2023-07-11
Su Netflix «Devil’s Advocate», il caso O.J. Simpson in versione araba
True
«Devil’s Advocate» (Netflix)
Devil’s Advocate, in streaming sulla piattaforma dal 13 luglio, pare essere costruito su pilastri promettenti, dove «promettente» è il conforto che deriva dalla conoscenza, non (l’eccessiva) sperimentazione.Un caso O.J. Simpson, trasposto altrove, in Kuwait. Devil’s Advocate, l’ultima fra le serie arabe che Netflix ha deciso di rendere disponibile, sembra ricordarla da vicino, la vicenda di O.J. Simpson. Una star, la morte violenta di sua moglie, le accuse, il processo, gli avvocati. Ogni elemento dello show è già stato altrove. In America, sotto riflettori che il tempo non è stato capace di spegnere. Eppure, oltre la voglia (quanto meno apparente) di ricalcare immagini note, c’è dell’altro: un approfondimento verticale, l’intenzione di mescolare i generi e gli stili, così che sia impossibile dire con certezza cosa si stia guardando, se un legal drama, un thriller di matrice psicologica, una banale serie che abbia al centro la procedura investigativa. Devil’s Advocate, in streaming sulla piattaforma dal 13 luglio, pare essere costruito su pilastri promettenti, dove «promettente» è il conforto che deriva dalla conoscenza, non (l’eccessiva) sperimentazione. Devil’s Advocate è la storia di un calciatore, accusato di aver ucciso la moglie. La moglie perfetta, la moglie buona, la foodblogger decisa a diffondere amore attraverso le proprie ricette. Cosa potrebbe averlo spinto a tanto, non è detto. Sembrava perfetto, quel loro matrimonio. E il trailer indugia sui momenti conviviali, i pasti in famiglia, circondati da amici e sorrisi. Indugia sulla patina dorata della relazione, sulla bellezza dei protagonisti, su una ricchezza che non è mai sfrontata. Poi, però, va altrove: fra le pieghe di un rapporto lontano da come l’opinione pubblica l’avrebbe immaginato. La grande star del calcio e quella moglie meravigliosa non hanno mai vissuto l’idillio di una favola. Non hanno potuto avere figli né hanno mai trovato il coraggio di dirlo a viva voce. Hanno lasciato che il mondo circostante, la famiglia, i conoscenti, ricordassero loro la gioia della riproduzione. Hanno lasciato che il pensiero sedimentasse nelle loro menti e le logorasse, pian piano. La vita semplice che sembrerebbe lecito attendersi da chi non abbia preoccupazioni di natura economica non hanno potuto o saputo viverla. E c’è altro nell’aria, un piano, qualcosa. Sul «cosa», di nuovo, la sinossi sorvola. Il trailer allude unicamente ad un brusio. La moglie della star sta pianificando. Se basti questo a figurare da movente, se il piano taciuto della signora possa averne provocato la morte, non è detto. Quel che si vede è la star in rovina, costretta alla prigione e alla sua violenza. Poi, un avvocato, una donna, decisa a scavare oltre le apparenze. Vorrebbe difenderlo, ma per farlo è necessario non si fermi alla cronaca dei media, alle aspettative del pubblico. Deve sapere, approfondire, infilarsi nell’intimità di una coppia lontana dagli standard di perfezione che le sono stati attribuiti. Devil’s Advocate, costruita a mezza via tra The Staircase e i tanti gialli già visti, è il racconto di un matrimonio, le cui conseguenze sono portate all’estremo. Non solo, però. È l’occasione, parimenti, di guardare una televisione diversa, una serialità diversa, di ispirazione americana (forse) e di matrice araba.
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.