
La London school of Economics ha deciso di cancellare le parole Natale e Pasqua dal calendario delle festività. È l’ennesimo scempio dell’egemonia culturale liberal che ha demolito e assoggettato la sinistra. E ora tocca ai conservatori fare da argine.Sul Domani, da raffinato intellettuale qual è, Walter Siti ha infilato il dito in quella che forse è la piaga più dolente della politica contemporanea: l’elaborazione culturale. Siti ha dipinto un quadro quasi totalmente condivisibile, che a ben vedere risulta devastante per la sinistra italiana. «Antonio Gramsci si era posto il problema dell’egemonia culturale cercando di spiegare perché la rivoluzione non fosse scoppiata in Europa, come il marxismo aveva previsto», scrive Siti. A suo dire, Gramsci «aveva capito che, oltre alla forza materiale, una classe per diventare dominante doveva impadronirsi di un bene più immateriale, cioè della capacità far apparire indiscutibili (anzi, naturali) le proprie idee e i propri valori agli occhi della maggioranza». A partire dagli anni Sessanta, la sinistra italiana si è dedicata con vigore alla costruzione di questa egemonia, e sotto molti punti di vista ha avuto successo.Tuttavia, spiega Siti, a un certo punto «dall’essere un lavoro di preparazione l’egemonia culturale ha preso ad assumere l’aspetto di un contentino, o diciamo pure di un surrogato, rispetto a una rivoluzione impossibile. [...] L’egemonia culturale che la classe operaia avrebbe dovuto conquistare si trasformava insensibilmente in un settore ambiguo e “avanzato” di egemonia borghese, provvisto di molte letture e intellettualmente raffinato». I risultati di tale processo li abbiamo purtroppo sotto gli occhi, sotto forma di «quella malattia infantile dell’egemonia che è consistita nell’arroganza di pensare che bastasse essere intelligenti per essere di sinistra, che la Sinistra avesse sulla Destra una superiorità quasi genetica, insomma che la “vera” cultura non potesse che essere di sinistra».Ora, però, al governo della nazione c’è uno schieramento di centrodestra che, fra i suoi più nobili propositi, ha quello di ribaltare lo stato delle cose. «La destra», sostiene Siti, «ha ragione nel voler ribaltare questo stato di cose: ma mi sembra che il suo errore, finora, stia in un eccesso di timidezza - invece che affrontare il problema alle radici, si limita a rinfacciare alla sinistra i suoi tic più superficiali (il gender, lo schwa, l’inclusività senza limiti o discussioni)».A nostro avviso, qui lo scrittore centra perfettamente il problema ma, allo stesso tempo, compie anche un errore importante. È totalmente vero che per rispondere al pensiero prevalente (se non ancora dominante) occorre una elaborazione seria e profonda, e certo non ci si può limitare a criticare Peppa Pig o a stabilire in maniera caricaturale se la mortadella sia di destra o di sinistra. Questa elaborazione, per ora, non è mancata ma non ha raggiunto il livello istituzionale. Ergo, occorre abbandonare i riflessi condizionati e cimentarsi con ben più ambiziose sfide: la biopolitica, il ruolo della tecnologia, l’intelligenza artificiale, la geopolitica.Siti, tuttavia, si rende responsabile di una grave sottovalutazione. Quelli che lui considera «tic superficiali» della sinistra non sono affatto superficiali e, a ben vedere, non sono nemmeno propriamente di sinistra. A tal proposito vale la pena di citare un episodio riportato dal quotidiano britannico Telegraph. La London school of Economics, una delle più note università inglesi, ha deciso di modificare il proprio calendario delle festività. Niente più Natale, Pasqua e Quaresima: i riferimenti alla tradizione cristiana saranno sostituiti da più generiche indicazioni: vacanze invernali, vacanze primaverili e pausa invernale. Secondo la direzione dell’università, «questi nuovi nomi utilizzano una terminologia più accessibile e ampiamente riconosciuta e riflettono meglio la natura internazionale della nostra comunità e il nostro più ampio impegno globale».Non è la prima volta che accade: tempo fa l’ateneo di Brighton aveva deciso di cancellare il Natale dal calendario (senza eliminare la vacanza) per non risultare troppo cristianocentrica. Come ha notato qualcuno, la London school of Economics sceglie di decristianizzarsi per convertirsi alla nuova chiesa Woke, movimento neo gnostico che fa del politicamente corretto e dalla lotta alle discriminazioni una sorta di culto. Ebbene, questo non è un tic superficiale della sinistra, per quanto la vicenda possa risultare grottesca.Qui abbiamo i segni di una egemonia culturale del tutto diversa, che ha inglobato e risputato il pensiero di sinistra trattenendone gli aspetti deteriori: l’intolleranza e il controllo da polizia del pensiero; il disprezzo delle tradizioni e del passato più in generale; il vittimismo; il feticismo progressista; una caricaturale fissazione per presunti diritti civili a scapito totale dei (veri) diritti sociali. Questa è, in poche parole, l’egemonia liberal, cioè l’evoluzione in senso neoliberale del vecchio predominio comunista e post comunista. Tale egemonia ha demolito o assoggettato la sinistra, e ora toccherebbe al pensiero cosiddetto conservatore contrastarla.Piccolo problema: le follie a base gender o lo smantellamento dei riferimenti cristiani nell’ateneo voluto dalla Fabian society sono solo le manifestazioni più radicali di un pensiero che ha invaso ogni ambito di riflessione (dalla discussione sulla guerra al rapporto con la tecnologia). Un pensiero che, ormai, ha vinto su tutta la linea, anche e soprattutto al di fuori dell’Italia. Non si tratta più, dunque, di stabilire chissà quale egemonia di destra, ma di difendere almeno le briciole del senso comune ancora rimaste, di preservare un minimo di attaccamento alla realtà di fronte all’onda travolgente di una rivoluzione culturale maoista nei modi violenti e liberista nel profondo. Pure la Chiesa, come in parte notava ieri Ernesto Galli della Loggia, ha rinunciato a combattere questa buona e difficile battaglia. Potrebbe un governo, per quanto determinato, ottenere qualcosa di più? Ora non è questione di combattere per imporre una nuova egemonia culturale, ma di evitare che una cultura - quella europea, cristiana, antica, di destra e sinistra - sia totalmente spazzata via da un mostro che la sinistra ha evocato e che non ha saputo controllare.
Robert Redford (Getty Images)
Incastrato nel ruolo del «bellone», Robert Redford si è progressivamente distaccato da Hollywood e dai suoi conformismi. Grazie al suo festival indipendente abbiamo Tarantino.
Leone XIV (Ansa)
Nella sua prima intervista, il Papa si conferma non etichettabile: parla di disuguaglianze e cita l’esempio di Musk, ma per rimarcare come la perdita del senso della vita porti all’idolatria del denaro. E chiarisce: il sinodo non deve diventare il parlamento del clero.