
Avrete notato che nella cucina contemporanea va molto di moda la sfera mollemente soda, percepita come forma del futuro che cancella le strutture e le consistenze tradizionali eccetera: un esempio su tanti, le olive sferificate dello chef molecolare Ferran Adrià. A noi, questa «sfera del futuro» ricorda una forma sferica dalla consistenza altrettanto particolare quanto inconfondibile che però esiste da secoli e secoli nello Stivale e ne è un'eccellenza, cioè la mozzarella. Ormai tutto il mondo conosce, ama, imita e spesso e volentieri - ahinoi - falsifica pure la mozzarella, ma essa nasce nel Centro Sud Italia. Il nome deriva dal gesto del casaro di mozzare la cima della pasta filata ottenuta dalla cagliata. Nel passato si chiamava, per questo motivo, «mozza».
Circa 500 anni fa, nel 1557, Pietro Andrea Mattioli nei Discorsi di M. Pietro Andrea Matthioli medico Sanese, ne i sei libri della materia medicinale di Pedacio Dioscoride Anazarbeo. Con i ueri ritratti delle piante & de gli animali, nuouamente aggiuntoui dal medesimo scriveva, trattando del «Cascio, & sua essaminatioe, & facultà», cioè dell'esame del cacio, il formaggio, e delle sue caratteristiche: «Quello di Bufala, di cui si fanno quelle palle ligate con i giunchi, che noi chiamiamo Mozze, et a Roma si chiamano Primature, è al gusto diletteuolissimo et dolce, ma molto piu grasso, et piu uiscoso di ciascuno altro». La provatura sarebbe la mozzarella nel Lazio, il lemma provatura deriva dal fatto che quella palla di cacio era la prova, cioè una parte della pasta filata ricavata per testarne la qualità, mozzata esattamente come la mozzarella, secondo alcuni la provatura oltre che della mozzarella laziale è anche l'antenata del provolone. Il nome «mozza» diventa presto «mozzarella»: nell'Opera di M. Bartolomeo Scappi, M. dell'arte del cucinare del 1610, il cuoco dei papi Pio IV e Pio V Bartolomeo Scappi scrive, trattando della scorta di alimenti da avere in dispensa: «Capi di latte, butiro fresco, ricotte fiorite, mozzarelle fresche et neve di latte».
Diciamo genericamente «mozzarella», ma bisogna fare un po' di chiarezza. La mozzarella può essere innanzitutto di latte vaccino: si chiama «mozzarella», «mozzarella di latte vaccino» o «fior di latte» ed è specialità tradizionale garantita, Stg e prodotto agroalimentare tipico in molte regioni. Da dicembre scorso, poi, la mozzarella di Gioia del Colle (Bari) ha ottenuto anche il marchio Dop. Il disciplinare di produzione della mozzarella Stg spiega che «la mozzarella di tipologia tradizionale è un formaggio fresco a pasta filata, molle, a fermentazione lattica». La mozzarella di tipologia tradizionale va poi «confezionata in involucro protettivo e commercializzata in contatto con un liquido di governo, costituito da acqua con eventuale aggiunta di sale, a contatto diretto se l'involucro è ermetico, per diffusione se l'involucro è forato o permeabile».
La mozzarella è deliziosa mangiata cruda da sola, ma è anche l'ingrediente principe della pizza: sappiate che quel circa il 20% di grasso, quella da pizza il 15-20%. Inoltre, deve essere meno acquosa. Quindi, strizzate molto molto bene la vostra normale mozzarella se non ne usate una specifica per la pizza. In quest'epoca di riciclo delirante che pretende di farci fare gli orecchini con le capsule del caffè, le abat-jour con le vecchie scarpe e i tavolini da tè coi copertoni dei tir, vi ricordiamo (ne avevamo già scritto) un procedimento molto sensato di riuso del liquido di governo della mozzarella. Lo chef campano Pietro Parisi, che ama definirsi cuoco contadino, ha ideato la pizza con lievito fujuto (fuggito, in omaggio agli spaghetti alle vongole fujute - cioè con tutti gli ingredienti degli spaghetti alle vongole ma senza vongole - creati da Eduardo De Filippo). Il procedimento era già cultura popolare: decenni fa, tante massaie del Sud impastavano il pane in casa con una biga fatta di farina e acqua di governo della mozzarella, che, per osmosi, acquisisce parte dei fermenti lattici della formaggetta che mantiene idratata e conservata. Parisi, che la usa anche per preparare gli gnocchi di farina, l'ha recuperato e, ampliando ulteriormente l'ottica del non sprecare, impasta la pizza anche con l'acqua di filatura della mozzarella recuperata dai caseifici.
Il lievito assente è quello di birra o il lievito madre, ma in realtà lo stimolo lievitante è fornito dai fermenti lattici, che rendono anche l'impasto più digeribile (pure quelli contenenti lievito madre lo sono, proprio perché quest'ultimo contiene anche acido lattico). Per fare la pizza di Pietro Parisi, impastate 350 grammi di acqua di governo della mozzarella, nella quale avrete strizzato bene le mozzarelle che poi userete come topping, con 500 grammi di farina. Non aggiungete sale (il liquido è sapido) e ponete a lievitare circa 12 ore, a temperatura di 15-18 gradi, poi stendete e cuocete al massimo entro altre sei ore.
Tornando alla nostra mozza, c'è poi la «mozzarella di bufala campana», cioè la mozzarella di latte bufalino che è un Dop, denominazione di origine protetta. Poi c'è la «mozzarella di latte di bufala» ovvero la «mozzarella di latte bufalino» che non è Dop. «Mozzarella di bufala» e «Mozzarella bufalina» sono denominazioni non consentite dalla legge. Il marchio Dop è una vera tutela del territorio e del prodotto che lì è nato, infatti l'alimento riconosciuto Dop non si può produrre altrove con ingredienti che non siano del posto o con metodi differenti: per fare un esempio, la mozzarella di bufala campana Dop a marchio Coop che posso trovare a Trento è prodotta per la catena di supermercati dallo stabilimento Alival di Mondragone (Caserta) in piena area Dop, e certificata come tale dagli organismi preposti alla tutela del marchio.
Percepiamo la mozzarella come un formaggio leggero: lo è davvero? Non in senso assoluto, essendo comunque preparata con latte intero. In base alla norma europea 142 del 19 febbraio 1992, suddividiamo i formaggi in grassi, semigrassi, magri e leggeri ma quel magri e leggeri non indica un tenore basso di grassi in assoluto, quanto piuttosto in rapporto ai magri, semigrassi e grassi. Inoltre, il grasso, nella classificazione dei formaggi, è considerato in rapporto alla sostanza secca, cioè il peso sottratto dell'acqua. Un formaggio leggero contiene tra il 20 e il 35% di grassi sulla sostanza secca e uno magro meno del 20%. La mozzarella, come spiega Atlante dei formaggi: guida a oltre 600 formaggi e latticini provenienti da tutto il mondo di Giorgio Ottogalli, appartiene ai formaggi medio-grassi con una percentuale di grasso su sostanza secca del 44-47%. Però, maggiore è la percentuale di umidità del formaggio, minore è l'impatto della percentuale di grasso calcolata su sostanza secca sul peso totale.
Noi mangiamo, infatti, come dire, la sostanza umida, che tecnicamente si chiama «tal quale», quindi la percentuale di grassi su sostanza secca va relativizzata e vedremo che la mozzarella è, a ben vedere, un formaggio non così grasso. Essa presenta 265 calorie ogni 100 grammi (288 quella di bufala), il parmigiano reggiano ne ha 402. Questo perché il tenore di grasso sulla sostanza secca (circa il 45% in entrambi) è compensato da una diversa umidità: 100 grammi di mozzarella hanno infatti 54,8 grammi di acqua, 20,6 grammi di proteine e 20,3 grammi di grassi ogni 100 grammi; quella di bufala rispettivamente 55,5 grammi, 16,7 e 24,4. Il parmigiano reggiano ha il 43,3% di percentuale di grasso su sostanza secca, 29,3% di percentuale di grasso su peso tal quale e 31,4 grammi di acqua. A parità di peso, dunque, il parmigiano reggiano è più grasso della mozzarella poiché meno umido.
Altro quesito che interessa molto: la mozzarella è equivalente alla carne? Un etto di carne di vitello fornisce 166 calorie con la metà circa (10 grammi) di grassi sul tal quale: non c'è perciò equivalenza, ma basta non esagerare, in generale con i formaggi, nello specifico con la mozzarella: il consumo ideale in sostituzione della carne magra è di due volte a settimana. E davvero quel paio di volte conviene consumarla, trattandosi di un alimento ricco di proteine animali di alto valore biologico, cioè facilmente assimilabili dall'organismo, di sali minerali (di fosforo ben il 43% della dose giornaliera consigliata) e soprattutto di calcio.
La mozzarella è amica della salute delle donne soprattutto in menopausa, quando le variazioni ormonali accelerano la perdita di calcio da parte delle ossa che conduce a osteoporosi e fratture. Gioverà sapere che la mozzarella di latte vaccino è più ricca di calcio rispetto a quella di bufala, contenendone più del doppio ossia 500 milligrammi per 100 grammi contro i 210 della bufala (il fabbisogno giornaliero di una donna adulta, tra i 25 e i 50 anni è di circa 800-1.000 milligrammi, da 1.200 a 1.500 milligrammi in menopausa). Se è vero che di osteoporosi soffrono più le donne, ciò non vuol dire che gli uomini non la presentino, anch'essi maggiore man mano che l'età avanza, anzi. Il rischio per un uomo di andare incontro a una frattura nell'arco della vita (che può arrivare al 27% negli over 50) è superiore a quello di sviluppare un tumore alla prostata (11,3%). Ricordiamo, dunque, anche ai lettori maschi di mangiare mozzarella. Premesso che bisogna evitare di incorrere nella grassofobia alimentare, si può comunque prendere in considerazione, se si soffre di ipercolesterolemia, si sta seguendo un regime dimagrante o semplicemente si vuol star leggeri, la mozzarella light, preparata a partire dal latte vaccino scremato: può avere anche il 50% di grassi in meno della canonica vaccina (1 etto ne presenta 11,7 grammi), con 164 calorie per 100 grammi. La mozzarella light è anche più digeribile (e la mozzarella vaccina intera è più digeribile di quella di bufala), perché più sono i grassi più si riduce l'azione dei succhi gastrici.
Molti foodblog italiani vanno in estasi ogni volta che Roberto Saviano nomina la mozzarella di bufala: la mise anche in cima alle 10 cose più belle della vita nel libro Vieni via con me. Nominò la aversana, ma ci sono veramente tanti tipi di mozzarella. Stanno prendendo piede le mozzarelle di latte di capra per chi non digerisce il latte vaccino, di latte di pecora, la mozzarella affumicata, la mozzarella vegana, la mozzarella senza lattosio, ma le forme della mozzarella non sono un aspetto meno strabiliante delle tipologie: c'è la perlina da 10 grammi, la ciliegina (22 grammi), l'ovolina (tra 25 e 50 grammi), il bocconcino (tra 50 e 80 grammi), il nodino, la sfera, l'otto (tutti tra 125 e 250 grammi), la treccia (tra 250 e 500 grammi), la «zizzona» anche detta «mozzarellona» o «capezzolona», è un tondone che vuol imitare la mammella e può pesare da 1 a 5 chili, e poi c'è la matrioska della mozzarella, la figliata: una palla di bufala al cui interno risiedono tante ciliegine di bufala adagiate nella panna. Poi ci sono le forme destrutturate, come la stracciatella, sfilacci di mozzarella spezzettati a mano e mescolati a crema di siero o panna, e la burrata, un sacchetto di pasta filata gonfiato come un palloncino e pieno di stracciatella. Impossibile non trovarne una di proprio gusto in tutto questo ben di Dio.






