2023-07-05
Nel caos il porto delle partenze dalla Tunisia
Sale la tensione a Sfax, città prediletta per le tratte illegali, dopo gli scontri tra cittadini e clandestini subsahariani, con la morte di un residente. L’opposizione: «Il governo non difende i confini». Col Paese vicino al default, cresce il rischio di flussi fuori controllo.È sempre più rovente la situazione nel governatorato di Sfax, l’ormai ex capitale economica tunisina che, peraltro, ha il porto più importante del Paese nordafricano. La terza giornata di disordini e violenze tra tunisini e migranti subsahariani si è chiusa con un bilancio pesante: un quarantaduenne tunisino morto per le ferite da punta e taglio riportate durante gli scontri nella zona di Sakiet Eddaier. E, secondo i testimoni oculari, riferisce Faouzi Masmoudi, portavoce del Tribunale di primo grado di Sfax, la vittima sarebbe stata aggredita proprio da un gruppo di rivoltosi subsahariani. In tre sono stati identificati e trattenuti dalle autorità locali, mentre la magistratura inquirente ha aperto un fascicolo con l’ipotesi di omicidio premeditato. Masmoudi ha aggiunto che altri 34 subsahariani sono stati arrestati con l’accusa di essere giunti «in territorio tunisino senza documenti legali». In pratica erano clandestini. Nella notte tra sabato e domenica, poi, le unità della Guardia costiera hanno individuato un gruppo di 15 persone provenienti dall’Africa subsahariana che stava organizzando una partenza irregolare verso le coste dell’Italia da Jebeniana. L’immigrazione irregolare sta fiaccando sempre più i sistemi di sicurezza tunisini. E la situazione ormai fuori controllo richiederebbe un’accelerata sul Piano di aiuti Ue da 900 milioni di euro per la Tunisia (e una prima tranche da 150 milioni), dove la crisi economica, politica, sociale e migratoria sta diventando ogni giorno sempre più insostenibile. Secondo Ben Omar, esperto tunisino specializzato in materia di immigrazione e portavoce del Forum tunisino per i diritti sociali e sociali (Ftdes), la città di Sfax «si sta trasformando in una prigione». Omar ha lanciato un allarme ben preciso: «La città è diventata una trappola per migliaia di migranti che vivono per strada». La presenza di migliaia di persone «bloccate in un’area geografica circoscritta», secondo Omar, «presto le spingerà a protestare e adottare metodi violenti». E a Sfax non esiste una recinzione fisica. Quindi i subsahariani, sostiene Omar, «si dirigeranno verso il porto della città». Ovviamente diretti in Europa. La situazione, insomma, appare di facile lettura. Nonostante ciò in Ue si continua a perdere tempo. Il Partito dei costituzionalisti liberi (Pdl, formazione politica della destra laica populista tunisina) ha inviato una lettera al ministro dell’Interno, Kamel Feki, a seguito «dei disordini, delle violenze e degli attacchi a proprietà e persone da parte di immigrati irregolari in diversi quartieri di Sfax». La percezione di sicurezza è sempre più bassa. E il partito populista ha richiamato il governo alla «salvaguardia della sicurezza nazionale», denunciando «l’assenza di una politica chiara per contrastare l’afflusso di migranti ai confini tunisini». In sostanza, secondo il partito dei costituzionalisti liberi, «la legge contro gli stranieri che violano le regole sul soggiorno in Tunisia» non verrebbe «applicata». Ultimo dato allarmante: «La pace sociale e la pubblica sicurezza», secondo gli esponenti del Pdl, sarebbero «a rischio» non solo a Sfax ma «in tutto il Paese». E perfino gli incontri con i ministri dei Paesi europei in Tunisia sono stati bollati come «politiche ambigue e sospette». Il governo è stato infine accusato di «non difendere i confini». Secondo il portavoce dell’Unione tunisina dell’industria, del commercio e dell’artigianato (Utica), Salim al Marrakechi, il numero di subsahariani presenti nell’area di Sfax, dalla quale salpano la maggior parte dei barchini diretti verso le coste dell’Italia, è stimato in «decine di migliaia». Circa 100.000 sono già salpati nei primi sei mesi del 2023. I numeri sono questi: 39.589 erano già in mare e sono stati intercettati e portati indietro dalle autorità tunisine, mentre 64.930 sono riusciti a sbarcare in Italia. La nuova spirale di violenza, che si è già dimostrata difficile da contenere, rischia di innescare pesanti scontri sociali nel Paese nordafricano più vicino alle coste dell’Italia e ormai prossimo, secondo tutte le agenzie di rating, a finire a gambe all’aria. Claudia Gazzini, senior analyst dell’International crisis group, sentita dalla Commissione Affari esteri e difesa del Senato, ha spiegato che la comunità internazionale dovrebbe prepararsi a uno scenario di default della Tunisia con «importanti conseguenze socio economiche» e «gravi ripercussioni politiche e di sicurezza». Il collasso economico produrrebbe subito un aumento esponenziale dell’emigrazione irregolare verso l’Europa, «ma anche un’intensificazione del contrabbando attraverso la Libia o l’Algeria, la crescita di un tasso di cambio parallelo e del mercato nero». Le ripercussioni politiche e di sicurezza potrebbero essere infine anche molto gravi, con «rischi di attentati e incidenti violenti».
Jose Mourinho (Getty Images)