2023-05-28
Si oppongono al test sul figlio: indagati per tentato omicidio
I genitori temevano che, se positivo, il bimbo finisse isolato in un reparto non attrezzato: «Ma è falso che stia morendo».Un bimbo che non è in fin di vita, sta mangiando, guarda i cartoni animati e aspetta una diagnosi. Genitori che portano il figlioletto di 4 anni in due ospedali diversi perché venga curato, ma sarebbero accusati di un reato tremendo. Sembrano due storie differenti, invece è la stessa assurda vicenda sbattuta ieri in prima pagina dal Corriere della Sera. «Genitori no vax accusati di “tentato omicidio”», titolava il quotidiano di via Solferino. Mamma è papà si erano opposti al ricovero del loro piccolo, a qualche trattamento farmacologico mentre la creatura stava per esalare l’ultimo respiro? Nulla di tutto ciò. E per fortuna. Quando Matteo, 43 anni, impiegato informatico a Lodi, e la moglie Francesca hanno letto che il loro Luca (tutti nomi di fantasia a tutela del minore, ndr) era considerato spacciato, mentre sta ancora aspettando di sapere quale malattia lo stia affliggendo, si sono sorpresi. Poi, la rabbia è esplosa. «Da tre giorni giravamo per ospedali cercando di capire perché nostro figlio zoppica e ha male alla schiena». Secondo il Corriere, c’è «un bimbetto di 4 anni in imminente pericolo di vita per i sanitari del primo ospedale, ma che non può ricevere le indispensabili cure salvavita», dal momento che i genitori rifiutano di fargli «il tampone Covid necessario a essere trasportato dal primo al secondo ospedale che può salvarlo». Così, un magistrato avrebbe imposto il prelievo, aprendo un’indagine sui genitori «per l’ipotesi di tentato omicidio del figlio». Per prima cosa, chiariamo di quali strutture si parla, ovvero il rinomato ospedale pediatrico Buzzi di Milano, che fa parte del Fatebenefratelli Sacco, e l’altrettanto eccellente San Gerardo di Monza. Nella prima struttura, «la visita produce una diagnosi micidiale: i medici spiegano ai genitori che il bambino sta morendo per una forma aggressivissima di tumore, e che la sola speranza è iniziare subito, ieri stesso (venerdì per chi legge, ndr), un tipo di terapia che può essere tentata solo da un altro ospedale fuori Milano», scrive il Corriere. Ovvero il San Gerardo di Monza. «Non è vero nulla, nessuno ci ha mai detto che cosa ha nostro figlio e di quali cure necessita. Come potevano saperlo, se venerdì gli hanno fatto solo esami del sangue?», afferma indignato il signor Matteo. Spiega che suo figlio Luca aveva cominciato a non sentirsi bene due settimane fa. «Vomitava, provava dolore alla schiena. La pediatra ha detto che poteva essere un colpo di freddo». Poi, una notte, alzandosi il piccolo è caduto e da quel momento ha iniziato a zoppicare. «Mercoledì sera siamo andati al pronto soccorso di Lodi. Nemmeno l’hanno visitato, siamo rimasti dalle 20 all’una e mezzo di notte per sentirci dire che Luca ha un raffreddore all’anca». Chiamata anche sinovite transitoria, è caratterizzata da dolore e zoppia. I medici dicono ai genitori di tornare la mattina seguente, per un’ecografia alle anche «che poi è risultata negativa», intanto prescrivono Ibuprofene ogni otto ore che sembra dare un leggero sollievo alla creatura. All’alba del venerdì, però, il bambino si sveglia urlando dal dolore e papà Matteo decide di non perdere più tempo. Prende l’auto e porta Luca al Buzzi di Milano. Il pronto soccorso non effettua il tampone al piccolo. «Non ce l’hanno chiesto», precisa il genitore. Non è obbligatorio, dipende dalla decisione adottata dalla singola direzione sanitaria secondo l’ordinanza del 28 aprile scorso firmata dal ministro della Salute, Orazio Schillaci. Abbiamo cercato più volte di entrare in contatto con la direzione sanitaria e l’ufficio stampa del Fatebenefratelli, per sapere quali regole adottino nel pronto soccorso pediatrico, ma non è stato possibile ottenere una risposta. «A Luca hanno fatto l’analisi del sangue, per poi dirci che c’era qualche cosa di sospetto. E che sarebbe stato meglio trasferirlo al San Gerardo di Monza dove c’è un ottimo reparto di ematologia. Però, in quella struttura chiedevano il tampone Covid». Papà Matteo e mamma Francesca non sono d’accordo. Non perché non abbiano fatto il vaccino, ma in quanto temono - forse ingenuamente - che un risultato positivo faccia relegare il piccolo in un reparto dove non verrà assistito per la patologia che potrebbe avere. Lo fanno presente e ciò innesca, nel loro racconto, una reazione che definiscono molto dura. «Il medico ha detto che mi avrebbe fatto levare la patria potestà dal giudice», riferisce il signor Matteo, «io gli ho detto che l’avrei denunciato per mancato soccorso al bambino solo perché non gli era stato fatto il tampone». L’avvocato Valeria Panetta, interpellata dai genitori, ha cercato di intervenire con una Pec alla direzione sanitaria, facendo presente che «il bambino non aveva sintomi Covid, che dovevano essere fatti accertamenti per una possibile malattia ematica. Quindi il tampone non era un farmaco salva vita».Invece, alle 14 di venerdì si presentano in ospedale due poliziotti con in mano un foglio della Procura «di cui non lasciano copia», imponendo a Matteo e Francesca di lasciar fare il tampone. Il pm di turno alla Procura di Milano, Nicola Rossato, visto che non c’erano i i tempi per far intervenire il Tribunale dei minorenni e neppure il giudice tutelare, sarebbe ricorso al «prelievo coattivo di campioni biologici su persone viventi», indagando i genitori per tentato omicidio del figlio, probabilmente perché solo l’iscrizione in quanto tale avrebbe permesso di applicare tale articolo, l’unico in grado di sbloccare i tempi. «Vogliamo solo curare Luca, non nuocere alla sua salute. Come si può solo ipotizzare una simile atrocità», si arrabbia il padre, che poi firma il consenso. Test negativo, il bimbo viene portato a Monza. Sabato mattina gli viene fatto un prelievo «ma non è sottoposto a trattamenti. Aspettiamo di conoscere la diagnosi», spiegano alla Verità i genitori. Resta da capire se il gip concederà o meno la convalida al provvedimento del pm. Luca saluta e ci dice che ha mangiato «e che ha tanta fame». Una bella notizia, dopo aver letto sul Corriere che era in fin di vita perché «l’orologio corre e diminuiscono le chance di sopravvivenza del bambino».