Giallorossi erosi da Renzi e Calenda. Guai per la destra a Verona, in Calabria e in Sicilia.
Giallorossi erosi da Renzi e Calenda. Guai per la destra a Verona, in Calabria e in Sicilia.Se ci si dovesse basare su queste amministrative per stabilire quale sia la coalizione più coesa, i numeri indicherebbero il centrodestra. Questi dicono, infatti, che in 21 dei 26 capoluoghi di provincia in cui si voterà domenica prossima (quattro dei quali sono anche capoluogo di Regione) l’alleanza Lega-Fdi-Fi si presenta unita, a fronte di una saldatura Pd-M5s avvenuta in 18 Comuni su 26. Che però non è il «campo largo auspicato» da Enrico Letta: Matteo Renzi e Carlo Calenda sembrano tuttora inconciliabili con Giuseppe Conte, oltre che tra loro.Nonostante ciò, la situazione presenta delle criticità anche nel perimetro di centrodestra, determinate in primis dalla divisione interna rispetto al sostegno al governo Draghi e poi dal fatto che, pur giungendo unita in più città, l’alleanza risulta divisa in alcuni dei centri più importanti. Vediamo quali sono le situazioni più sensibili, da una parte e dall’altra.Partendo dai capoluoghi di Regione, le città più importanti di tutta la tornata elettorale sono sicuramente Genova e Palermo. Nella città ligure il centrodestra ha trovato la propria unità attorno al sindaco uscente Marco Bucci, mentre il «campo largo» lettiano è andato in frantumi col sostegno accordato a Bucci da Renzi e Calenda. Il fronte giallorosso sosterrà, invece, Ariel Dello Strologo. Nel capoluogo siciliano il centrodestra, pur dopo mille difficoltà, si presenta unito nel sostegno a Roberto Lagalla, a cui si era aggiunta anche Italia viva, salvo poi una sconfessione di Renzi. Questo però significa che non ci sarà un campo largo nemmeno qui, visto che Calenda ha un suo candidato (Fabrizio Ferrandelli), mentre Pd e M5s sostengono Franco Miceli. Il leader di Azione si è smarcato anche a L’Aquila, dove l’obiettivo di un centrosinistra unito è sfumato con la decisione di Calenda di sostenere un candidato civico, a dispetto della scelta di Iv, in questo caso, di associarsi a Pd e addirittura a M5s sul nome di Stefania Pezzopane. Tutto ok nel centrodestra, compatto nel sostegno all’uscente Pierluigi Biondi. Le note dolenti arrivano invece da Catanzaro, dove Fdi non ha condiviso la scelta di Lega e Fi di sostenere l’ex dem Valerio Donato e ha presentato la parlamentare Wanda Ferro, mentre Pd e M5s sostengono Nicola Fiorita e al centro regna sostanzialmente il caos. Per il centrodestra le cose non vanno benissimo nemmeno a Verona, dove a smarcarsi è stata Forza Italia, scegliendo di sostenere l’ex sindaco Flavio Tosi assieme a Italia viva anziché l’uscente Federico Sboarina, sostenuto da Lega e Fdi. Sul versante opposto si è formato un campo «quasi largo» attorno all’ex calciatore Damiano Tommasi: quest’ultimo infatti gode del sostegno di Pd, M5s e di Azione, ma il tono delle polemiche tra Calenda e gli esponenti pentastellati è così alto da non giocare certo a favore del campione d’Italia nel 2001 con la Roma. A chiudere i centri più importanti c’è Parma, dove Pd e sinistra hanno candidato il «pizzarottiano» Michele Guerra, con il sostegno senza imbarazzi (M5s non si è presentato) di Iv. Spaccato anche qui il centrodestra, con Lega e Fi che sostengono Pietro Vignali e Fdi Priamo Bocchi. Resta sospesa, infine, la situazione delle regionali siciliane, che si svolgeranno in autunno ma che stanno agitando da tempo le due coalizioni. Nel centrodestra Giorgia Meloni sta pressando Salvini e Berlusconi per ottenere un sostegno unitario all’uscente Nello Musumeci, ma la cosa appare difficile dato l’orientamento contrario dei vertici locali di Lega e FI, mentre a sinistra sembra prendere quota l’ipotesi delle primarie di coalizione, che però sono viste con una certa freddezza dai pentastellati e generalmente portano con sé una serie infinita di polemiche su regole, procedure, nonché contestazioni e ricorsi una volta resi noti i risultati.
Ansa
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(IStock)
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