2023-05-10
A Mosca una sfilata in tono dimesso. E la Wagner è un caso
Pochi mezzi e basso profilo per la celebrazione della vittoria. Yevgeny Prigozhin dà della «testa di c...» al «nonno». Ce l’ha con Vladimir Putin? È una parata in tono minore, quella che si è svolta ieri a Mosca in occasione delle celebrazioni per il giorno della Vittoria: è durata in tutto meno di un’ora, gli aerei non si sono levati in volo e soltanto un carrarmato è stato visto sfilare. Nell’occasione, Vladimir Putin è tornato a criticare l’Ucraina e l’Occidente. «Contro la Russia è stata scatenata una vera guerra ma abbiamo sconfitto il terrorismo», ha dichiarato, per poi aggiungere: «Il popolo ucraino è diventato ostaggio del colpo di Stato, dei piani dell’Occidente, questa è la causa dell’attuale catastrofe in Ucraina». «La Russia vuole vedere un futuro pacifico, libero e stabile», ha proseguito, definendo il governo ucraino un «regime criminale». Parole, quelle pronunciate dal capo del Cremlino, che non sono certo nuove. Tuttavia, nonostante il tentativo di compattamento, il fronte russo resta attraversato da tensioni interne. Innanzitutto, che la parata sia stata condotta in modo più dimesso è un sintomo dei timori legati alla sicurezza e al rischio di attentati. In secondo luogo, non vanno trascurate le nuove turbolenze tra il Wagner Group e i vertici militari russi. «Basta con le cazzate in tv, il giorno della Vittoria è dei nostri nonni, noi non abbiamo meritato un singolo millimetro di questa vittoria», ha tuonato il leader dei mercenari russi, Yevgeny Prigozhin. «Se le disposizioni vengono date per ingannare il comandante in capo, il popolo russo sarà furioso in caso di sconfitta», ha anche detto, criticando i generali di Mosca. «Il problema non è dei soldati, ma di chi li comanda: il pesce puzza dalla testa», ha proseguito. Alla base dell’irritazione di Prigozhin c’è la questione delle munizioni che tarderebbero ad arrivare a Bakhmut. «Il ministero della Difesa della Federazione russa non ha mai fornito al Wagner le munizioni promesse», ha detto, aggiungendo che sarebbe «arrivato solo il 10% delle munizioni richieste». Il capo dei mercenari ha anche accusato il ministero della Difesa russo di abbandonare le sue posizioni a Bakhmut. Non solo. A un certo punto, Prigozhin ha attaccato un non meglio precisato «nonno felice», dandogli della «testa di cazzo». Non è chiaro a chi si riferisse esattamente. Certo: pochi giorni fa, il capo del Wagner Group aveva insultato il ministro della Difesa, Sergey Shoigu, e il capo di stato maggiore, Valery Gerasimov. Resta comunque il dubbio che stavolta il suo bersaglio potesse essere Putin in persona. È oltremodo significativo che Prigozhin abbia pronunciato queste durissime parole proprio nel giorno della Vittoria. Simili attriti plateali imbarazzano il capo del Cremlino principalmente per due ragioni. Sul fronte ucraino, trasmettono l’immagine di una Russia internamente divisa: un’immagine che, oltre a rinvigorire gli ucraini, potrebbe portare Pechino a distanziarsi da Mosca. Inoltre, c’è un nodo di più vasta portata. Il Wagner Group viene infatti usato ufficiosamente dal governo russo per estendere la propria influenza su varie parti del continente africano (dalla Libia orientale al Sahel): queste tensioni potrebbero quindi azzoppare la strategia di Mosca nel Mediterraneo allargato. Dall’altra parte, il governo di Kiev ha reso noto ieri che la pianificazione della controffensiva è in fase di svolgimento. «Ci stiamo preparando con molta attenzione perché è un’operazione molto importante e sappiamo che dobbiamo dimostrare il successo di questa operazione alla nostra società, ai nostri partner, a tutto il mondo», ha affermato il premier ucraino, Denys Shmyhal. «Ringrazio i nostri partner per averci fornito i sistemi di difesa aerea. Ribadisco la mia richiesta di aumentare il loro numero e di fornire F-16 che possano agire insieme ai sistemi di terra per difendere i nostri cieli», ha twittato, dal canto suo, il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba. Nel frattempo, ieri le forze armate ucraine hanno sottolineato che i russi non hanno ancora conquistato Bakhmut (Mosca sperava di prenderla entro il 9 maggio). Sempre ieri, il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, ha ringraziato gli Stati Uniti per il nuovo pacchetto di aiuti militari da 1,2 miliardi di dollari. In questo quadro, appare ancora in bilico l’estensione dell’accordo sul grano, originariamente stipulato a luglio dell’anno scorso. Ieri, il ministro dell’Agricoltura di Kiev, Mykola Solsky, ha reso noto che l’Ucraina dispone di modi alternativi per esportare il frumento, qualora l’intesa non venga prorogata entro il prossimo 18 maggio. «Non prevediamo alcuno scenario apocalittico a causa di un milione di circostanze. Gli agricoltori ucraini e i commercianti ucraini hanno dimostrato di poter fare molto e di poter tracciare molte rotte di esportazione», ha detto il ministro. Come che sia, oggi e domani sono previsti dei colloqui a Istanbul tra Turchia, Onu, Ucraina e Russia per cercare di prolungare l’accordo. Intanto ieri un giornalista dell’Agence France-Presse, Arman Soldin, è stato ucciso dal lancio di razzi nell’Est dell’Ucraina, come reso noto dalla stessa agenzia stampa transalpina.
Getty Images
Le manifestazioni guidate dalla Generazione Z contro corruzione e nepotismo hanno provocato almeno 23 morti e centinaia di feriti. In fiamme edifici istituzionali, ministri dimissionari e coprifuoco imposto dall’esercito mentre la crisi politica si aggrava.
La Procura di Torino indaga su un presunto sistema di frode fiscale basato su appalti fittizi e somministrazione irregolare di manodopera. Nove persone e dieci società coinvolte, beni sequestrati e amministrazione giudiziaria di una società con 500 dipendenti.