2021-10-14
Muro politico contro i tamponi gratis Salvini a Draghi: «Faccia da paciere»
Il leghista stizzito («Non mi fido di alcuni ministri») vede il premier: «Riportiamo la concordia nel Paese». L'esecutivo chiude agli esami Covid a carico dello Stato. Divisi i presidenti di Regione del centrodestra«Verifica ad hoc» sul sistema solo poche ore prima che entri in vigore il decreto Gestori in trincea: «Prenotazioni piene». E si teme possano mancare gli antigeniciLo speciale contiene due articoliLa campagna di delegittimazione del centrodestra dopo gli scontri di sabato è arrivata al limite, occorre intervenire per placare i toni. È il messaggio portato ieri pomeriggio da Matteo Salvini a Palazzo Chigi in un incontro non programmato. La settimana scorsa il leader leghista aveva annunciato che avrebbe visto più spesso il premier, ma il faccia a faccia di ieri non rientrava in quel calendario. L'accelerazione è imposta dalle polemiche sulla destra fascista alla vigilia dei ballottaggi in città come Roma e Torino. «Chiederò al presidente Draghi di guidare un percorso di pacificazione nazionale», aveva detto Salvini durante la conferenza stampa del centrodestra a sostegno di Enrico Michetti. La sua è stata un'ambasciata anche a nome di Forza Italia e Fratelli d'Italia.L'incontro è durato un'ora. Una nota di Palazzo Chigi riferisce che si è discusso «dei provvedimenti economici di prossima emanazione, con particolare riferimento alla legge di bilancio e al decreto fiscale». Nessun cenno alle roventi polemiche sugli scontri di sabato. Che invece non mancano nel comunicato diffuso da parte leghista: il partito di Salvini fa sapere che sul tappeto c'erano sì «i prossimi provvedimenti economici», con la comune «intenzione di non aumentare le tasse». Ma si parla anche di un confronto sull'«attualità»: il segretario ha infatti rimarcato «l'esigenza di ritrovare al più presto un clima di unità e concordia nel Paese, a partire dalle forze politiche». La richiesta del centrodestra a Draghi è quella che si faccia promotore di una «pacificazione nazionale». Il premier dovrebbe invitare tutti i partiti della coalizione di governo «a tenere i toni bassi» e «intervenire per appellarsi alla responsabilità e frenare le campagne di delegittimazione che nelle ultime settimane sono state particolarmente feroci contro il centrodestra, a partire da Lega e Fratelli d'Italia». La preoccupazione di Salvini è altissima. «Ho chiesto un incontro a Draghi perché il Paese così non va lontano», ha detto nella conferenza stampa per Michetti prima di salire a Palazzo Chigi. «Il 30 ottobre Roma è sulle tv di tutto il mondo con il G20 e noi come ci presentiamo? Non possiamo fallire, però se non fermiamo un disadattato con il braccialetto elettronico io sono preoccupato».Il riferimento è a Luciana Lamorgese che non ha impedito a Giuliano Castellino, colpito da Daspo, di partecipare alla manifestazione di sabato degenerata nella devastazione della sede Cgil. «Tirare fuori gli scheletri dagli armadi non fa bene all'Italia e non fa bene al governo», ha detto Salvini. «E siccome di alcuni ministri non ho particolare stima né fiducia, ne parlerò con il manager, con l'amministratore delegato di questo governo. Prevenire è meglio che curare. Altrimenti puoi avere anche un genio come premier, ma se la macchina è fuori controllo non vai lontano. Se poi Repubblica o La 7 continuano ad agitare lo spauracchio fascista non fanno un buon servizio al Paese. L'Italia ha bisogno di unità, dobbiamo pacificare realmente questo Paese mettendo al centro il lavoro e non l'ideologia». Sul tavolo dell'incontro tra Draghi e Salvini è finito anche il green pass obbligatorio da domani e la richiesta, diffusa anche nel governo, che i tamponi diventino gratuiti. Nei comunicati di Lega e Palazzo Chigi non se ne fa cenno. Ma la sfiducia di Salvini verso «alcuni ministri» non riguardava soltanto la gestione dell'ordine pubblico della Lamorgese, ma anche le rigidità di Roberto Speranza e Andrea Orlando sui luoghi di lavoro. Ieri c'è stata una levata di scudi contro la domanda di tamponi gratis avanzata da Lega, 5 stelle, Fdi e tante categorie di lavoratori. Orlando è stato molto chiaro: «Se ci sono risorse da mettere in campo in questo momento, vanno utilizzate soprattutto per gestire gli effetti che la pandemia ancora produce», ha detto il ministro del Lavoro. Quindi, zero risorse per i tamponi. «Nessuna marcia indietro, nessuna deroga, nessun trattamento di favore», gli ha fatto eco il viceministro alle Infrastrutture, Teresa Bellanova (Italia viva). «Il green pass sui luoghi di lavoro è obbligatorio e da questa decisione, assunta a tutela di tutti i cittadini e con la piena deliberazione, responsabilità e consapevolezza delle forze politiche di governo, non si può derogare». Nemmeno Andrea Costa, sottosegretario alla Salute (Noi con l'Italia), è disposto a un dietrofront. «Non c'è dubbio che stiamo chiedendo un sacrificio agli italiani e alle aziende», ha detto, «ma non possiamo permetterci passi indietro: questo sforzo ci permetterà di proseguire questo percorso positivo. È chiaro che con una misura così ci può essere qualche problematica e qualche criticità, ma siamo sicuri che sia la scelta giusta e opportuna». Altolà anche alla richiesta di tamponi gratis: «Li darei a chi si è vaccinato per permettergli un costante monitoraggio», è la sua idea. «La via maestra scelta dal governo per uscire dalla pandemia è il vaccino, non il tampone».Diviso invece il fronte dei governatori. Massimiliano Fedriga (Lega), presidente del Friuli Venezia Giulia e della Conferenza delle Regioni, auspica «che con il buon senso si possa arrivare a un equilibrio», altrimenti «rischiamo di fare un danno enorme, non soltanto all'economia della città ma anche a tutti quei lavoratori che con l'indotto del porto lavorano, e non solo nel porto». Per Fedriga la strada da intraprendere dovrebbe essere quella di «tamponi nasali meno fastidiosi e fai da te da effettuare con la supervisione responsabile d'ufficio». Di tutt'altro avviso Giovanni Toti (Coraggio Italia), governatore della Liguria: «Il principio di base che introduce il green pass nei luoghi di lavoro è quello di spingere i lavoratori a vaccinarsi, non a tamponarsi una volta ogni due giorni. Dopodiché, per ammorbidire i disagi che indubitabilmente ci saranno nelle prime ore, siamo a disposizione come sistema sanitario per dare tutti gli aiuti alle imprese di cui hanno bisogno». <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/muro-politico-contro-i-tamponi-gratis-salvini-a-draghi-faccia-da-paciere-2655293076.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="particle-1" data-post-id="2655293076" data-published-at="1634165618" data-use-pagination="False"> A 24 ore dell'entrata in vigore dell'obbligo di green pass per entrare nei luoghi di lavoro, il governo annuncia che sarà fatta una «verifica ad hoc» per capire se le farmacie saranno in condizione di reggere una massiccia campagna di tamponi come quella che si preannuncia. Considerato da quanto si sapeva della scadenza, siamo di fronte a un tempismo veramente perfetto. Perfetto per aumentare i tanti problemi, già annunciati da lavoratori e imprenditori. Non ci si poteva pensare prima? E se si dovesse accertare che no, il sistema non può reggere lo screening di massa, che contromisure si prendono? Quello dei test, in effetti, diventa ora il vero nodo, poiché alcune farmacie già hanno prenotazioni fino a dicembre. Tanto che, da Bologna a molte altre città d'Italia, non se ne prendono oltre i 30 giorni, mentre a Napoli c'è già stata un'impennata di richieste. Potrebbero essere circa 2,5 milioni i lavoratori che in Italia non si sono vaccinati. E che, da domani, per tornare al lavoro dovranno effettuare un tampone. Se si ricorrerà ai test antigenici rapidi - che valgono per 48 ore - ne serviranno anche tre a settimana e quindi, a regime, si arriverebbe a eseguirne fino a 7,5 milioni, in pratica oltre un milione al giorno. Una domanda enorme, che difficilmente la rete di farmacie e laboratori riuscirebbe a soddisfare anche se, come si legge sul sito di Federfarma, i farmacisti si dicono pronti. «La domanda è aumentata, le farmacie si stanno organizzando per far fronte alle richieste», dice infatti il presidente Marco Cossolo. «Le farmacie si sono rese disponibili a effettuare i tamponi fin dall'inizio dell'emergenza sanitaria da Covid-19, anche prima della norma che ne stabilisse un prezzo calmierato. Al protocollo di intesa hanno aderito 7.500 farmacie su 9.000 e in questi giorni sono prevedibili ulteriori adesioni». Intanto, nelle località dove le agende delle farmacie sono già piene di appuntamenti fino a fine anno, molte persone tentano di ammassarsi nelle prime fasce orarie della giornata, prima di recarsi al lavoro. Anche da Riccardo Maria Iorio, presidente di Federfarma Napoli, arrivano rassicurazioni sull'onda d'urto dei test. In particolare, sull'ipotesi, paventata in questi giorni, che possano scarseggiare addirittura le «materie prime» per le diagnosi, cioè i test antigenici. «Sento parlare», ha detto Iorio, «di allarmi per mancanza di tamponi: posso rassicurare i cittadini napoletani che nelle farmacie aderenti non troveranno alcuna difficoltà nella somministrazione dei tamponi». Le farmacie si stanno preparando allungando gli orari di servizio e allestendo nuovi spazi, e in alcune realtà dei centri più piccoli, offriranno il servizio anche durante gli orari di chiusura. Ma, appunto, considerato il grande numero di tamponi sia antigenici sia molecolari, la macchina, nel suo complesso, potrebbe non essere in grado di farcela. E allora sorgerà un altro problema.
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