2023-07-30
No «Unità», no party. L’editore Romeo porta in tribunale la leader del Pd
Il giornale del nuovo proprietario escluso dalle omonime feste. L’imprenditore Alfredo Romeo prima diffida Elly Schlein e poi le chiede i danni.Roba che Antonio Gramsci si starà rivoltando nella tomba. L’ultima faida a sinistra parte dall’intenzione manifestata dal Pd di slegare completamente le feste dell’Unità dal giornale che porta il loro stesso nome (l’Unità appunto) e che è stato fondato nel 1924 dal filosofo sardo, uno dei maggiori ispiratori del partito comunista. E arriva fino alla richiesta di risarcimento dei danni (prima c’erano state due diffide rimaste senza risposta alcuna) che il nuovo proprietario del foglio rosso, Alfredo Romeo, ha presentato contro i democratici guidati da Elly Schlein. Come nella miglior tradizione delle liti tra «fratelli» o presunti tali, la disputa verrà «risolta» in tribunale: il 2 agosto Schlein e Romeo sono attesi per un contraddittorio nel foro di Napoli. Pop corn, insomma.Ma come mai? Perché le storiche feste del partito che erano nate proprio per finanziare il giornale e da sempre sono indissolubilmente legate agli articoli, alle opinioni e ai dibattiti ospitati dall’Unità vengono «dissociate» dal quotidiano? Cos’è successo? La stessa domanda se l’è evidentemente posta anche la Romeo Editore, la società che fa capo all’imprenditore Alfredo Romeo e che dal 24 febbraio edita pure l’Unità. L’impressione è che oltre alla disputa sulla linea editoriale pesi il fatto che l’Unità sia entrata nella «casa» che annovera l’odiato ex segretario dem, Matteo Renzi, tra le guest star come direttore del Riformista, ma a questo punto starà al giudice entrare nel merito della questione. «Leggiamo sugli organi di stampa», veniva evidenziato nella prima diffida al Pd e all’associazione “Enrico Berlinguer” (che ha registrato il marchio della festa dell’Unità ndr) presentata dallo studio Fimmanò & Partners per conto di Romeo, «che a dire di alcuni vostri delegati le feste dell’Unità, nazionali e locali, continuerebbero a chiamarsi così senza però avere rapporti con il quotidiano l’Unità, senza distribuzione delle copie, l’implementazione di gazebo, ecc. Siamo certi infatti che si tratti di errate ricostruzioni enucleate nell’ambito delle note polemiche afferenti tutt’altro. Tuttavia, dovendo rispondere innanzitutto ai nostri lettori, e poi a tutti gli altri stakeholder, si rende necessario evidenziare che tutti i segni distintivi sono evidentemente di proprietà piena ed assoluta della società editrice rappresentata dal sottoscritto...».Al netto dell’apertura di prassi - «c’è la massima disponibilità ad immaginare tutte le sinergie e collaborazioni possibili, specie con riferimento alle dette feste» - il senso è chiaro: se queste sono le intenzioni del Pd, allora i dem devono cambiare nome alle loro feste. Alla prima diffida di metà giugno ne è seguita una seconda una decina di giorni dopo, ma oltre a non dare risposte i democratici hanno portato avanti la macchina organizzativa delle feste come nulla fosse successo. Diversi eventi si sono già tenuti, da Cesena a San Miniato fino ad arrivare ad Abano Terme e Settimo Torinese (sono solo alcuni esempi) e altri sono in corso, da Roma a Verona fino a Sassoleone Belvedere (nel Bolognese) e Torrita di Siena, con tanto di gran finale con la festa nazionale dell’Unità di Bologna che si concluderà a settembre.Così le diffide si sono trasformate in un ricorso ex articolo 700 del codice di procedura civile, il provvedimento di urgenza che si chiede nella convinzione che i propri diritti siano minacciati da un pregiudizio imminente e irreparabile, che è stato di recente notificato alle parti in causa (Romeo, Pd e associazione Berlinguer), e dalla lettura del quale La Verità ha appreso i dettagli della vicenda. Compresa la richiesta di un risarcimento dei danni: «Chiede», è l’appello rivolto al tribunale di Napoli, «di fissare, ai sensi degli articoli 614-bis, 700 del codice di procedura civile e 131 codice della proprietà industriale, una somma dovuta dal Partito democratico e dall’associazione “Enrico Berlinguer per la conservazione e la valorizzazione del patrimonio culturale della sinistra italiana” alla Romeo Editore per ogni violazione e/o inosservanza dell’inibitoria e degli altri provvedimenti». Da notare che il ricorso, per conto ovviamente della Romeo Editore, è stato presentato dall’avvocato Francesco Fimmanò, ordinario di diritto commerciale che tra le tante attività è anche un notista di punta dell’Espresso, lo storico settimanale di sinistra. Bingo. La vicenda somiglia più a una saga che si porta dentro un pot-pourri di tutte le ataviche divisioni della sinistra che a una vertenza giudiziaria. C’è la storia del giornale di Gramsci e quella dell’associazione Enrico Berlinguer - a proposito va ricordato che i quattro figli di Berlinguer avevano chiesto alla nuova proprietà di non usare l’immagine del padre per pubblicizzare il quotidiano -, il ruolo di Matteo Renzi, che non può mai mancare quando da quelle parti ci si prende a capelli, e la posizione di Elly Schlein, il nuovo segretario che sta spostando il partito nell’iperuranio di sinistra, per non parlare di un marchio storico come quello dell’Unità che stando ai ben informati il prossimo anno potrebbe non essere più quello delle feste di partito. Come detto il contraddittorio tra la stessa Schlein e Romeo andrà in scena alle 11 del 2 agosto a Napoli. Già farà caldo di suo, ma c’è da scommetterci: nell’aula del tribunale partenopeo il clima sarà incandescente.
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