questa non è colpa dei giornalisti, i quali fanno il loro mestiere, andando a caccia di documenti e di testimonianze. Ne è responsabilità della magistratura se una serie di attività passate dalle mani dei suoi genitori si sono concluse con vari fallimenti, nei quali ora i giudici vogliono vedere chiaro. Se fosse per Renzi prenderebbe per il bavero i pm che hanno osato mettere sul banco degli imputati suo padre e sua madre. Se potesse li querelerebbe, magari davanti a qualche centinaio di persone per provare a strappare un applauso. Fosse ancora a Palazzo Chigi, magari farebbe una legge per impedire che la magistratura possa indagare sui suoi parenti di primo, secondo e terzo grado. Di certo li fermerebbe. Ma purtroppo per lui - e forse per fortuna nostra - l'ex segretario del Pd non è più a capo del governo e nemmeno ha un partito che domani possa farcelo ridiventare. Dunque, non potendo attaccare e denunciare i pm, denuncia noi giornalisti. Il suo è un atteggiamento ipocrita. Parla di fango, di persone malvagie che se la prendono con la sua famiglia, dice che questa è la rappresaglia contro di lui che vuole cambiare il Paese, allude alla coincidenza oraria degli arresti con il voto dei 5 stelle su Matteo Salvini. Ma il suo obiettivo non siamo noi, bensì i magistrati. E però, non potendo dare in pasto al suo pubblico il nome dei pm, fornisce quello dei cronisti, additando Travaglio e il sottoscritto quali responsabili di tutti i suoi guai. È una sostituzione di persone, come se fermando l'inchiesta giornalistica si potesse bloccare anche quella giudiziaria.In un Paese normale, un leader politico che attaccasse a testa bassa i giornalisti dopo che la magistratura gli ha arrestato i genitori sarebbe guardato per quel che è, ovvero per uno che cerca di intimidire la stampa allo scopo di impedire che parli e scriva delle accuse formulate dalla magistratura. Da noi, invece, in centinaia lo applaudono e lo votano. Per fortuna nostra, e soprattutto dell'Italia, quelli che lo fanno sono sempre di meno. L'unico che sembra non accorgersene, però, è solo lui.
Emanuele Fiano (Ansa)
L’ex deputato pd chiede di boicottare un editore ospite alla fiera patrocinata da Gualtieri e «reo» di avere un catalogo di destra.
Per architettare una censura coi fiocchi bisogna avere un prodotto «nero» ed etichettarlo con la dicitura «neofascista» o «neonazista». Se poi scegli un ebreo (si può dire in questo contesto oppure è peccato?) che è stato pure censurato come testimonial, hai fatto bingo. La questione è questa: l’ex parlamentare Pd, Emanuele Fiano, che già era passato alla cronaca come bersaglio dei pro Pal colpevoli di non averlo fatto parlare all’Università Ca’ Foscari di Venezia e contro il quale qualche idiota aveva mimato la P38, sta premendo per censurare una casa editrice colpevole di pubblicare dei libri pericolosi perché di destra. Anzi, di estrema destra.
Un frame del video dell'aggressione a Costanza Tosi (nel riquadro) nella macelleria islamica di Roubaix
Giornalista di «Fuori dal coro», sequestrata in Francia nel ghetto musulmano di Roubaix.
Sequestrata in una macelleria da un gruppo di musulmani. Minacciata, irrisa, costretta a chiedere scusa senza una colpa. È durato più di un’ora l’incubo di Costanza Tosi, giornalista e inviata per la trasmissione Fuori dal coro, a Roubaix, in Francia, una città dove il credo islamico ha ormai sostituito la cultura occidentale.
Scontri fra pro-Pal e Polizia a Torino. Nel riquadro, Walter Mazzetti (Ansa)
La tenuità del reato vale anche se la vittima è un uomo in divisa. La Corte sconfessa il principio della sua ex presidente Cartabia.
Ennesima umiliazione per le forze dell’ordine. Sarà contenta l’eurodeputata Ilaria Salis, la quale non perde mai occasione per difendere i violenti e condannare gli agenti. La mano dello Stato contro chi aggredisce poliziotti o carabinieri non è mai stata pesante, ma da oggi potrebbe diventare una piuma. A dare il colpo di grazia ai servitori dello Stato che ogni giorno vengono aggrediti da delinquenti o facinorosi è una sentenza fresca di stampa, destinata a far discutere.
Mohamed Shahin (Ansa). Nel riquadro, il vescovo di Pinerolo Derio Olivero (Imagoeconomica)
Per il Viminale, Mohamed Shahin è una persona radicalizzata che rappresenta una minaccia per lo Stato. Sulle stragi di Hamas disse: «Non è violenza». Monsignor Olivero lo difende: «Ha solo espresso un’opinione».
Per il Viminale è un pericoloso estremista. Per la sinistra e la Chiesa un simbolo da difendere. Dalla Cgil al Pd, da Avs al Movimento 5 stelle, dal vescovo di Pinerolo ai rappresentanti della Chiesa valdese, un’alleanza trasversale e influente è scesa in campo a sostegno di un imam che è in attesa di essere espulso per «ragioni di sicurezza dello Stato e prevenzione del terrorismo». Un personaggio a cui, già l’8 novembre 2023, le autorità negarono la cittadinanza italiana per «ragioni di sicurezza dello Stato». Addirittura un nutrito gruppo di antagonisti, anche in suo nome, ha dato l’assalto alla redazione della Stampa. Una saldatura tra mondi diversi che non promette niente di buono.






