2023-09-20
Nagorno in fiamme: l’Europa rischia un altro fronte in casa
Nuova offensiva azera nell’area: «Ci fermiamo se i separatisti si arrendono». L’Armenia: «Pulizia etnica, intervengano gli Usa».Il governo dell’Azerbaigian ha annunciato ieri mattina che le forze armate hanno lanciato «una serie di attività antiterrorismo locali nella regione del Nagorno-Karabakh per disarmare le forze armene» e di conseguenza imporne il ritiro. L’Azerbaigian ha dato il via all’operazione dopo aver reso noto che sei dei suoi cittadini erano stati uccisi dalle mine terrestri in due diversi episodi e dopo aver dato la colpa a «gruppi armati armeni illegali». L’operazione è apertamente sostenuta dalla Turchia con il ministro della Difesa Yaşar Güler, che dopo aver parlato con l’omologo azero Zakir Hasanov, ha affermato: «La Turchia è dalla parte dell’Azerbaigian, oggi come sempre». L’accusa di doversi difendere dagli armeni ricorda l’incidente di Gleiwitz con il quale, nel 1939, i nazisti giustificarono l’invasione della Polonia. Gli armeni hanno smentito le accuse, hanno denunciato le violenze commesse dagli azeri e hanno ribadito «di non avere personale militare in Karabakh e che le nostre priorità sono puramente umanitarie». Il ministero della Difesa azero ha fatto sapere di avere informato Russia e Turchia dell’operazione e a questo proposito il portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, ha accusato l’Armenia «di avere creato un terreno fertile per la politica ostile dell’Occidente contro la Russia». Questo dopo che Erevan ha condotto esercitazioni militari con gli Usa. «Sappiamo cosa è necessario fare per risolvere la situazione: attuare tutto ciò che abbiamo concordato, non esacerbare la situazione, lavorare per attenuarla e risolverla in modo da mettere fine allo spargimento di sangue», ha aggiunto la Zakharova. Mentre l’ambasciatore armeno, Edmon Marukyan, ha chiesto agli Stati Uniti di mediare nella situazione del Karabakh. Di pulizia etnica ha parlato invece il il primo ministro armeno Nikol Pashinyan, che ha chiarito tuttavia che «L’Armenia non ha intenzione di lanciare azioni militari a causa della situazione nel Nagorno-Karabakh e, al momento, non intraprenderemo alcuna azione avventata». Parole che non sono piaciute alla popolazione, tanto che nel centro di Yerevan è stata indetta una manifestazione spontanea dove sono stati scanditi slogan come «Nikol è un traditore!», sfociata poi in scontri davanti alla sede del governo. La regione, riconosciuta a livello internazionale come parte dell’Azerbaigian, ha una popolazione prevalentemente di etnia armena ed è già stata teatro di scontri armati tra il 1991 e il 1994, poi nell’aprile 2016 e poi nel 2020. Il ministero della Difesa azero ha dichiarato: «Intendiamo ripristinare l’ordine costituzionale della Repubblica dell’Azerbaigian, disarmando e garantendo il ritiro delle formazioni delle forze armate armene dai nostri territori e neutralizzare le loro infrastrutture militari». Poi, dopo aver precisato «di avere già colpito strutture militari e sistemi d’armi» con artiglieria, droni e razzi, gli azeri hanno affermato «di mirare solo a obiettivi militari legittimi e non a infrastrutture civili». Un fatto che noi della Verità possiamo smentire, visto che mentre parlavamo telefonicamente con alcuni abitanti di Stepanakert (Khankendi per gli azeri) questi sono fuggiti nei rifugi antiaerei; inoltre, gli attacchi zeri hanno ucciso almeno 25 persone, di cui un bambino, e ferito 80 persone, di cui 15 civili. Lo stesso è accaduto anche Martakert, nel Nordest di questo territorio, che è finito sotto attacco delle truppe azere: le immagini e i video suoi social network smentiscono le menzogne dell’Azerbaigian. Su twitter, il vicepresidente del Consiglio e ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha scritto: «Alla luce delle tensioni in atto, a New York ho voluto incontrare il ministro degli Esteri azero Jeyhun Bayramov sottolineando la necessità di dialogo e moderazione per trovare una soluzione diplomatica nel Nagorno Karabakh. L’Azerbaijan è un partner importante: lavoriamo insieme anche contro i trafficanti di esseri umani».L’operazione militare di Erevan è iniziata dopo che lunedì, per la prima volta dal 15 giugno, la popolazione armena del Nagorno-Karabakh ha finalmente potuto beneficiare di aiuti umanitari. Questa operazione è stata possibile grazie alla collaborazione della Croce rossa internazionale e delle forze russe di mantenimento della pace, che hanno trasportato circa 23 tonnellate di farina di produzione armena verso Artsakh, utilizzando il corridoio di Lachin, il quale era stato chiuso dall’Azerbaigian il 12 dicembre scorso. Tuttavia, è importante sottolineare che le autorità del Nagorno-Karabakh hanno dovuto cedere alle pressioni del regime azero di Ilham Aliyev per evitare che la catastrofe umanitaria, che ha già causato numerose vittime, si trasformasse in un genocidio. L’Azerbaigian, dopo aver contribuito a provocare artificialmente la crisi che ha reso la vita insopportabile per i 120.000 armeni residenti in Artsakh, ha avanzato la condizione per far passare gli aiuti attraverso Aghdam, mantenendo chiuso il corridoio di Lachin. Tra coloro che seguono con grande preoccupazione gli eventi c’è l’ambasciatore dell’Armenia in Italia, Tsovinar Hambardzumyan: «L’Azerbaigian ha avviato un massiccio attacco non provocato contro il Nagorno-Karabakh, colpendo città e civili su larga scala. Dopo aver imposto un blocco totale, per circa 9 mesi, ai 120.000 armeni, sottoponendo la popolazione alla fame e sofferenze morali e psicologiche, ora l’Azerbaigian li sta prendendo deliberatamente di mira per eliminarli». In serata la presidenza dell’Azerbaigian ha detto alla Tass che «per mettere fine all’operazione militare nel Nagorno-Karabakh i separatisti dell’enclave armena devono deporre le armi».
Il presidente di Assoprevidenza Sergio Corbello (Imagoeconomica)
Il presidente di Assoprevidenza Sergio Corbello: «Dopo il 2022 il settore si è rilanciato con più iscritti e rendimenti elevati, ma pesano precariato, scarsa educazione finanziaria e milioni di posizioni ferme o con montanti troppo bassi».