2025-02-04
Il braccio destro di Donald provoca ma la rete dei Patrioti cresce ancora
Elon Musk. Nel riquadro, la deputata della Lega Susanna Ceccardi con il cappello «Make Europe Great Again» (Ansa)
Appuntamento in Spagna delle forze identitarie. Anche il Belgio cambia con De Wever.Esportare in Europa il modello Trump. Per questo Elon Musk ha lanciato Make Europe Great Again (Mega), provocando, come ampiamente previsto, reazioni e rigurgiti di allarmismo e indignazione. Le sinistre ci cascano in pieno, Musk e Trump ampliano la loro forbice di possibile trattativa. Il putiferio si scatena quando il patron di Tesla sul suo X pubblica: «People of Europe: Join the Mega Movement», dopo l’endorsement ad Alternative Für Deutschland (Afd ora è al secondo posto nei sondaggi). Non solo Germania, perché la rete del magnate sudafricano può farsi sempre più grande. Oltre a Giorgia Meloni, il capo di X può contare sulle simpatie dello slovacco Robert Fico e di quelle del polacco Dominik Tarczynski. In Romania c’è Calin Georgescu il candidato presidente nazionalista, al quale la Corte di Giustizia Europea ha annullato l’esito delle elezioni con una sentenza choc. Nel Regno Unito c’è Nigel Farage, in Olanda Dick Schoof e in Belgio Tom Van Grieken di Vlaams Belang. In Francia Eric Zemmour di Reconquête, ma anche Rassemblement National di Marine Le Pen con cui però non ci sarebbero stati ancora incontri diretti. Infine in Portogallo esistono buoni rapporti con Andrea Ventura di Chega, mentre in Spagna c’è Vox di Santiago Abascal. E toccherà proprio al partito spagnolo organizzare la convention dei Patrioti del 7 e 8 febbraio, che si intitola proprio Mega. Previsto un nuovo intervento del magnate americano, con lui anche Le Pen, Viktor Orbàn, Geert Wilders e Matteo Salvini.Senza dimenticare il Belgio, che ospita i palazzi del potere dell’Ue, ma ha svoltato a destra. Ieri, a pochi passi dal Parlamento europeo di Bruxelles, il conservatore Bart De Wever ha infatti prestato il giuramento solenne come nuovo primo ministro del Belgio davanti al re Filippo e ai ministri nel palazzo reale della Capitale belga. De Wever, fino a ieri sindaco di Anversa, ex separatista, anti woke, è il leader di N-va (Nuova alleanza fiamminga), un partito che inizialmente spingeva per la secessione delle Fiandre, ma che negli ultimi anni aveva abbracciato una linea più moderata. Il neo premier, primo nazionalista fiammingo a governare il Paese, è riuscito nell’impresa di consolidare N-va come primo partito delle Fiandre ma anche dell’intero Belgio.. Dopo il giuramento, il premier belga ha partecipato al ritiro informale dei leader Ue ed è subito intervenuto sui temi caldi: difesa, guerra, il rapporto con gli Stati Uniti di Donald Trump e l’immigrazione.E proprio sui flussi ha ribadito che il Belgio andrà «verso una politica più severa». Un impegno che rispecchia la decisione dei cittadini belgi: «La popolazione ci ha chiesto questo, di andare verso una politica rigorosa ed è esattamente quello che faremo», ha concluso De Wever.A proposito di reazioni composte all’invito a rendere di nuovo grande l’Europa, su Repubblica, Antonello Guerrera ha definito Musk il «Rasputin di un’internazionale nera e populista in Europa». Missione che «non era riuscita a Steve Bannon troppo periferico rispetto all’uomo più ricco del mondo». Quello del patron di Tesla per Repubblica sarebbe addirittura un piano «per far saltare l’Europa». Intanto al Parlamento europeo ieri mattina in alcune cassette postali sono arrivati dei cappellini blu con la scritta Mega. Erano stati stampati dai romeni di Aur (membri di Ecr) in occasione di un convegno della scorsa settimana. L’europarlamentare Susanna Ceccardi della Lega è stata la prima a indossarlo e a fare un post su X di risposta al magnate: «Hey @elonmusk, let’s make it happen!».Nel frattempo la Commissione europea usa l’unica arma che conosce, ovvero la burocrazia. E h a richiesto a X di consegnare una serie di documenti relativi ai «sistemi di proposte» ovvero quelli che suggeriscono agli utenti cosa leggere o seguire. Il proprietario della piattaforma ha risposto di essere un paladino della libertà di parola e ha accusato Bruxelles di censura. Prosegue anche il suo lavoro nel Dipartimento per l’efficienza governativa (Doge). Ieri è stato chiuso l’ufficio principale di UsAid, l’Agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale a Washington. Ai dipendenti è stata inviata una mail poco dopo la mezzanotte in cui gli si chiedeva di non presentarsi in sede e di lavorare da remoto. Nei giorni precedenti Musk l’aveva definita «irreparabile», aggiungendo che il presidente Trump concordava che sul fatto che dovesse essere chiusa.
Nicola Pietrangeli (Getty Images)
Gianni Tessari, presidente del consorzio uva Durella
Lo scorso 25 novembre è stata presentata alla Fao la campagna promossa da Focsiv e Centro sportivo italiano: un percorso di 18 mesi con eventi e iniziative per sostenere 58 progetti attivi in 26 Paesi. Testimonianze dal Perù, dalla Tanzania e da Haiti e l’invito a trasformare gesti sportivi in aiuti concreti alle comunità più vulnerabili.
In un momento storico in cui la fame torna a crescere in diverse aree del pianeta e le crisi internazionali rendono sempre più fragile l’accesso al cibo, una parte del mondo dello sport prova a mettere in gioco le proprie energie per sostenere le comunità più vulnerabili. È l’obiettivo della campagna Sport contro la fame, che punta a trasformare gesti atletici, eventi e iniziative locali in un supporto concreto per chi vive in condizioni di insicurezza alimentare.
La nuova iniziativa è stata presentata martedì 25 novembre alla Fao, a Roma, nella cornice del Sheikh Zayed Centre. Qui Focsiv e Centro sportivo italiano hanno annunciato un percorso di 18 mesi che attraverserà l’Italia con eventi sportivi e ricreativi dedicati alla raccolta fondi per 58 progetti attivi in 26 Paesi.
L’apertura della giornata è stata affidata a mons. Fernando Chica Arellano, osservatore permanente della Santa Sede presso Fao, Ifad e Wfp, che ha richiamato il carattere universale dello sport, «linguaggio capace di superare barriere linguistiche, culturali e geopolitiche e di riunire popoli e tradizioni attorno a valori condivisi». Subito dopo è intervenuto Maurizio Martina, vicedirettore generale della Fao, che ha ricordato come il raggiungimento dell’obiettivo fame zero al 2030 sia sempre più lontano. «Se le istituzioni faticano, è la società a doversi organizzare», ha affermato, indicando iniziative come questa come uno dei modi per colmare un vuoto di cooperazione.
A seguire, la presidente Focsiv Ivana Borsotto ha spiegato lo spirito dell’iniziativa: «Vogliamo giocare questa partita contro la fame, non assistervi. Lo sport nutre la speranza e ciascuno può fare la differenza». Il presidente del Csi, Vittorio Bosio, ha invece insistito sulla responsabilità educativa del mondo sportivo: «Lo sport costruisce ponti. In questa campagna, l’altro è un fratello da sostenere. Non possiamo accettare che un bambino non abbia il diritto fondamentale al cibo».
La campagna punta a raggiungere circa 150.000 persone in Asia, Africa, America Latina e Medio Oriente. Durante la presentazione, tre soci Focsiv hanno portato testimonianze dirette dei progetti sul campo: Chiara Concetta Starita (Auci) ha descritto l’attività delle ollas comunes nella periferia di Lima, dove la Olla común 8 de octubre fornisce pasti quotidiani a bambini e anziani; Ornella Menculini (Ibo Italia) ha raccontato l’esperienza degli orti comunitari realizzati nelle scuole tanzaniane; mentre Maria Emilia Marra (La Salle Foundation) ha illustrato il ruolo dei centri educativi di Haiti, che per molti giovani rappresentano al tempo stesso luogo di apprendimento, rifugio e punto sicuro per ricevere un pasto.
Sul coinvolgimento degli atleti è intervenuto Michele Marchetti, responsabile della segreteria nazionale del Csi, che ha spiegato come gol, canestri e chilometri percorsi nelle gare potranno diventare contributi diretti ai progetti sostenuti. L’identità visiva della campagna accompagnerà questo messaggio attraverso simboli e attrezzi di diverse discipline, come illustrato da Ugo Esposito, Ceo dello studio di comunicazione Kapusons.
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Mark Zuckerberg (Getty Images)