2023-03-02
Dal velivolo al tramezzino: quante parole di uso comune nate da d’Annunzio
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Gabriele d'Annunzio (Getty Images)
Il poeta aveva una straordinaria capacità di incidere sulla sensibilità popolare della sua epoca e di quelle successive. E non mancò di dare il nome persino a marchi commerciali storici.Gabriele d’Annunzio, di cui ieri ricorrevano gli 85 anni dalla morte, ha segnato la cultura italiana in modo indelebile. I suoi libri, il suo stile, le sue provocazioni, i suoi amori, le sue imprese hanno segnato un’epoca. Quello che non tutti ricordano è che tale influsso non si è manifestato solo nella cultura «alta», ma anche nel linguaggio quotidiano. Tutti noi, quando entriamo in un bar e chiediamo un tramezzino, oppure discutiamo con i colleghi su chi vincerà lo scudetto, siamo debitori inconsapevoli della straordinaria capacità mitopoietica del poeta. La capacità del Vate di creare neologismi è nota. Molti di questi erano italianizzazione di voci arcaiche o latine: avio (impervio, remoto), caupona (osteria), clamoso (strepitante), illune (senza luna), per esempio, sono tutte voci mai adoperate in precedenza, come riporta l’Enciclopedia Treccani. Accanto ai latinismi, pensiamo anche ai grecismi: camelopardo (giraffa), criselefantino (fatto d’oro e di avorio), epopto (sorvegliante), protome (busto scultoreo). O anche i dantismi: croio (rustico), fortuna (tempesta), rancura (affanno), trambasciare (essere angosciato), caleffadore (burlatore), arrubinato (riempito di vino) etc.Alcuni termini, poi, d’Annunzio li inventò di sana pianta, facendo solo viaggiare la fantasia. È il caso, appunto, di tramezzino, che viene da «tramezzo», inteso come momento fra colazione e pranzo. Così il poeta tradusse il termine inglese sandwich. Anche velivolo è invenzione dannunziana, coniata su un preesistente aggettivo marinaresco, che significava «che sembra volare con le vele». Sempre in ambito aeronautico, la parola fusoliera fu per la prima volta usata da d'Annunzio nel romanzo Forse che sì, forse che no (1910): «... immaginò di ritrovarsi nella lunga fusoliera che formava il corpo del suo congegno dedàleo tra i due vasti trapezii costrutti di frassino di acciaio e di tela, a, dietro il ventaglio tremendo dei cilindri irti d’alette, di là dai quali girava una forza indicibile come l’aria: l’elica dalle curvature divine». Al poeta vengono attribuiti anche i termini carlinga, multiplano, rullìo, triplano, virata.E se chiamiamo i pompieri vigili del fuoco, per evitare di copiare il francese pompier, beh, è sempre merito del Vate. Stesso discorso per lo scudetto, il triangolo tricolore che dal 1925 viene appuntato sulle maglie della squadra campione d'Italia e che fa la sua prima apparizione nella Fiume dannunziana. Sempre in ambito sportivo, sembrerà incredibile, ma di d’Annunzio non si era soliti usare i termini nerazzurro, nerobianco, etc.Non solo: prima di d’Annunzio, il termine automobile era declinato al maschile. Ma per il poeta non poteva che essere femmina perché «ha la grazia, la snellezza, la vivacità di una seduttrice». Dannunziani sono anche i nomi di alcune marche. È il caso della Saiwa, che sta per Società Accomandita Industria Wafer e Affini, sigla e nome creato appunto dal Vate. Così come La Rinascente, il grande magazzino che nel 1917 fu distrutto da un incendio e ricostruito: per l'occasione d'Annunzio lo ribattezzò Rinascente, marchio con cui ancora oggi si indentifica quella che, nel frattempo, è diventata una catena di negozi presenti in 12 città italiane.Fa certamente riflettere il fatto che uno dei più ricercati autori italiani abbia saputo creare termini di uso comune, o addirittura marchi commerciali, di così ampia diffusione. È il segno di un approccio aristocratico ma non snobistico alla cultura, di particolari «antenne» per la sensibilità comune. Oltre che di una straordinaria capacità di autopromozione, da vero «Pr di se stesso», che è un altro tratto della grandissima modernità dannunziana.
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