2019-12-23
«Noi cristiani uccisi dagli jihadisti. Ong e Vip? Tutti muti»
Parla il prete nigeriano Joseph Fidelis: «A Natale siamo ancor più dei bersagli e nessuno ci protegge. Fuggire? Mai: meglio morire per Gesù».Quando, nel 2014, Boko Haram aveva conquistato un territorio grande come il Belgio, circondando l'area di Maiduguri, la Conferenza episcopale nigeriana offrì la possibilità ai sacerdoti di abbandonare momentaneamente i propri fedeli, ma padre Joseph Fidelis rifiutò. Oggi lo sentiamo per provare a capire meglio la persecuzione cristiana in Nigeria. Padre Joseph, non passa giorno in Nigeria senza che i cristiani vengano fatti a pezzi, nelle scuole, nelle chiese e nelle loro abitazioni. È un progetto di pulizia etnica dei musulmani? «Gli attacchi ai cristiani sono frequenti, non esattamente quotidiani. Ma i cristiani, specialmente nella parte settentrionale del Paese, sono emarginati, perseguitati, aggrediti fisicamente. Trattati con disprezzo, privati di alcuni diritti a scuola, nella società, nella quotidianità. Per noi è una sfida costante per la sopravvivenza e le cose stanno peggiorando. Gli attentati nei villaggi di Riyom e di Barkin Ladi, nello stato di Plateau, di Kajuru, nello stato di Kaduna e il massacro di Agatu nello stato di Benue, sono solo alcuni dei massacri più noti che hanno tutte le sembianze di una pulizia etnica».Che cosa vuol dire vivere in Nigeria oggi?«Nonostante si tratti di un Paese ricco, pieno di risorse, vivere in Nigeria, negli ultimi anni, è diventato difficile, preoccupante e pericoloso. I nigeriani non si sentono al sicuro, l'economia, specie a Nord Est, è disastrosa, le attività educative sono ostacolate e in generale la vita sociale è ai minimi termini». Quali sono le zone più pericolose?«Il Nord Est è costantemente sotto minaccia per le attività terroristiche di Boko Haram e i rapimenti sono in aumento. Nella fascia centrale, ci sono frequenti conflitti intertribali, nel Sud Est vi è l'incombenza dei Fulani che tra rapimenti e ladri armati hanno mutilato gli agricoltori e costretto alla fuga interi villaggi. Tutto ciò rende la vita impossibile. Ma siamo gente piena di speranza, riusciremo a superare tutto questo». Ritorna spesso il nome Boko Haram anche nella cronaca occidentale. Si può dire chi sono? «Boko Haram è un gruppo islamico salafita, il cui nome originario è Jamāʿat Ahl al-Sunna li-daʿwa wa l-Jihād, persone impegnate nell'insegnamento del profeta e del jihad. Più in generale si tratta di un movimento religioso fondato da Yusuf Mohammed e che cerca di contrastare il cristianesimo e tutto ciò che riguarda la civiltà occidentale (democrazia, educazione, forme di abbigliamento e cultura): gli occidentali sono infedeli. L'attuale leader, Abubakr Shekau, è orgoglioso di combattere il jihad, la guerra santa contro i cristiani, il mondo occidentale. E, contrario alle istituzioni democratiche - ostacolo alla supremazia divina di Allah - coltiva il desiderio di stabilire un califfato secondo gli insegnamenti e principi di Maometto».E perché quando si parla di persecuzione ai cristiani nessuno sottolinea mai che si tratta soprattutto di una persecuzione islamica? «A livello globale c'è il timore di essere etichettati come islamofobi. Così, piuttosto che combattere le forme di intolleranza e discriminazione religiosa, l'Europa e l'America sono cadute preda del cliché di essere viste come islamofobe». Può solo questo orientare la comunicazione politica?«Il problema è il politicamente corretto. I leader politici e le grandi organizzazioni globali evitano di denunciare il crimine e condannare il terrorismo, e così facendo stanno diventando indifferenti, mentre fingono di promuovere la globalizzazione. Senza dubbio ogni religione può scadere nell'estremismo, ma l'oppressione delle minoranze e l'esclusione dell'altro è l'attività preferita dei gruppi islamici. Basta guardare all'Isis, Al Qaeda, Boko Haram, Al Shabab. Le principali organizzazioni terroristiche hanno nell'islam la loro origine. Detto ciò, ci saranno anche musulmani moderati, ma credo che se della persecuzione ai cristiani si evita di parlare, è perché si teme di essere mal visti».In un articolo sullo Spectator di un po' di tempo fa, Douglas Murray domandava: «Chi proteggerà i cristiani nel Nord della Nigeria?» Faccio la stessa domanda a lei. «Solo Dio può proteggere i cristiani nigeriani. Troppo pochi sono disposti a fare qualcosa per noi. Il che è scoraggiante e vergognoso, persino da parte di quelli che crediamo siano i nostri fratelli cristiani a livello nazionale e internazionale. Esiste qualche nazione, organizzazione o personaggio di spicco che intende proteggerci?». Qualcuno ha risposto?«No! Oggi tutti sembrano disposti a sostenere qualsiasi battaglia, ma per i cristiani perseguitati non c'è tempo. Siamo lasciati soli al nostro destino. Ci sentiamo abbandonati, emarginati, esclusi. Ho rivolto il mio appello anche in Italia. E mi è toccata la peggiore delle sensazioni: essere abbandonato da quelli con cui pensi di condividere la stessa fede. Una volta una donna mi ha chiesto: ma dove sono tutti i nostri fratelli e sorelle cristiani?».Secondo Philip Jenkins, uno dei massimi esperti di cristianesimo, è in Nigeria che verrà deciso l'equilibrio tra islam e cristianesimo in Africa. È d'accordo? «La Nigeria potrebbe anche non rappresentare il Paese con il maggior numero di cristiani in Africa, ma è sicuramente il Paese più popoloso del continente. Secondo l'ultimo rapporto di Aiuto alla Chiesa che soffre, la Nigeria è tra i cinque Paesi con la peggiore forma di persecuzione. E sì, tutti i dati e gli indici raccontano che questo sarà un campo di battaglia, visto anche il tentativo di aumentare la popolazione musulmana nel Nord».D'altronde, già nel 1987 i musulmani al grido di «Solo l'islam!» attaccavano chiese e negozi cristiani. L'obiettivo di questi massacri sembra essere quello di cambiare la geografia religiosa e demografica del continente africano. Dopo anni oggi ci stanno riuscendo?«È evidente il piano sottile per aumentare il dominio islamico sull'Africa. Nuove moschee vengono costruite ogni giorno, guerre e conflitti hanno la colorazione religiosa dell'islam che tenta di prendere il comando. Boko Haram nasce allo scopo di promuovere la vera pratica dell'islam, di implementare la sharia e di espellere gli infedeli (come chiamano i cristiani). Anche i pastori Fulani sono di estrazione islamica. Pertanto sì, ci stanno riuscendo». Padre, è vero che i cristiani in Nigeria li chiamano «i bianchi»?«In una certa misura i cristiani sono visti come la continuazione della presenza europea, e il cristianesimo è considerato la religione dell'uomo bianco». Nel 2018 i cristiani uccisi per la propria fede nel mondo, secondo Open doors, sono stati 4.305. Di questi, 3.731 sono stati uccisi in Nigeria. Perché le gerarchie ecclesiastiche e la comunità internazionale non fanno niente?«La conferenza episcopale nigeriana si è mossa molto, anche per promuovere manifestazioni pacifiche di condanna per le uccisioni dei due sacerdoti, padre Felix Tyolah e padre Joseph Gor. Sono stati fatti sforzi, ma a livello locale. La comunità internazionale fa molto poco nonostante l'indice globale del terrorismo islamico parli chiaramente». E perché?«Sono il primo a chiedermi cosa sta succedendo. Cosa potrebbe spiegare questa scarsa azione delle comunità e degli attori globali? Perché non arriva la condanna di tutto il mondo?».Come sarà il Natale in Nigeria? Quali pericoli correte voi sacerdoti e i cattolici tutti?«C'è molta apprensione e ansia. A Maiduguri, le strade stanno diventando impraticabili, solo la scorsa settimana ci sono stati due rapimenti. In Nigeria, in generale, si temono attentati mortali durante le festività natalizie. Le agenzie di sicurezza stanno rafforzando la sicurezza». Avete avuto delle direttive su come comportarvi?«Sì. Suggerimenti circa sicurezza e messaggistica sono già stati divulgati. Il normale fervore e l'euforia con cui viene celebrato il Natale non ci saranno qui. Ma in quanto cristiani non ci facciamo intimidire da pressioni e paure. Non smetteremo di celebrare e festeggiare la nascita di Gesù. Certo, con cautela e la speranza che non succeda nulla di grave». Preferirebbe esercitare il suo ministero altrove?«Giammai. Quando sono stato via è stato per studiare in Italia. E l'ho fatto per tornare dalla mia gente più preparato. Ora, più che mai, il mio popolo ha bisogno di noi sacerdoti cattolici. Resterò qui, a Maiduguri, nel cuore della crisi. Tra le minacce e i pericoli è proprio qui che possiamo portare Cristo e il suo messaggio!».Qualcuno le ha chiesto chi gliel'ha fatto fare di tornare?«Sì, in molti. Eppure non sono alla ricerca di un martirio facile, ma se deve essere, così sia. La mia fede e la mia gente sono un gioiello prezioso: vale la pena difenderli anche a costo della vita». Come andrà a finire?«Spero che questa crisi finirà. Ma se così non andrà, vivremo come cristiani e moriremo come tali. Perché come dice San Paolo, “per me infatti il vivere è Cristo, e il morire un guadagno"».
Bologna, i resti dell'Audi rubata sulla quale due ragazzi albanesi stavano fuggendo dalla Polizia (Ansa)
La Global Sumud Flotilla. Nel riquadro, la giornalista Francesca Del Vecchio (Ansa)
Vladimir Putin e Donald Trump (Ansa)