2022-11-19
Morti da green pass: c’è il primo processo
Un controllore ha obbligato a scendere dal treno un anziano senza lasciapassare. Che è stato travolto da un altro convoglio.ai binari. Il motivo? Ovvio: non aveva il green pass. Salvatore ha cominciato a camminare sulle rotaie ma non sapeva orientarsi. È morto, travolto da un treno merci, trascinato come una bambola di pezza lungo la strada ferrata e ritrovato ormai senza vita dentro una galleria. Del resto, si sa, la sua vita non valeva nulla. Il motivo? Ovvio: non aveva il green pass. A Genova si è aperto il processo contro il controllore di Trenitalia che prese quella decisione. Si chiama Domenico Tripodi, ha 61 anni. Rischia l’imputazione per abbandono d’incapace aggravato dalla sopravvenuta morte. E sicuramente una persona che abbandona un ottantenne malato in mezzo ai binari, senza sentire il bisogno di avvertire i servizi sanitari o almeno la polizia ferroviaria, non è quella che vorresti incontrare sul treno di notte.Dovrebbe controllare gli altri, evidentemente non è in grado nemmeno di controllare sé stesso. Epperò non permetteremo di isolare quest’infame gesto dall’infamia assai più estesa del green pass. Non permetteremo che la follia vissuta quella notte a Genova rimanga separata dalla follia vissuta per oltre due anni in tutta Italia. Non permetteremo che quell’evidente assurdità individuale resti scollegata dall’assurdità ben più generale e collettiva che ci è stata imposta. A processo, in quell’aula ligure, non ci deve andare solo il controllore Tripodi. Ma tutti coloro che hanno armato la sua disumanità.Se, infatti, al ferroviere, un uomo che fino a quella notte non aveva fatto altro che controllare biglietti, viene in mente di sbattere un altro uomo, più anziano di lui e sofferente, giù dal treno, in mezzo alle rotaie, alla mercé dei convogli di passaggio, soltanto perché non ha il green pass (Salvatore era munito di regolare biglietto) è perché qualcuno lo aveva convinto che in quel modo avrebbe salvato la vita alle persone. Era stato accecato dalla furia ideologica e dai predicatori del terrore.E, in fondo, l’assurdità di quello che abbiamo vissuto in questi due anni e mezzo è tutta riassunta nel dilemma vissuto quella notte sui binari di Genova: davvero per salvare la vita delle persone bisogna sacrificare la vita delle persone? Come vedete, non è un processo che riguarda il controllore di Genova. È un processo che riguarda i controllori del Paese. Non si può dimenticare, infatti, quello che abbiamo vissuto. Non si può dimenticare che per oltre due anni, con l’intento dichiarato di salvare le vite alle persone, è stata oppressa la vita delle persone: in nome del green pass sono state ammesse discriminazioni, persecuzioni, riedizioni di apartheid in chiave sanitaria. Sono stati buttati fuori medici dalle corsie, insegnanti dalle scuole, operai dalle fabbriche, ragazzi dalle scuole e dai centri sportivi; sono stati perseguitati i vecchietti che giocavano a bocce o che leggevano il giornale sulla panchina; sono stati multati i figli che andavano a trovare i genitori, i fidanzati che si baciavano, i ragazzi che camminavano mano nella mano lungo il fiume. C’erano i droni a inseguire chi correva lungo la spiaggia e i vigili fuori dalla porta per controllare il cibo ordinato al take away per scoprire se c’erano ospiti a cena.Non si può dimenticare che tutta questa negazione della vita è stata imposta nel nome di una presunta difesa della vita: vera o falsa? Provata o non provata? Con basi scientifiche o politiche? Bisognerà discuterne. Non in una ma in mille aule di tribunale. Il controllore di Genova, in fondo, si è comportato esattamente come i controllori del Paese: ha buttato giù Salvatore dal treno perché l’avevano convinto che così facendo avrebbe salvato vite umane. Invece l’unica cosa certa è che una vita umana l’ha distrutta. E non importa che Salvatore fosse un boss, un capofamiglia mafioso, appena uscito dal carcere di Asti e in viaggio per tornare a Agrigento. Poteva essere qualsiasi persona. Qualsiasi anziano. Qualsiasi malato.Il suo corpo abbandonato in galleria poteva essere quello di ciascuno di noi o dei nostri cari. E proprio per questo torna a interrogarci, mentre i potenti della terra, riuniti a Bali, decidono di legarsi al green pass a vita: ma quanto sono stati disumani coloro che proclamavano di voler salvare l’umanità? E prima o poi pagheranno per ciò? O l’unico processo che si farà sarà quello a un controllore di Genova?
Leonardo Apache La Russa (Ansa)
Nessuna violenza sessuale, ma un rapporto consenziente». È stata archiviata l’indagine a carico di Leonardo Apache La Russa e l’amico Tommaso Gilardoni, entrambi 24enni, accusati di violenza sessuale da una di ventiduenne (ex compagna di scuola di La Russa jr e che si era risvegliata a casa sua).
Nel riquadro, Howard Thomas Brady (IStock)