Niger, Ciad e Mauritania contro l’Ue. Rischiamo più ondate di sbarchi

Il Sahel continua ad allontanarsi dall’orbita occidentale. Lunedì, la giunta militare attualmente al potere in Niger ha annunciato di aver rotto i legami con l’Unione europea nel settore della sicurezza. Sarà un caso ma, più o meno nelle stesse ore, è arrivata in visita nel Paese africano una delegazione russa, guidata dal viceministro della Difesa di Mosca, Junus-bek Yevkurov: nell’occasione, quest’ultimo ha avuto un incontro con l’attuale leader nigerino, il generale Abdourahmane Tchiani. «Al centro delle discussioni c’è il rafforzamento della cooperazione tra i due Paesi nel campo della difesa», ha affermato il ministero della Difesa di Niamey in una nota, riferendosi agli incontri locali tenuti da Yevkurov. Ricordiamo che, a settembre, il Niger aveva siglato un patto di sicurezza con Mali e Burkina Faso: due Paesi che, nel corso degli ultimi due anni, sono saldamente entrati nell’orbita di Mosca. Non a caso, quel patto ha rappresentato uno schiaffo politico tanto all’Ecowas quanto al G5 Sahel.
E proprio il G5 Sahel sembra ormai arrivato al capolinea. Secondo quanto riferito ieri da Agenzia Nova, il Ciad e la Mauritania sarebbero ormai pronti ad avviare le procedure per sciogliere definitivamente questa entità che, nata nel 2014 sotto l’egida della Francia, aveva come finalità quella di contrastare il fenomeno jihadista nel Sahel. Pochi giorni fa, Niger e Burkina Faso avevano annunciato il loro ritiro dall’organizzazione, seguendo l’esempio del Mali, che aveva fatto altrettanto l’anno scorso. Il naufragio del G5 Sahel certifica il crollo dell’influenza francese sulla regione e, conseguentemente, un rafforzamento di Mosca nell’area.
Vale a tal proposito la pena di sottolineare che, oltre alla sua longa manus su Mali, Burkina Faso e Niger, il Cremlino ha spalleggiato i paramilitari delle Rsf in Sudan. Inoltre, la Russia sta consolidando i suoi rapporti con la parte orientale della Libia: poche settimane fa, Bloomberg News aveva riportato che sarebbero in corso delle trattative tra Mosca e Khalifa Haftar per creare una base navale russa nell’area. Una circostanza che, va detto, è stata smentita dalle forze del generale della Cirenaica. Non è tuttavia chiaro se si sia trattato di una smentita sincera, visto che comunque Mosca si sta organizzando con Haftar per creare un corpo militare russo in Libia. A complicare la situazione sta il fatto che, sulla scia della Russia, anche l’Iran sta consolidando i propri legami con vari Paesi della regione, a partire dal Mali e dal Burkina Faso.
Nel frattempo, come abbiamo visto, l’influenza francese sul Sahel è ormai tramontata, mentre non è esattamente chiaro quale sia la strategia di Bruxelles per fare fronte a questa situazione. L’Alto rappresentante Ue per gli affari esteri, Josep Borrell, sembra non toccare palla. Si tratta di un problema rilevante. Il Sahel costituisce infatti uno snodo cruciale per i flussi migratori diretti verso le nostre coste. E la Russia ha già in passato utilizzato i flussi come strumento di pressione geopolitica (basti ricordare la crisi migratoria che orchestrò alla frontiera polacca nell’autunno del 2021). Ricordiamo d’altronde che proprio il Niger ha recentemente abrogato una legge del 2015 che, approvata in partnership con l’Ue, metteva fuori legge le attività di traffico migratorio sul proprio territorio. Il rischio è che quindi forze ostili all’Occidente possano far leva sui flussi migratori che attraversano il Sahel, per mettere sotto pressione Bruxelles e il fianco meridionale della Nato.
Vista l’inazione della Commissione europea e l’assenza di strategia dell’amministrazione Biden, soluzioni all’orizzonte se ne vedono poche. Una speranza potrebbe tuttavia arrivare dal Piano Mattei, che parte da una logica di cooperazione paritaria tra l’Occidente e i Paesi africani: un atteggiamento che potrebbe rappresentare un’efficace terza via tra la miope arroganza postcoloniale francese e il terzomondismo peloso dei russi.






