2020-01-08
«Nessuna attenuante per i coniugi Renzi: non hanno dato segni di ravvedimento»
Nelle motivazioni alla condanna per fatture false il giudice scrive: «Sostengono la loro posizione contro ogni evidenza».Il giudice Fabio Gugliotta nelle motivazioni rese note ieri della sentenza di condanna emessa a ottobre contro i genitori di Matteo Renzi ha espresso giudizi davvero poco lusinghieri sull'operato di Tiziano e Laura, condannati a 1 anno e 9 mesi per l'emissione di due fatture false, grazie alle quali la coppia, nel 2015, ha incassato 195.200 euro («un ingiusto profitto» per il tribunale) per prestazioni oggettivamente inesistenti, come comprovato da «molteplici e convergenti elementi», un «preciso e univoco» quadro probatorio che «consente di affermare, senza incertezze, la ricorrenza di tutti gli elementi costitutivi dei reati contestati ai tre imputati», ovvero i due genitori e l'imprenditore Luigi Dagostino.La mamma è stata condannata per il ruolo di amministratore legale delle società coinvolte (la Eventi 6 e la Party srl), il babbo in quanto amministratore di fatto e «in ragione degli accertati consolidati rapporti con il Dagostino, con il quale concordava, di fatto, l'intera operazione». Un commercio dalle motivazioni ancora poco chiare, anche per il giudice, e meritevoli di approfondimento: «Una volta ricevute le fatture dal Renzi e dalla Bovoli, il Dagostino […] si incaricava di fare pressioni per il loro sollecito pagamento; rispetto al quale aveva, evidentemente, un concreto e specifico interesse, non soltanto conseguenza di una “sudditanza psicologica" verso i due, ma riflesso di una cointeressenza rispetto alla quale sarebbero possibili ben altri approfondimenti, che esulano, però, dal merito del presente processo». Gugliotta non crede alla versione di Dagostino che aveva dichiarato di aver pagato lo studio elaborato dai Renzi un prezzo fuori mercato perché a chiederglielo erano state persone a cui era difficile dire di no (i genitori dell'allora premier) e ricorda come nei mesi successivi al pagamento i tre abbiano continuato ad avere intensi rapporti. In particolare, come registrato nell'agenda di Dagostino, i Renzi nell'estate del 2015 accompagnarono l'imprenditore in alcuni suoi viaggi a Roma, in Liguria e in Puglia per incontri con politici d'area Pd. Lo stesso Dagostino con La Verità aveva ammesso che Tiziano, mente il figlio era a Palazzo Chigi, svolgeva attività di lobbista.Le motivazioni della sentenza sono una lunga sottolineatura delle anomalie nelle versioni degli imputati. In esse il giudice, che ha condannato i genitori alla pena base di un anno e mezzo con l'aggiunta di 3 mesi per la continuazione, ci fa anche sapere perché non ha concesso ai due sconti di pena: «Non vi sono ragioni positive che consentano il riconoscimento di circostanze attenuanti generiche, al di là della mera incensuratezza, di per sé insufficiente, non avendo i predetti imputati fornito un fattivo contributo per la ricostruzione dei fatti e mostrato segni di ravvedimento, continuando a sostenere la loro posizione al di là di ogni evidenza contraria».Il giudice rimarca «il mancato rinvenimento di qualsiasi documentazione comprovante l'esistenza delle prestazioni indicate nei documenti fiscali». Un'assenza di accordi preventivi «davvero strana», soprattutto nelle prestazioni di natura intellettuale, «comportanti uno studio e un'applicazione di particolare rilevanza, come vigorosamente sostenuto dallo stesso imputato Renzi Tiziano». A sorpresa il giudice porta a sostegno della sua tesi le dichiarazioni di un teste che, sulla carta, avrebbe dovuto soccorrere la difesa: «La regola fondamentale nel settore di riferimento è sempre stata quella della formalizzazione degli incarichi, come pure dichiarato da uno dei testi della difesa, il fratello di Bovoli Laura […] in aperto contrasto con quanto sostenuto dal Renzi e dalla Bovoli circa la presunta abituale informalità dei rapporti di consulenza forniti dalle società a loro riferibili, secondo una prassi ultradecennale».Il giudice, nello stigmatizzare «la fragilità e la clamorosa contraddittorietà della posizione difensiva», sottolinea come le tre diverse versioni della fattura 202, emessa dalla Eventi 6, evidenzino «non solo un'incertezza davvero sorprendente sul valore della presunta prestazione di consulenza, lievitato inspiegabilmente, nel giro di pochi giorni, di 40.000 euro», ma contengano «l'indicazione dell'esistenza di un incarico specifico […] avvenuto nelle mani di un fantomatico incaricato della società committente, la cui identità non è mai stata nemmeno allegata». Insomma anche per gli ideatori dell'operazione, almeno nelle intenzioni, «ben doveva esservi una documentazione comprovante l'effettività dell'incarico e della prestazione (sempre al contrario di quanto sostenuto nelle dichiarazioni difensive del Renzi e della Bovoli)». Tanto che a una delle mail veniva allegata una presentazione dell'elaborato definitivo, di cui, in realtà, secondo gli stessi messaggi di posta elettronica, «doveva esservi già stata la consegna».Il giudice ridicolizza il contenuto della relazione inviata dai Renzi e «che costituirebbe l'oggetto della prestazione di maggior rilevanza economica, il frutto, per dirla con le parole indignate di Renzi Tiziano, del “lavoro di mesi", una vera e propria opera dell'ingegno»: «Si tratta di uno scritto di due pagine e mezza, contenente affermazioni di principio banali e del tutto generiche, espressioni tautologiche prive di un effettivo valore innovativo e creativo, tali da giustificare la convinzione di un documento predisposto, frettolosamente e in modo maldestro, per dare l'impressione di una effettiva esistenza di uno “studio di fattibilità" in realtà inesistente; a cui, peraltro, erano allegate delle tavole planimetriche evidentemente copiate da un precedente elaborato predisposto dallo studio “P&P", senza nemmeno l'accortezza di cancellare la stampigliatura attestante la paternità degli elaborati».Per Gugliotta quello non sarebbe un elaborato «pagato per un valore superiore a quello reale, come pur sostenuto dal Dagostino», ma «un documento creato ad arte e che non può affatto assurgere al rango di uno studio di fattibilità». Il fatto che lo stesso sia stato «valutato dapprima 100.000, poi 140.00 euro rende evidente come sia stata posta in essere una vera e propria messa in scena al fine di giustificare una disposizione patrimoniale avente altri fini». Infine per la toga «non si comprende, sul piano della logica, l'utilità di richiedere una stessa prestazione a due diverse società, tra loro collegate» e «il motivo della elevata differenza del valore delle due analoghe relazioni “fantasma“». Gli avvocati dei tre imputati, tra cui Alessandro Traversi, Federico Bagattini e Lorenzo Pellegrini, hanno già annunciato appello, considerate le «palesi ed evidenti incongruenze e contraddizioni» contenute nelle motivazioni.
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