2022-03-11
Non bastava il tracollo, pure le risse. Il Psg dei nababbi esce da provinciale
La squadra zeppa di stelle prende ancora una volta la Champions in faccia. Ma a far più male non è la tripletta di Benzema: l’emiro che insegue l’arbitro e i campioni che si odiano (e cambiano aria) svelano il bluff miliardario.Nasser Al-Khelaifi per provare a giustificare l’ennesimo sberlone che le squadre di calcio - anche quelle semiaddormentate come il Real Madrid per un’ora - sempre infliggono alle collezioni di figurine stile Paris Saint Germain nella partita della vita. Dove non contano i dati di Tranfermarkt ma polmoni, cuore e huevos, che sarebbe il contrario di resilienza.Nel giorno delle gastriti sulla Rive gauche, la sintesi accusatoria è contenuta nel «2» che L’Équipe ha rifilato (nella scala francese vale il nostro 4) al portierone di 23 anni già avvezzo nel Milan al turbo-svarione: «Con il suo pessimo rilancio, ha rilanciato il Real. È il becchino del Psg». Era il 61’, i francesi stavano eliminando la banda Ancelotti e il mondo sembrava un paradiso di vestali per il proprietario qatariota e per il suo gran ciambellano Leonardo; tra l’altro il gol del vantaggio era stato siglato ancora una volta da Kylian Mbappé, destinato a matador di Florentino Peres che lo corteggia da due anni. E invece. E invece Donnarumma tenta una giocata da Leo Messi con il suo ferro da stiro numero 48 ai piedi davanti a Karim Benzema; ne esce una palla goffa a metà fra uno scherzo e un autogol mancato. È la paperissima che determina il pareggio e che, secondo il giornalista collettivo, fa affondare la corazzata di Mauricio Pochettino, poi silurata 3-1. La ricostruzione è un pochettino sbilanciata. Sull’1-1 il Psg si sarebbe comunque qualificato e nella mezz’ora rimanente Messi, Neymar, Verratti, avrebbero potuto ancora ribaltare gli spagnoli se fossero fuoriclasse e non solo sopravvalutati soprammobili a molla. Qualcuno sul viale del tramonto (l’argentino), qualcun altro mediamente bravo ma non decisivo (l’italiano) o incapace di uscire dalla comfort zone del circo equestre (il brasiliano). Però la colpa se la prende Donnarumma - i francesi trovano sempre un «italien» da mazzolare - anche se fino a quel momento era stato perfetto. Avrebbe pure il torto di reclamare per un fallo di Benzema nell’azione del rinvio da oratorio; è il motivo che spinge lo sceicco a prendere a pugni la porta dell’arbitro, spalleggiato da Leonardo. Sulla spinta del centravanti «blanco» si apre un contenzioso da Porta a Porta: il 90% degli arbitri-commentatori non l’avrebbe sanzionata (al Bernabeu contro il Real, ma quando mai?) mentre per gli ex portieri bisognava fischiare. Ciascuno difende la propria parrocchia. Forse ha ragione Julio Cesar: «Donnarumma si è voltato verso la porta e non avrebbe dovuto farlo. È una cosa che impari da bambino». Deve avergli detto più o meno la stessa cosa Neymar negli spogliatoi accendendo una simil-rissa (smentita poi sui social) sedata dai compagni; Donnarumma gli aveva risposto accusando il fenomeno da Playstation di aver perso banalmente il pallone del 2-1 madridista. Ora il portiere campione d’Europa rischia di tornare in panchina a vantaggio di Keylor Navas, protetto dalla cricca ispano-sudamericana che domina la Parigi del pallone.Così agli ottavi di finale si sgonfia la miliardaria mongolfiera arabo-francese, per la quale andrebbe bene una frase del Re Lear: «Diventa vecchia senza diventare saggia». Come il Psg, che passa da un tracollo all’altro in primavera, da una caccia al campione all’altra in estate (l’ultimo un Messi in chiaro declino, a 34 anni ne ha pure il diritto), da un proclama all’altro in autunno, da un trionfo all’altro in inverno. In attesa della nuova, immancabile figuraccia. L’unica finale di Champions l’ha raggiunta e persa con il Bayern Monaco nel 2020, senza pubblico per la pandemia e con un irrituale girone finale a otto. Lo scenario è da neurodeliri, come la scenata di Messi a Verratti per un passaggio mancato; come la minaccia «Ti ammazzo» pronunciata dallo sceicco furibondo all’indirizzo di un addetto del Real Madrid che stava filmando con il telefonino l’assalto finale all’arbitro.Il ciclo non è neppure cominciato ed è già finito, diceva ieri Leonardo parafrasando Sergio Endrigo. «Non sappiamo gestire i momenti chiave delle sfide decisive», ha aggiunto senza rendersi conto che in squadra ci sono veterani come Neymar e Angel Di Maria (una Champions ciascuno), Marquinhos (la Coppa America), Sergio Ramos e Messi (quattro Champions a testa), Verratti (un titolo europeo), Mbappé (un titolo mondiale). Quest’ultimo in estate passerà proprio al Real Madrid dove lo attendono a braccia aperte. Ieri il perfido Guti twittava: «Ti aspettiamo, tu sai dove si vivono le notti magiche». Forse Messi torna in Argentina, quindi lo sceicco sarà costretto a ricostruire per l’ennesima volta dopo aver subìto 30 minuti di calcio stellare da due monumenti viventi come Benzema (tre gol) e Modric. Il bilancio della collezione di figurine (al Barnum manca solo CR7) che spopola in Francia e viene presa a schiaffi in Europa è terrificante: 1,4 miliardi spesi in dieci anni dallo sceicco per sette scudetti (di fatto contro Lione e Lille) e il titolo irridente di re del calciomercato. Neppure l’ingresso nel board Uefa ha permesso ad Al-Khelaifi di ottenere un qualche riguardo dagli arbitri. Quanto a Pochettino, aspetta di fare la fine di Unai Emery e Thomas Tuchel: andare a vincere altrove. Lui è un tenero Giacomo, attento al manuale Cencelli per non scontentare nessuno: troppo poco per governare il Bounty. Oltre la Tour Eiffel, il nulla. È il destino dei miliardari senz’anima. Che in ogni caso possono contare su un’inscalfibile deferenza mediatica e sul più costoso magazziniere del pianeta: Maurito Icardi.
Il valico di Rafah (Getty Images)
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