2024-04-18
A Napoli non c’è posto per curare due bimbe
Lo scandalo denunciato da «Fuori dal coro»: nel capoluogo campano, le piccole, affette da gravi malattie congenite, dovrebbero aspettare da uno a tre anni per terapie urgenti. E per andare nei centri privati, i genitori hanno già dovuto spendere 50.000 euro.Hanno due bimbe con gravi malattie congenite, per cercare di migliorare la loro qualità di vita bisogna agire in fretta. Non c’è tempo da perdere, eppure mamma Simona e papà Salvatore si sono sentiti rispondere da ogni struttura convenzionata di Napoli che «non c’è posto».I tempi di attesa vanno «da uno a tre anni», per assicurare i cicli di fisioterapia, terapia psicomotoria e logopedia richiesti «con urgenza» dalla neuroriabilitazione di Santa Marinella, l’unità dell’Ospedale Bambino Gesù di Roma che si occupa delle disabilità gravi. Così, da più di 20 giorni, la sanità pubblica non presta alcuna cura a bimbe con malattie rare.La piccola Maria (nome di fantasia), 6 anni, rischia di non alzarsi più dalla carrozzina mentre la sorella più grande, Rosa (altro nome fittizio), 10 anni, vedrà accentuarsi i problemi di deambulazione, le difficoltà sensitive e motorie. È un’altra storia vergognosa, quella raccontata ieri da Fuori dal coro, la trasmissione di Mario Giordano su Rete 4 che denuncia tanta malasanità. L’ennesimo caso di colpevole indifferenza di fronte al dramma che vive una famiglia con pochi mezzi e pochissima salute. Nel servizio realizzato da Andrea Ruberto, abbiamo ascoltato increduli le risposte fornite dalle varie Asl, che «prima di tre anni» non riescono a prendersi in carico le due bambine. Addirittura, in una struttura il tempo d’attesa è stato definito «inquantificabile».Rosa è stata operata tre anni fa al cervelletto e successivamente per idrocefalo, che ha reso necessario l’impianto di una valvola di derivazione per il liquido cerebrospinale in eccesso. Soffre di una malformazione di Chiari (un tempo era definita sindrome), che le provoca scarsa coordinazione motoria. La sorellina più piccola è stata colpita da paralisi cerebrale e da altre sindromi, che richiedono continue terapie per essere tenute sotto controllo. «L’ultima lungodegenza di un mese, al Santa Marinella, ha fatto ben sperare perché le bambine hanno risposto molto bene alla riabilitazione», spiega alla Verità il padre delle piccole. «Però sono necessari lunghi cicli di terapia fisica, di chinesiterapia, di logopedia, di terapia occupazionale. Solo così, ci hanno detto, tra sette mesi quando torneranno a Roma sarà possibile proseguire con altre discipline riabilitative». Rientrati a Napoli, mamma Simona ha bussato a ogni centro pubblico e convenzionato, accompagnata pure dal giornalista di Mediaset, ma la risposta è stata categorica: non c’è posto. Nemmeno per i casi urgenti. «La più piccola riusciva a restare un po’ eretta sul busto, però lasciata senza terapie fisiche e manuali non si alza più dalla carrozzina e piange», si disperano i genitori. Hanno già chiesto tanti prestiti per curare le piccole, «quasi 50.000 euro, eppure non bastano. La casa non è di proprietà, dobbiamo vendere l’auto che ci permetteva di spostare le bambine», raccontano sconsolati. Sappiamo che questo è un dramma che riguarda un numero molto alto di italiani, costretti a indebitarsi per ottenere cure mediche. Il rapporto Crea Sanità, centro di ricerca riconosciuto da Eurostat, Istat e ministero della Salute, ha segnalato che le famiglie con problemi economici a causa delle spese sanitarie sono passate dal 4,7% nel 2019, al 5,2% nel 2020, per arrivare oggi al 6,1%, percentuale che in numeri assoluti fa un 1,5 milioni di nuclei familiari. Secondo le recenti stime di Facile.it e del suo servizio Prestiti.it, nel 2023 gli italiani hanno chiesto oltre 1 miliardo di euro in prestiti necessari a ottenere cure mediche.Non è solo una questione di soldi, come sottolineano i genitori di Rosa e Maria. I centri privati non garantiscono la qualità della riabilitazione di cui hanno bisogno le loro figlie, perciò la frustrazione è ancora più pesante e più indecente l’assenza di risposte dal settore pubblico. «La malformazione di Chiari è inserita come sindrome di Arnold-Chiari nell’elenco delle malattie rare esenti dal costo del ticket», informa l’Istituto superiore della sanità. Già, perché allora non prevedere assistenza immediata e continuativa?Pensare che questa coppia di genitori, ieri presente a Fuori dal coro con una testimonianza così dolorosa, è tanto impegnata nel sociale per aiutare piccoli e adulti con disabilità. A Casoria, Comune della città metropolitana di Napoli dove vivono, hanno dato vita all’associazione Il sorriso di Karol, dal nome della loro primogenita. «È morta di leucemia nel 2016, aveva solo 5 anni, il trapianto di midollo non funzionò. Noi che abbiamo bambine “speciali” sappiamo quanto è duro occuparsi della disabilità quando mancano centri e sostegni, per questo ci siamo messi a disposizione», racconta Salvatore.La signora Simona non può accettare che si comprometta il recupero delle due creature rimastele, soprattutto di Maria che iniziava a sperare di potersi muovere sulle gambe. «Mi dice mamma, perché non posso camminare? Ha momenti di rabbia, si prende a morsi le braccia. Abbiamo diritto ad avere cure per i nostri figli, a offrire loro una speranza».