2018-10-20
Nessuno si indigna se dalle mense rimangono fuori i bambini italiani
Tanti Comuni, visti i debiti accumulati, hanno escluso dalla refezione chi non paga e il Tar ha dato loro ragione. In Italia, il 49% dei bimbi non pranza a scuola. Ma per molti genitori è decisamente meglio così.Francia senza vergogna: spunta un altro video di clandestini scaricati qui. Il Viminale diffonde un filmato girato ieri a Claviere: gendarmi conducono tre stranieri oltre il confine, poi tornano in patria. Matteo Salvini furibondo: «Atto ostile, Parigi spieghi». Fabio Fazio stende il tappeto rosso al sindaco di Riace. Mimmo Lucano sarà ospite di Che tempo che fa per la solita serata di propaganda. Ma il suo «modello» era irregolare da tempo. Lo speciale contiene tre articoli. Le bugie avranno pure le gambe corte, ma c'è gente che le porta in giro in auto, motivo per cui continuano a circolare senza problemi. Sul caso di Lodi e dei «bambini stranieri tenuti fuori dalla mensa», per esempio, da giorni sentiamo le fandonie più disparate. I progressisti di mezzo mondo sono sul piede di guerra, cianciano di apartheid e di razzismo. Si è mobilitato persino quel furbone di Pierre Moscovici, commissario Ue agli Affari europei che non ama farsi gli affari suoi. «Da cittadino sono scioccato», ha detto riguardo alle vicende della città lombarda. Beh, prima di commentare a sproposito, lui e tutti gli altri farebbero meglio a documentarsi un pochettino meglio sulla realtà del nostro Paese, almeno per quello che riguarda le mense scolastiche. Sono tanti i Comuni, soprattutto quelli di piccole dimensioni, ad avere problemi a riguardo. Il fatto che molti abitanti non paghino il servizio, mette in seria difficoltà le amministrazioni, costringendole a prendere provvedimenti. A Magenta (Milano), lo scorso giugno, il sindaco Chiara Calati e il vicesindaco Simone Gelli hanno svelato l'esistenza di un buco di oltre 190.000 euro dovuto ai «furbetti della mensa». Una situazione insostenibile, per cui si sono rese necessarie misure estreme: sospensione del servizio per chi approfittava dei denari pubblici. «È una questione di equità ma prima ancora di rispetto nei confronti di chi ha sempre pagato nei tempi previsti», disse Simone Gelli. Italiani o stranieri che fossero, per i genitori morosi la via era obbligata: niente soldi, niente mensa. Ancora più grave la situazione nel Comune di Limbiate (Milano). Lo scorso aprile, il sindaco Antonio Romeo ha spiegato che su 2.200 famiglie, 1.550 non pagavano il servizio. Risultato: un debito di 242.000 euro sul groppone dell'amministrazione. Per una piccola città sono un sacco di soldi. Alla fine, a maggio, il Comune ha dovuto ricorrere alle maniere forti: 163 bambini figli di genitori morosi sono stati lasciati fuori dalla mensa scolastica. C'erano anche figli di italiani, ma sui giornali non si sono letti pezzi indignati. E non si sono letti nemmeno per le 46 famiglie morose di Cesano Maderno (Monza e Brianza). Dal 22 ottobre i loro bambini non potranno mangiare in mensa come gli altri, a meno che non siano saldati i debiti con l'azienda che gestisce il servizio di refezione. Tanto per restare nei dintorni di Monza, a Besana Brianza, lo scorso aprile il Comune ha dichiarato di avere accumulato - in soli otto mesi - un debito di 15.000 euro con la società che si occupa della mensa scolastica. A Rho (Milano), spiegava Il Giorno lo scorso luglio, «la morosità è raddoppiata, passando da un debito medio annuo di circa 76.000 euro nel quadriennio 2012-2016, ad un debito di circa 150.000 euro nell'anno scolastico 2016-2017». Anche lì, stessa storia: i genitori non pagano? Bene, per i figli niente mensa. A Ivrea (Torino) il debito del Comune dovuto ai mancati introiti della mensa è di 130.000 euro (dato reso pubblico all'inizio di settembre). A Varedo (Monza e Brianza) sono arrivati a 49.000 euro. A Carnate (Monza e Brianza) hanno provato a ridurre il buco che inizialmente era di 20.000 euro escludendo i morosi dal pranzo. Il sindaco Daniele Nava non è un pericoloso populista, anzi è stato eletto dal centrosinistra. Un po' come Sem Galbiati, primo cittadino di Cavenago che, nel 2012, iniziò una battaglia contro i genitori morosi. Come spiegò Repubblica all'epoca, la linea dura di Galbiati ebbe successo: «Sono 170 le famiglie che hanno tenuto ben chiuso il portafogli, 50 quelle in vera difficoltà». Tutte queste storie dimostrano almeno due verità. La prima è che, per i piccoli Comuni, è fondamentale stabilire chi ha davvero diritto agli sconti sui costi della mensa. La seconda è che, quando la refezione viene negata ai bimbi italiani, nessuno si scandalizza. Del resto, come spiega il rapporto (Non) tutti a mensa 2018 di Save the children, nel nostro Paese il 49% dei piccoli non usufruisce del servizio (In Sicilia sono l'81,05%, in Molise l'80,29). Ma c'è di più. A Corsico (Milano) è esploso qualche tempo fa un piccolo caso analogo a quello di Lodi. Il sindaco Filippo Errante (eletto con una lista di centrodestra ma proveniente da sinistra), nel 2016, decise di sospendere il servizio mensa ai figli di genitori morosi. Spiegò che il buco nelle casse comunali ammontava alla bellezza di 1.227.000 euro. Alcune associazioni fecero ricorso al Tar della Lombardia, sostenendo che fossero stati lesi i diritti dei bimbi e delle famiglie. Nel febbraio del 2018, il tribunale ha risposto, e ha dato ragione al sindaco. Secondo il Tar, il servizio di refezione scolastica non rientra nel «diritto all'istruzione». Esso è «strumentale all'attività scolastica». Non solo: «L'ente locale non ha alcun obbligo di istituire ed organizzare» il servizio di refezione. E, se lo fa, può stabilire «la misura percentuale finanziabile con risorse comunali e quella da coprire mediante contribuzione degli utenti». Non parliamo di «diritti», dunque, ma di un servizio accessorio a cui si accede pagando. Se il Comune decide di offrire contributi alle famiglie, deve fare adeguata selezione. Per inciso, a Corsico il Comune sostiene di aver avuto successo: nel 2016 la morosità era del 12%, nel 2017 si è ridotta al 3,5%. Capite bene che quanto ha deciso il sindaco di Lodi, Sara Casanova, riguardo le mense (per altro appoggiandosi a leggi varate dai governi di centrosinistra tra il 1998 e il 200o) non è proprio così assurdo o così razzista, anzi. Usufruire della mensa gratis o a prezzo scontato non è un diritto, è un privilegio, un aiuto che le amministrazioni concedono a chi ne ha davvero bisogno. Basarsi su autocertificazioni e non fare controlli causa disastri. Per altro, ci sono anche cittadini ben contenti di non mandare i propri figli alla mensa scolastica. Numerose associazioni di genitori si battono in tutta Italia (l'ultimo caso è nel Lazio) per poter consentire ai propri bambini di consumare a scuola il pasto preparato a casa. Sulla questione si è pronunciato, a settembre, il Consiglio di Stato, affrontando il caso del Comune di Benevento. L'amministrazione voleva obbligare tutti i bimbi delle materne e delle elementari a mangiare in mensa. Alcuni genitori hanno fatto ricorso al Tar e hanno vinto. Il Comune si è allora rivolto al Consiglio di Stato, che di nuovo ha dato ragione alle famiglie. Per qualcuno, il panino da casa non è una discriminazione: è una conquista. Ditelo alle mamme straniere di Lodi. Francesco Borgonovo<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/nessuno-si-indigna-se-dalle-mense-rimangono-fuori-i-bambini-italiani-2613634590.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="francia-senza-vergogna-spunta-un-altro-video-di-clandestini-scaricati-qui" data-post-id="2613634590" data-published-at="1758186597" data-use-pagination="False"> Francia senza vergogna: spunta un altro video di clandestini scaricati qui A sentire loro, si trattava di un irrilevante incidente di percorso. «Operiamo al confine secondo accordi bilaterali. Ci sono talvolta piccola incidenti da una parte e dall'altra ma non è mai rimessa in dubbio la regolare collaborazione». Così l'Eliseo ha spiegato l'incredibile episodio avvenuto nei giorni scorsi a Claviere, piccolo Paese in Provincia di Torino accoccolato sul confine tra Italia e Francia. La polizia italiana aveva ripreso un furgone della gendarmeria francese intanto a fare pulizia. Gli agenti d'Oltralpe hanno scaricato come rifiuti alcuni immigrati clandestini nel bosco, in territorio italiano. Non immaginavano che la zona fosse tenuta d'occhio dalle nostre forze dell'ordine, e hanno agito tranquilli. Quando sono stati scoperti, i francesi hanno dato la colpa ai gendarmi «inesperti». Ma, ovviamente erano balle. Operazioni simili sono frequenti. Lo ha spiegato persino un rapporto realizzato dalla sezione transalpina di Amnesty international, che ha parlato di ben 26 sconfinamenti avvenuti sempre a Claviere nell'arco di appena 48 ore, tra il 12 e il 13 ottobre. Insomma, che la Francia ci stesse prendendo in giro era già chiaro. Ora, però, spunta un nuovo filmato, girato ieri mattina alle 9.30 a Claviere e diffuso dal Viminale. Si vede una camionetta della gendarmeria francese parcheggiata in territorio italiano. I gendarmi sono fuori dal mezzo e stanno dando indicazioni a tre persone di colore munite di sacche (probabilmente migranti, dunque). Quando i tre si sono allontanati, i francesi risalgono in auto e se ne vanno. Certo, magari gli agenti hanno solo indicato la strada a tre passanti. Ma è un po' strano, non trovate? Inoltre, il Viminale spiega che c'è un testimone. L'autore del filmato ha visto i tre stranieri scendere dal furgone della gendarmeria, e si è anche reso disponibile a fornire ulteriori chiarimenti. A quanto pare, scene del genere si sono viste spesso da agosto ad oggi. Matteo Salvini si è comprensibilmente innervosito: «I rapporti Italia-Francia rischiano di essere gravemente danneggiati, e non per colpa nostra», ha detto. Secondo il ministro, ora «Parigi deve chiarire» questa nuova «iniziativa della polizia francese. Iniziativa che appare come una provocazione e un atto ostile». Già, sarebbe proprio ora che Emmanuel Macron si decidesse a fornire qualche spiegazione seria. E, magari, sarebbe pure ora che gli alti papaveri dell'Ue aprissero bocca. In primis, il commissario agli Affari europei, Pierre Moscovici. Questo signore si è sentito in diritto di indignarsi per la vicenda di Lodi, ma si è ben guardato dal commentare il comportamento indegno dei suoi connazionali. Ecco, ora si prenda la briga di dirci con quale diritto i gendarmi possono scaricare i clandestini qui da noi, in barba a qualunque accordo. Riccardo Torrescura <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem2" data-id="2" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/nessuno-si-indigna-se-dalle-mense-rimangono-fuori-i-bambini-italiani-2613634590.html?rebelltitem=2#rebelltitem2" data-basename="fabio-fazio-stende-il-tappeto-rosso-al-sindaco-di-riace" data-post-id="2613634590" data-published-at="1758186597" data-use-pagination="False"> Fabio Fazio stende il tappeto rosso al sindaco di Riace E infine arrivò la beatificazione laica di Mimmo Lucano, per mano del pontefice del buonismo: Fabio Fazio. Il quale, domenica sera intervisterà il sindaco di Riace a Che tempo che fa. Lucano, solitamente così timido, riservato e timoroso delle luci dei riflettori, avrà accettato a malincuore... Decisamente meno convinti sembrano i membri leghisti della commissione di Vigilanza Rai, che in una nota hanno scritto: «La tv pubblica non può divulgare modelli distorti sull'onda di strumentalizzazioni ideologiche. Sulla questione prepareremo un'interrogazione». Chissà di che parlerà, da Fazio, il Mimmo (inter)nazionale. Forse di come quel cattivo di Matteo Salvini, con una decisione arbitraria, inaspettata e punitiva, abbia deciso di chiudere il progetto Sprar di Riace. Ripercorrere le tappe di quel provvedimento allora potrebbe essere propedeutico a una corretta visione della trasmissione. L'occhio su Riace, come sappiamo, si accende nel 2016, quando l'Italia è sotto il governo illuminato del Pd. Non è un fatto straordinario: il Servizio centrale effettua infatti visite di monitoraggio secondo un calendario che prevede almeno una visita nel triennio di finanziamento. A Riace, il controllo avviene il 20 e 21 luglio 2016, con Angelino Alfano al Viminale. Da subito emergono una serie di criticità e anomalie gestionali. Nel dicembre 2016 (a metà di quel mese la palla passa a Marco Minniti) avviene una visita ispettiva delle prefettura di Reggio Calabria che, nel confermare la grave situazione di disordine e confusione amministrativa, accerta ulteriori gravi criticità. Il 28 gennaio del 2017, il ministero richiama il Comune calabrese, chiedendo di avviare «un profondo processo di rinnovamento delle procedure poste in essere in attuazione del progetto Sprar per ricondurle entro i confini della piena legalità». Ora, quando il Servizio nazionale Sprar riscontra delle infrazioni, applica dei punteggi di penalità. Trattandosi di Riace, il ministero si mette di impegno per venirne fuori con le buone, dato che Lucano si è già fatto una fama di «re dell'integrazione». La direttrice del Sistema centrale Sprar del ministero dell'Interno, Daniela Di Capua, ha spiegato: «Il ministero, proprio perché si trattava di Riace, e il progetto era molto conosciuto, ci ha chiesto di andare a spiegare come fare: siamo andati cinque volte in due anni, non avevamo mai fatto tanta assistenza in loco per aiutare un progetto». Un'attenzione particolare, testimoniata anche dal prefetto Mario Morcone, già capo di gabinetto del ministro Minniti, che di Lucano ha detto: «L'ho sempre agevolato», «lo aiutavamo ad ottenere lo sblocco delle somme di cui aveva diritto». Insomma, il ministero fa tutto il possibile per aiutare Lucano e anche qualcosa di più. Dal novembre 2017, viene disposta un'assistenza più assidua nella gestione amministrativa del progetto. Lo scorso aprile, il Servizio centrale invia al Comune di Riace il resoconto dell'attività svolta, richiamando di nuovo l'attenzione sulla necessità di rispettare modalità e tempi di accoglienza previsti dalla legislazione vigente. Arriviamo a maggio e c'è un nuovo monitoraggio: il Servizio centrale nota come, nonostante i richiami, persistano diffuse e gravi criticità sul piano sia qualitativo sia amministrativo. Alle medesime conclusioni giunge anche la prefettura di Reggio Calabria. Due note ministeriali inviate a maggio e giugno accertano che nulla sta cambiando, definendo l'incapacità del Comune di darsi un assetto organizzativo trasparente come cronica. A luglio, il ministero dell'Interno comunica l'avvio del procedimento per l'applicazione delle penalità in merito al progetto e la revoca del contributo concesso. Riace non è un caso isolato: nel corso del 2018 sono stati applicati punteggi di penalità a cinque enti (Caccamo, Racalmuto, Agrigento, Trezzano sul Naviglio, Riace). Dal Viminale fanno sapere che sugli altri quattro enti è tuttora in corso una valutazione del ministero per sapere se le criticità siano state sanate. Adriano Scianca
Nucleare sì, nucleare no? Ne parliamo con Giovanni Brussato, ingegnere esperto di energia e materiali critici che ci spiega come il nucleare risolverebbe tutti i problemi dell'approvvigionamento energetico. Ma adesso serve la volontà politica per ripartire.