2021-02-16
Nel M5s si agita una fronda-farsa. «Protestano per avere poltroncine»
In Aula sarebbe pronta l'imboscata a Mario Draghi di una trentina di onorevoli, dal «taverniano» Emanuele Dessì a Nicola Morra. Ma nel partito serpeggiano i veleni: «I dissidenti? Cercano solo un posto nella prossima tornata di incarichi»Il Movimento «5 svolte» è costantemente in preda a una crisi di nervi. Il voto di fiducia al governo Draghi è in arrivo: domani al Senato e giovedì alla Camera, e la spaccatura incombe. Stando a quanto riferiscono fonti bene informate, ci si aspetta un numero di dissidenti, in totale, tra i 25 e i 30. È Palazzo Madama, però, a preoccupare di più i big del M5s: «I senatori», dice alla Verità un big grillino, «sono più esperti, più scafati, e anche più protagonisti. In caso di voto contrario, ci sarà l'espulsione, mentre se i dissidenti si asterranno si potrà comunque ricucire. Certo, ci sono degli aspetti che sfiorano il grottesco..». Ad esempio? «Ad esempio il comportamento del senatore Emanuele Dessì, che continua a minacciare di non votare la fiducia. Tutti sappiamo benissimo che Dessì è legato a filo doppio a Paola Taverna. Se Dessì non votasse la fiducia e la Taverna sì, ci sarebbe da ridere». «Resto convinto», dice Dessì a Radio Cusano Campus, «che noi abbiamo fatto bene a non impedire la nascita di questo governo, ma che sarebbe stato meglio dare un appoggio esterno, rendendoci disponibili a dare il nostro voto per tutti i provvedimenti a favore dei cittadini. Il problema», aggiunge Dessì, «è dare la fiducia ad un governo con un presidente che, pur bravissimo, non è politicamente in linea con quello che noi abbiamo sempre rappresentato. Sicuramente io non voterò sì alla fiducia, poi su come mi comporterò più avanti dipenderà da quello che dirà il presidente, bisognerà vedere le azioni che farà e come si ricomporranno i rapporti ormai lacerati tra le varie forze politiche di maggioranza». Un altro voto che mancherà di certo al Senato è quello di Bianca Laura Granato, che su Facebook si chiede «quanto costeranno al Movimento quattro ministeri assolutamente marginali». La risposta è durissima: «Perdita totale di coerenza della linea etica e politica, sedendo accanto a Berlusconi e Draghi che costituiscono l'antitesi del nostro progetto politico; perdita di onore e dignità del M5s», aggiunge la Granato, «nel contribuire con pochi e irrilevanti ministeri alla nascita di un governo che è di fatto un commissariamento e un esproprio della maggioranza dei seggi, quindi del peso politico che ci hanno riconosciuto gli elettori. Tenuto conto di tutte queste nefaste conseguenze per il Movimento e per il Paese, in cambio di quattro ministri che non metteranno mano al Recovery and resilience fund, che non conteranno nulla, la via d'uscita più onorevole che ci consentirebbe una politica di qui in avanti dignitosa e rispettosa del nostro mandato elettorale», propone la Granato, «sarebbe il ritiro dei nostri ministri per avere le mani libere per poter garantire al Paese una opposizione credibile e con un peso politico serio. Mi auguro che il buonsenso prevalga e che i nostri ministri si ritirino, altrimenti il passaggio in Aula si tradurrà in una mortificazione pubblica per loro, per noi parlamentari», conclude, «e per attivisti e sostenitori». «Escludo di votare a favore», ribadisce a La 7 Nicola Morra, altro dissidente, come Barbara Lezzi. E una petizione, lanciata online da alcuni iscritti al M5s, per chiedere al garante Beppe Grillo di proporre su Rousseau un nuovo quesito sull'adesione al governo, ha già superato le 5.000 adesioni. Tenta una mediazione il deputato Giuseppe Brescia, fedelissimo del presidente della Camera, Roberto Fico: «I parlamentari», dice Brescia a Rainews 24, «devono rispettare il mandato della nostra base. Se restiamo uniti in quest'azione di controllo, noi potremo essere molto efficaci. Se gli altri gruppi di maggioranza non ci ascolteranno e vorranno smontare vere conquiste come il reddito di cittadinanza noi toglieremo la fiducia al governo». Tra i deputati più influenti, però, c'è chi legge le contestazioni con realismo: «Parliamoci chiaro», dice alla Verità un parlamentare espertissimo, «molti di quelli che protestano lo fanno per avere un posto da sottosegretario. Comunque sia, i garanti della tenuta dei gruppi sono Patuanelli per il Senato e Fico per la Camera: il primo ha ottenuto la riconferma al governo, il secondo quella di D'Incà. Vedremo se manterranno la promessa di limitare al massimo il dissenso». Si combatte dunque per le poltroncine da viceministro e da sottosegretario: «Stiamo tentando di far passare il principio che chi è stato ministro non può ricoprire le cariche minori. Fraccaro spera nella delega allo Sport, ma tocca al reggente Crimi fare ordine». Veniamo al totopoltroncina: quasi unanime la volontà di mantenere Laura Castelli come vice al Mef. Stefano Buffagni, in eccellenti rapporti con Giancarlo Giorgetti, potrebbe restare viceministro allo Sviluppo economico, così come Giancarlo Cancelleri ai Trasporti; Soave Alemanno punta ai Beni culturali o al Turismo; potrebbe approdare al governo come sottosegretario Luigi Iovino, destinato alla Difesa; all'Istruzione, duello tra Luigi Gallo e Gianluca Vacca; in pole position per un incarico da sottosegretario anche Andrea Cioffi, Alessandra Maiorino,Luca Carabetta, Michele Sodano.