2022-11-27
Nello scandalo fondi alla coop Karibu spunta il ruolo chiave dell’università Luiss
L’ateneo degli industriali, che spinse per far lavorare gli ospiti dei centri, era partner in diversi progetti di integrazione.Nel 2019, mentre i dipendenti bussavano alla porta della sede di Sezze (Latina) per ricevere gli stipendi arretrati, la coop Karibu, presieduta da Marie Therese Mukamitsindo, puntava al salto di qualità. E per farlo la suocera dell’ex sindacalista Aboubakar Soumahoro (che non è indagato, né coinvolto nella gestione delle coop di famiglia), eletto deputato con la lista Alleanza Verdi e Sinistra italiana, portava avanti, con successo, progetti con partner istituzionali e prestigiose università private. Che forse oggi nascondono un imbarazzo ben più profondo di quello degli sponsor mediatici o politici di Soumahoro. In quei mesi Mukamitsindo era una sorta di prezzemolina. Appariva in pubblico con Romano Prodi, organizzava a Bruxelles insieme al parlamentare europeo dem Pierfrancesco Majorino (candidato del centrosinistra lombardo alla carica di governatore) «una fruttuosa riunione sul sistema d’accoglienza», mentre la trasmissione di Rai 3 Cartabianca, condotta da Bianca Berliguer, dedicava un servizio alle attività di Karibu legate all’assistenza ai minori stranieri non accompagnati di Monte San Biagio. Il 27 marzo 2020, sul sito Internet della Luiss, l’università romana controllata da Confindustria, una news dal titolo «finanziata la ricerca Luiss per l’inclusione sociale dei rifugiati in Italia» racconta proprio il rapporto che l’ateneo stava costruendo con Karibu, con un progetto presentato al Viminale dalla coop nel 2019. Il tono dell’annuncio è quasi trionfalistico: «Luiss, in partnership con la cooperativa sociale Karibu e altri enti, si è aggiudicata un finanziamento per la ricerca come partner del progetto “Per.se.o. - Percorsi, servizi, orientamento all’inclusione socio lavorativa dei titolari di protezione internazionale”. L’obiettivo è garantire il supporto all’inserimento lavorativo dei rifugiati in Italia, contribuendo alla loro generale autonomia, da “costruire” attraverso la realizzazione di specifici percorsi individuali di inserimento socioeconomico, a seguito della loro fuoriuscita dal circuito di accoglienza». Il salto di qualità fatto dalla Karibu con questo progetto è descritto perfettamente dai nomi che compongono gli organi societari della Luiss. A presiedere l’ateneo è Vincenzo Boccia, ex leader di Confindustria, mentre la vicepresidente è l’ex ministro della Giustizia Paola Severino. Tra i consiglieri d’amministrazione spiccano i nomi dell’ex presidente di Bnl, Luigi Abete, quello dell’immobiliarista e editore Francesco Gaetano Caltagirone e quello della virologa Ilaria Capua. Gli altri partner del raggruppamento temporaneo di imprese con capofila la Karibu sono l’Anci Lazio, l’Osservatorio economico per lo sviluppo della cultura manageriale d’impresa con sede a Gaeta e un’associazione romana, la Address. I referenti del progetto sono di alto livello, sia alla Luiss che all’Anci Lazio. Nel primo caso la domanda cita il direttore generale dell’ateneo, Giovanni Lo Storto, mentre l’associazione dei Comuni del Lazio ha comunicato il nome dell’allora vicesegretario generale, Giuseppe De Righi, promosso poi al vertice poco più di un anno dopo, nel giugno 2020. Nella sua news l’ateneo di Confindustria descrive così il contributo che avrebbe dato alla partnership con Karibu: «L’attività di ricerca scientifica svolta da Luiss è mirata al monitoraggio e alla valutazione delle diverse aree d’intervento promosse, dei percorsi e dei servizi attivati a favore dei rifugiati, che sono usciti da 18 mesi dal circuito dell’accoglienza». E ancora: «Lo scopo principale del monitoraggio è la rilevazione di eventuali scostamenti rispetto agli obiettivi prefissati, in modo da consentire tempestivi interventi correttivi, anche attraverso la raccolta di indicatori quali-quantitativi». Nel 2021 la Luiss aveva anche pubblicato un bando per la selezione, «tramite procedura comparativa», per il conferimento di sette incarichi di lavoro autonomo da attivare nell’ambito del progetto Per.se.o., con durata fino a marzo 2022. Viene da chiedersi perché la Luiss, che, come si evince dai 23 progetti già realizzati presentati dalla Karibu come referenza nella domanda inviata al Viminale, non aveva alcuna esperienza nel settore e quindi nessun rapporto con la coop di Sezze, si sia imbarcata in quest’impresa. Una risposta si può forse trovare nell’accordo stipulato nel 2016 tra Confindustria e lo stesso Viminale, sfociato poi l’anno successivo nel protocollo attuativo, finalizzato a «favorire percorsi d’integrazione dei beneficiari di protezione internazionale, ospiti del sistema di accoglienza nazionale», che prevedeva tirocini e percorsi formativi per 100 rifugiati (nel 2017) nelle aziende associate a Confindustria. La fase iniziale dell’accordo prevedeva l’attuazione solo in undici province italiane: Asti, Alessandria, Bergamo, Catania, Milano, Roma, Siracusa, Torino, Trieste, Udine, Varese. Inoltre, era garantito che «per ciascun mese di ciascun percorso formativo attivato, il ministero dell’Interno» contribuisse «con una dote individuale onnicomprensiva di 500 euro». Ma, oltre ai soldi pubblici, per le aziende che accoglievano come tirocinanti i rifugiati, era previsto anche un ritorno d’immagine. Il testo recita: «Il ministero dell’Interno propone all’Unhcr di assegnare un riconoscimento alle aziende che hanno consentito l’avvio dei percorsi formativi dei beneficiari di protezione internazionale, favorendone il processo di inclusione sociale». Che sarebbe dovuto avvenire «attraverso il conferimento di logo denominato Welcome. Working for refugee integration», che i partecipanti avrebbero potuto utilizzare per la loro comunicazione.