2023-08-25
I soldati invitati alla calma, ma l’ordine di smobilitare è partito mentre lo chef si filmava in Mali. L’impegno delle truppe regolari porterà a un’escalation nel continente nero.Evgenij Prigozhin era sicuro di essere riuscito a sfuggire alla vendetta del Cremlino e non si aspettava certo di morire quando solo quattro giorni fa era apparso in un video girato molto probabilmente in una zona desertica del Mali. Qui si era vantato di contribuire alla gloria della Russia e anche di rendere impossibile la vita «ai jihadisti di al-Qaeda, Isis e altri predoni». E aveva annunciato che le cose per la Compagnia militare privata Wagner andavano alla grande, tanto che era in corso una campagna di reclutamento, oltre che un programma di addestramento dell’esercito regolare del Mali. Infatti, sui canali Telegram della milizia paramilitare russa, da settimane circolava una serie di video nei quali gli istruttori dei mercenari della Wagner davano istruzioni su come comportarsi in determinate situazioni. Tuttavia, a un occhio attento non è sfuggito come gli «allievi» facessero una gran fatica a mettere in pratica gli insegnamenti dei loro istruttori. In realtà Prigozhin stava bluffando, perché da Mosca era arrivato l’ordine tassativo di ritirarsi e cedere il comando delle operazioni ai militari russi. A questo proposito, subito dopo il tentato golpe del giugno scorso in Russia, in Siria, dove sono ancora presenti 2.500-3.000 miliziani, erano arrivati gli ufficiali dei servizi segreti russi civili e militari, che avevano minacciato i mercenari: o vi uniformate subito all’esercito russo o vi passiamo per le armi. Stessa cosa è accaduta nella Repubblica Centrafricana, in Burkina Faso, nel Mali e in Libia. Nonostante gli inviti e le minacce, Prigozhin ha provato a resistere, perché convinto che Vladimir Putin, in virtù di quanto condiviso negli anni e in virtù del potere ricattatorio, lo avrebbe perdonato per il tentato golpe. L’ex galeotto diventato venditore di hot dog per le strade di San Pietroburgo, poi «cuoco di Putin» e re dei «troll», si era persino convinto che lozar gli avrebbe lasciato «almeno» l’Africa, dove poter operare e quindi incassare i ricchi proventi delle miniere (ad esempio, quelle della Repubblica Centrafricana), che la Wagner riceve in cambio della protezione dagli attacchi jihadisti. Ma l’uomo che, nel corso degli anni, grazie alle ricche commesse del governo russo, ha costruito un impero che vale circa 20 miliardi di dollari, ha fatto male i suoi conti per tre semplicissime ragioni: Putin non ha amici, non perdona mai uno sgarro, e infine nella verticale del potere che si è costruito da quando è al comando, nessuno può sfidarlo, né politicamente, né con i carri armati, come, maldestramente, ha fatto Prigozhin. Cosa succederà ai mercenari Wagner dopo la (presunta) morte del suo proprietario, deceduto nello schianto insieme ai suoi luogotenenti Dmitriy Utkin, fondatore del gruppo Wagner e vice di Prigozhin, e Aleksandr Chekalov, responsabile per gli affari africani? Qui c’è poco da dire, perché la milizia, così come il mondo l’ha conosciuta, e talvolta subita, non esiste più. E a nessuno sarà permesso di fare le stesse cose che ha fatto Prigozhin. Poi in tutta questa vicenda ci sono molti soldi: c’è l’enorme patrimonio anche immobiliare di Prigozhin e nessuno sa se egli lo avesse messo al sicuro (si dice a Dubai) e se potrà finire nella disponibilità della sua famiglia. Non ci scommetteremmo: se vendetta deve essere, essa deve riguardare anche il portafoglio. E chi gestirà le migliaia di uomini sparsi in Mali, Burkina Faso, Repubblica Centrafricana, Libia, Siria, Sudan, Ucraina e Bielorussia, dove i problemi di coesistenza con l’esercito di Minsk sono già stati denunciati da Alexander Lukashenko? Dai campi bielorussi è iniziato già l’esodo e sui canali Telegram si moltiplicano gli inviti alla calma, affinché non ci siano rivolte o attacchi sconsiderati verso Mosca. Chi assicurerà loro lo stipendio, da un minimo di 3.000 dollari fino a un massimo di 7.000 dollari al mese, in base ai risultati ottenuti sul campo di battaglia? Facile immaginarsi che nessuna milizia paramilitare prenderà il posto della Wagner, quindi, visto che Mosca non vuole certo smobilitare dal continente africano, dovrà impegnarsi direttamente. Andremo incontro a una vera escalation che non piacerà di sicuro agli «amici» cinesi, agli americani e nemmeno ai Paesi africani. A proposito della morte di Prigozhin, c’è chi ritiene che questa, almeno per la tempistica, abbia a che fare con le mire del gruppo Wagner sul Niger e le sue miniere di uranio. Il Cremlino fin da subito si era detto contrario al golpe, tanto che ha evitato di farsi coinvolgere direttamente nella vicenda, mentre a Niamey, la capitale, non passa giorno che non ci siano manifestazioni di piazza, in cui gruppi di persone (pagate) innalzano le bandiere della Wagner. Le manifestazioni di domenica e lunedì scorso potrebbero aver scatenato la vendetta, peraltro già decisa da tempo. Insieme alle bandiere russe e ai simboli dei mercenari Wagner, i manifestati tenevano il ritratto di Prigozhin e non più quello di Putin. L’ennesimo affronto, stavolta lavato con il sangue.
Nadia e Aimo Moroni
Prima puntata sulla vita di un gigante della cucina italiana, morto un mese fa a 91 anni. È da mamma Nunzia che apprende l’arte di riconoscere a occhio una gallina di qualità. Poi il lavoro a Milano, all’inizio come ambulante e successivamente come lavapiatti.
È mancato serenamente a 91 anni il mese scorso. Aimo Moroni si era ritirato oramai da un po’ di tempo dalla prima linea dei fornelli del locale da lui fondato nel 1962 con la sua Nadia, ovvero «Il luogo di Aimo e Nadia», ora affidato nelle salde mani della figlia Stefania e dei due bravi eredi Fabio Pisani e Alessandro Negrini, ma l’eredità che ha lasciato e la storia, per certi versi unica, del suo impegno e della passione dedicata a valorizzare la cucina italiana, i suoi prodotti e quel mondo di artigiani che, silenziosi, hanno sempre operato dietro le quinte, merita adeguato onore.
Franz Botrè (nel riquadro) e Francesco Florio
Il direttore di «Arbiter» Franz Botrè: «Il trofeo “Su misura” celebra la maestria artigiana e la bellezza del “fatto bene”. Il tema di quest’anno, Winter elegance, grazie alla partnership di Loro Piana porterà lo stile alle Olimpiadi».
C’è un’Italia che continua a credere nella bellezza del tempo speso bene, nel valore dei gesti sapienti e nella perfezione di un punto cucito a mano. È l’Italia della sartoria, un’eccellenza che Arbiter celebra da sempre come forma d’arte, cultura e stile di vita. In questo spirito nasce il «Su misura - Trofeo Arbiter», il premio ideato da Franz Botrè, direttore della storica rivista, giunto alla quinta edizione, vinta quest’anno da Francesco Florio della Sartoria Florio di Parigi mentre Hanna Bond, dell’atelier Norton & Sons di Londra, si è aggiudicata lo Spillo d’Oro, assegnato dagli studenti del Master in fashion & luxury management dell’università Bocconi. Un appuntamento, quello del trofeo, che riunisce i migliori maestri sarti italiani e internazionali, protagonisti di una competizione che è prima di tutto un omaggio al mestiere, alla passione e alla capacità di trasformare il tessuto in emozione. Il tema scelto per questa edizione, «Winter elegance», richiama l’eleganza invernale e rende tributo ai prossimi Giochi olimpici di Milano-Cortina 2026, unendo sport, stile e territorio in un’unica narrazione di eccellenza. A firmare la partnership, un nome che è sinonimo di qualità assoluta: Loro Piana, simbolo di lusso discreto e artigianalità senza tempo. Con Franz Botrè abbiamo parlato delle origini del premio, del significato profondo della sartoria su misura e di come, in un mondo dominato dalla velocità, l’abito del sarto resti l’emblema di un’eleganza autentica e duratura.
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A rischiare di cadere nella trappola dei «nuovi» vizi anche i bambini di dieci anni.
Dopo quattro anni dalla precedente edizione, che si era tenuta in forma ridotta a causa della pandemia Covid, si è svolta a Roma la VII Conferenza nazionale sulle dipendenze, che ha visto la numerosa partecipazione dei soggetti, pubblici e privati del terzo settore, che operano nel campo non solo delle tossicodipendenze da stupefacenti, ma anche nel campo di quelle che potremmo definire le «nuove dipendenze»: da condotte e comportamenti, legate all’abuso di internet, con giochi online (gaming), gioco d’azzardo patologico (gambling), che richiedono un’attenzione speciale per i comportamenti a rischio dei giovani e giovanissimi (10/13 anni!). In ordine alla tossicodipendenza, il messaggio unanime degli operatori sul campo è stato molto chiaro e forte: non esistono droghe leggere!
Messi in campo dell’esecutivo 165 milioni nella lotta agli stupefacenti. Meloni: «È una sfida prioritaria e un lavoro di squadra». Tra le misure varate, pure la possibilità di destinare l’8 per mille alle attività di prevenzione e recupero dei tossicodipendenti.
Il governo raddoppia sforzi e risorse nella lotta contro le dipendenze. «Dal 2024 al 2025 l’investimento economico è raddoppiato, toccando quota 165 milioni di euro» ha spiegato il premier Giorgia Meloni in occasione dell’apertura dei lavori del VII Conferenza nazionale sulle dipendenze organizzata dal Dipartimento delle politiche contro la droga e le altre dipendenze. Alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a cui Meloni ha rivolto i suoi sentiti ringraziamenti, il premier ha spiegato che quella contro le dipendenze è una sfida che lo Stato italiano considera prioritaria». Lo dimostra il fatto che «in questi tre anni non ci siamo limitati a stanziare più risorse, ci siamo preoccupati di costruire un nuovo metodo di lavoro fondato sul confronto e sulla condivisione delle responsabilità. Lo abbiamo fatto perché siamo consapevoli che il lavoro riesce solo se è di squadra».





