2023-11-29
Nardella non vuole le primarie a Firenze
Dario Nardella (Getty images)
Anche se la sua «signoria» è arrivata al capolinea, l’ex delfino di Renzi intende mantenere il controllo sul capoluogo toscano. Ecco perché sta provando a bloccare le consultazioni del Pd. A intralciare il suo piano, però, c’è proprio il leader di Italia viva.Il Pd rinnega se stesso. Accade a Firenze, in uno dei «serbatoi protetti» della sinistra, unico fortino a non essere ancora caduto dai tempi del glorioso Pci, laboratorio dell’ascesa renziana, oggi ridotto a una curatela che rischia di sfuggire di mano in primis a Dario Nardella.Alcune settimane fa anticipammo che il cammino dell’ex delfino di Matteo Renzi, Nardella appunto, sarebbe stato «triste y final». E puntuali si sono manifestati i primi segni concreti: la cassaforte fiorentina, intesa come Ente cassa di risparmio (45 milioni l’anno destinati alla città), è stato il primo ceffone rifilato dallo stesso Renzi a Nardella, reo da mesi di aver intrapreso un percorso che guarda solo al proprio futuro e non alla città.Per la verità la segreteria regionale della Schlein, nella figura di Emiliano Fossi, ha brillato sinora per debolezza. Un po’ come accaduto nella recente alluvione di Prato e Campi Bisenzio, città - quest’ultima - della quale Fossi è stato sindaco e barricadero, quando si è trattato di imporre il «no» allo sviluppo dell’aeroporto di Peretola, in contrapposizione appunto a Nardella. Sconfitto sul campo, il sindaco di Firenze fece allora un accordo per mandare Fossi in Parlamento, convinto di poterlo così arginare con una segreteria nazionale a targa Bonaccini. Fossi però, più scaltro, impose la presenza di un proprio rappresentante nella giunta fiorentina (tal Andrea Giorgio), il quale assunse l’incarico all’ambiente e oggi quello di «radarista» impotente nel partito a livello cittadino.Prova ne sia che Nardella, che punta le residue speranze di futuro politico in un seggio alle elezioni europee, sta promuovendo da mesi una figura femminile di assoluta continuità come Sara Funaro, assessore al sociale, come candidato unico. Continuità che non convince appieno il Pd nazionale. La base elettorale, inoltre, invoca da tempo le primarie, un tempo vessillo della sinistra. Ma Nardella, forte del ruolo (per quanto in esaurimento), vuole blindare il futuro di Palazzo Vecchio per poter così dirigere la città da dietro le quinte. Così la direzione del Pd cittadino si è inventata una «supercazzola» per dire che le primarie, in fin dei conti, si possono pure superare. La decisione spetterà all’assemblea dei primi di dicembre, che potrebbe invece ribaltare la mano ferma del sindaco uscente.Schlein, viene fatto notare da varie sezioni del partito, a livello nazionale attacca il governo centrale chiedendo di cambiare la legge elettorale, perché non consente agli elettori di scegliere i parlamentari, imponendo invece nomi calati dall’alto. E a Firenze il Pd nega le primarie? Cioè lo strumento che ha portato la stessa Schlein alla guida del Pd (senza le primarie, il Politburo aveva infatti scelto Michele Emiliano). Volete una riprova in salsa fiorentina? La scorsa settimana Cecilia Del Re, assessore nardelliano defenestrato pochi mesi fa perché troppo «ingombrante» rispetto alla più comoda Sara Funaro, ha radunato oltre un migliaio di sostenitori in un palazzetto per chiedere - a gran voce - il ricorso alla consultazione popolare. Il Pd fiorentino ha rivolto sguardi torvi (e qualche telefonataccia) a funzionari e dipendenti pubblici intenzionati a partecipare all’assise, alla quale si sono presentati ex dirigenti e gente comune. Un successo di pubblico superiore a quello registrato dallo stesso Nardella quando presentò, nello stesso luogo, il suo manifesto politico chiamando a raccolta i dirigenti di Palazzo Vecchio. Non è passata inosservata, inoltre, la presenza del renziano Francesco Bonifazi (già tesoriere nazionale del Pd), inviato come ambasciatore dall’ex sindaco ed ex premier. Renzi in città pesa per un 6% di voti. Ha una candidata naturale in Stefania Saccardi, che dialoga da tempo proprio con la Del Re, considerata la comune provenienza originaria. Due donne che insieme contano circa 10.000 voti. Renzi al momento se ne sta nella villa sotto il piazzale. Dialoga con Eugenio Giani, spingendolo verso una candidatura a sindaco che - si dice - accontenterebbe tutti gli alleati. Giani dovrebbe però lasciare con un anno d’anticipo la guida di una Regione che, si sussurra, comunque non gli toccherebbe. In caso di vittoria del centrodestra a Prato (si voterà contestualmente a Firenze), la Regione è destinata a passar di mano, considerato che oggi è tutta di centrodestra ad eccezione appunto dell’area geograficamente al centro (Firenze e Prato). E anche se il Pd avesse velleità, c’è da scommettere che Schlein, attraverso il suo uomo locale, Fossi, non potrebbero subire un’imposizione del Pd locale sia per Palazzo Vecchio (la nardelliana Funaro) che per la Regione (Giani). A chi gli parla, Giani obietta che sarebbe una follia non confermarlo alla Regione, ma con le europee alle porte, gli equilibri del Pd sono destinati a saltare. Se Schlein non tiene il 20%, il maremoto che seguirà rende indomabile il partito. Ecco allora che un ricorso alla consultazione popolare, le primarie fiorentine appunto, potrebbe invece andare incontro alle richieste di un popolo elettorale che si sente insoddisfatto di una guida dall’alto.Nei giorni scorsi sono circolati due sondaggi, guarda caso proprio su Del Re e Funaro. Il primo, più attendibile, di Ghisleri ha certificato come l’ex assessora defenestrata per aver detto «no» alla revisione del tragitto della tranvia (la sinistra estrema voleva portarla fin dentro il Battistero), sia più conosciuta in città. Di contro il Pd si è auto-interrogato, attraverso i dirigenti e non la base, per dire che Funaro è invece la più conosciuta. Un pannicello tiepido, per ammorbidire la scelta della direzione fiorentina del Pd tale da imbeccare l’assemblea. A sostenerlo quel Nardella che, solo un paio di anni fa, graffiava le cronache dicendo che «un Pd senza primarie era la negazione di se stesso». Ma tant’è.Il centrodestra intanto scalda i motori. Tiene la candidatura di Eike Schmidt, direttore degli Uffizi, che il prossimo 28 novembre diventerà cittadino italiano (già da comunitario potrebbe correre per le amministrative). Lui non conferma né smentisce. Forza Italia a livello locale spinge invece per Leonardo Bassilichi, al capolinea come secondo mandato di presidenza della Camera di commercio. Criticato dai più per esser stato un po’ il bancomat di Nardella in questi anni. Le sue quotazioni sono in ribasso perché gli elettori di centrodestra non lo considerano politicamente sostenibile, mentre qualcuno insinua che questa sia solo una sua mossa per cercare di ottenere un improbabile terzo mandato camerale, per una poltrona che spetta di diritto agli artigiani (sulla base di patti a suo tempo stabiliti tra le categorie). Anche Bassilichi non conferma né smentisce.Così Firenze si trova per la prima volta senza un indirizzo al quale fare riferimento. I professionisti delle poltrone si sentono in balia del destino, abituati com’erano a fare gli accordi prima delle elezioni. Il Pd tentenna. E nell’incertezza cerca di respingere le primarie che sancirebbero la fine delle incertezze e dei giochi di un palazzo che non rappresenta più neppure se stesso. A coronamento di tutto la minaccia, neppure poi troppo velata, dei riformisti, che vogliono candidare in Toscana per le europee Matteo Biffoni, sindaco uscente di Prato (non avrebbe altrimenti un futuro politico di livello) e/o il presidente del consiglio regionale Antonio Mazzeo. Nomi che sarebbero in lizza contro Nardella per la consultazione europea. Voti in grado di non far passare l’ormai ex sindaco, relegandolo a presidente di qualche partecipata. Un finale davvero triste per chi era entrato a Palazzo Vecchio grazie alla promozione del renzismo, quando il Giglio magico risiedeva a Palazzo Chigi.
Dario Franceschini (Imagoeconomica)
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