
Esce in una nuova edizione la controversa raccolta di aforismi del filosofo. Considerata la «pistola fumante» della nazificazione di Nietzsche, in realtà l’opera fu tutt’altro che un falso grossolano.Nell'ambito della produzione dell'autore maledetto Friedrich Nietzsche, il libro a sua volta più maledetto è senz'altro La volontà di potenza. Testo falsificato, si è detto. Opera mefistofelica dell'antisemita sorella Elisabeth, che con un taglia e cuci arbitrario avrebbe creato dal nulla un filosofo bello e pronto per essere gustato, digerito e assimilato dai nazionalsocialisti. A questa leggenda nera aggiungono ora un ulteriore tassello le maledettissime Edizioni di Ar di Franco Freda, che ripubblicano il volume con testo a fronte, in un'impegnativa edizione da 90 euro. «Questa versione integrata dal testo», scrive Freda, che è anche il traduttore, nell'introduzione, «vuole significare un atto di venerazione, offerto da “buoni Europei” in italiano, di queste reliquie del pensiero di Nietzsche, sovente denigrate come reliquati: bellici nel migliore dei casi — relitti delle guerre scatenate dai fascismi contro le democrazie nel secolo XX. Vuole essere pure un rispettoso ricordo della sincerità, della onestà e della bravura di quanti hanno contribuito a stabilire, oltre un secolo fa, il testo di queste Anmerkungen-annotazioni-observationes di Nietzsche, nonché di coloro che, circa un secolo fa, lo hanno volto in italiano - curando una traslazione che (nonostante la, invidiosa, opinione di alcuni sofi universitari) deve ritenersi felice».Ma qual è la vera storia di questo libro? Davvero dalla Volontà di potenza esce un Nietzsche diverso, inedito, falsificato, nazificato? Le cose sono decisamente più complicate. La prima menzione della Wille zur Macht, il concetto della volontà di potenza, appunto, risale al 1883, quando Nietzsche scrive la prima parte del Cosi parlò Zarathustra. Qui, nel capitolo “Dei mille e uno scopo”, si legge: «Una tavola di valori è affissa su ogni popolo. Vedi: è la voce della sua volontà di potenza». Negli anni successivi, la formula diventa sempre più centrale in Nietzsche, tanto da finire in vari piani come titolo per un possibile futuro libro. Nel 1885, in un quaderno dell'agosto-settembre, troviamo il primo di questi progetti. Si legge: «La volontà di potenza. Tentativo di una nuova interpretazione di ogni accadere di Friedrich Nietzsche». Poco dopo, in un altro piano, La volontà di potenza è il quarto libro di un'opera intitolata Della gerarchia, mentre due frammenti dopo leggiamo: «Sotto il titolo non innocuo di La volontà di potenza prende qui la parola una nuova filosofia o, per dirla più chiaramente, il tentativo di una nuova interpretazione di ogni accadere». Il 21 luglio 1886 esce Al di là del bene e del male. Preludio di una filosofia dell'avvenire; sulla quarta di copertina si annuncia la futura uscita di un'opera in quattro libri intitolata La volontà di potenza. Trasvalutazione di tutti i valori. La formula esce dai piani più o meno vaghi e finisce in un annuncio pubblico: è la prova più evidente che Nietzsche stava effettivamente lavorando a un libro con questo titolo. Il quale, tuttavia, non vide mai la luce con Nietzsche in vita. Il libro con questo titolo verrà estratto dalla massa dei suoi appunti dopo la sua morte. Esistono almeno cinque versioni differenti della Volontà di potenza: una curata dai fratelli Horneffer e Peter Gast nel 1901 e composta da 483 paragrafi; una da Elisabeth Förster-Nietzsche e Peter Gast nel 1906 che consta di 1.067 paragrafi; una da Max Brahn del 1917 in 696 paragrafi; una da August Messer del 1930 in 491 paragrafi; e una da Friedrich Würzbach del 1935 in 2.397 (ripubblicata poi nel 1940 col titolo Il lascito di Friedrich Nietzsche).Ma cosa aveva fatto Elisabeth di preciso? Maurizio Ferraris, in appendice all'edizione Bompiani del libro, riassumeva così i termini della questione: «1. Elisabeth e Gast nel 1906 [...] hanno ordinato in modo tematico, appoggiandosi al piano abbozzato da Nietzsche nel marzo 1887, ai 372 frammenti numerati dell'autunno di quell'anno e alla rubrica relativa, ma spaziando dal 1883 al 1888, ciò che in buona regola filologica avrebbe dovuto essere disposto cronologicamente […]. 2. [Hanno preso] la decisione di accorpare frammenti di epoche diverse. Il terminus a quo, l'anno 1883, non è del resto privo di motivi, visto che il progetto di un'opera teoretica accompagna e segue la stesura dello Zarathustra. 3. Quella di comporre con frammenti diversi (e in rari casi con materiale allotrio ma comunque di Nietzsche, come avantesti di altre opere) uno pseudoaforisma o, inversamente, di frammentare un testo continuo per cavarne più “aforismi”. 4. Quella di sostenere (in un complicato rapporto con il pregiudizio del sistema) che il WzM, capo d'opera sistematico, sarebbe stato però composto non di testi continui di cui ci restano abbozzi preparatori, ma per l'appunto di aforismi, secondo il modello rifiutato o superato già nella Genealogia della morale, e che riappare parzialmente nelle opere del 1888. 5. La scelta di cassare dei frammenti, per esempio dalla lista dei 372, che risultassero incompleti, o ripetitivi, o “poco filosofici”, ossia contrastanti con l'autoconclusività dell'aforisma o con la pretesa di un piano organico». Come si vede, l’operazione appare discutibile in sede filologica, ma niente affatto esiziale dal punto di vista filosofico, men che meno da quello politico. Elisabeth ha selezionato, ordinato e composto aforismi arbitrariamente, ma non ha inventato niente. Nessuna delle «scandalose» idee contenute nella Volontà di potenza, del resto, appare davvero inedita al lettore delle opere pubblicate in vita da Nietzsche, che contengono lo stesso, radicale progetto di decostruzione dell’ideologia umanitaria ed egualitaria. Se c’è un Nietzsche falsificato, a ben vedere, è proprio quello addomesticato dai portatori della buona novella filologica che lo hanno voluto recuperare a ideologie che egli, per tutta la sua vita, non cessò di disprezzare.
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