2023-10-10
Malati gravi e morti tra gli «immuni»? «Colpa del paradosso dei vaccini di massa»
La denuncia dell’esperta: «Il tipo di anticorpi indotti dalle dosi ha aggravato i sintomi. Perciò sono state evitate le autopsie».Potenziali rischi dall’antinfluenzale distribuito pure in Italia: potrebbe riattivare un virus sparito da più di tre anni. Va cambiato il farmaco, ma le licenze sono sospese.Lo speciale contiene due articoli.Come mai l’anti Covid non ha protetto molti vaccinati dall’infezione? Neppure dalle forme gravi della malattia e dalla morte? La campagna per il richiamo è partita, senza che sia stata fornita risposta a questo enorme interrogativo come ad altre fondamentali questioni. Sulla sicurezza dei farmaci a mRna si aprono sempre più falle. Minima, se non del tutto assente, appare la volontà di fare chiarezza da parte delle istituzioni, delle autorità sanitarie. Ne è un esempio l’inutile database che il ministero della Salute ha messo a disposizione dell’avvocato Lorenzo Melacarne, su ordine del Tar del Lazio. Una valanga di numeri sbagliati, di morti post vaccino (per qualsiasi causa) che mancano all’appello. Dati presi dal registro vaccinale nazionale, che si dimostra strumento inaffidabile, fino ad oggi mai elaborati da chi di dovere. O che l’Istituto superiore di sanità non vuole fornire. Di reazioni avverse ancora oggi non si parla, nonostante l’alto numero di vaccinati senza più salute o non più in vita. «Alcune persone, dopo l’inoculo, potrebbero aver manifestato una sintomatologia grave come conseguenza dell’Ade, Antibody dependent enhancement, ovvero la produzione di anticorpi che invece di proteggere l’individuo ne peggiora le condizioni cliniche attese. Sospetto che, a inizio 2020, le autopsie siano state vietate proprio per questo», afferma una nota scienziata italiana costretta a mantenere l’anonimato. L’emergenza è finita, non la pressione che impedisce a uno studioso di manifestare apertamente le conclusioni, dopo decenni di lavoro ai massimi livelli. Eppure, sono considerazioni che non possono non essere condivise da un ricercatore. «L’effetto paradosso», spiega la dottoressa, «comporta manifestazioni patologiche più gravi dell’atteso, finanche la morte, e dipende principalmente da un rapporto squilibrato tra anticorpi neutralizzanti e non neutralizzanti contro il virus infettante. I neutralizzanti sono capaci di proteggere in vitro cellule sensibili al virus dall’infezione, ma potrebbero non avere la stessa attività protettiva in vivo». La presenza di anticorpi contro un patogeno non basta, per garantire l’immunità del singolo individuo, come si è visto con l’alto numero di infettati post vaccinazione. Ma per minimizzate l’effetto paradosso negli inoculati, qualora questi si fossero contagiati, immaginiamo che Big pharma avrà realizzato vaccini in grado di favorire un rapporto ottimale anticorpi neutralizzanti/non neutralizzanti. «Però bisogna considerare che i cosiddetti vaccini erano stati progettati a inizio 2020, in base alle sequenze del virus che circolava nell’ultimo trimestre del 2019», interviene l’esperta. «Nell’arco di tempo in cui sono stati somministrati, dal 2021 fino a pochi mesi fa, il virus circolante ha accumulato un notevole numero di mutazioni, permettendo fortunatamente l’attenuarsi del patogeno, ma nello stesso tempo alterando il rapporto tra gli anticorpi verso il virus infettante». Pfizer aveva ammesso, nel foglietto illustrativo, che nel 2020 il virus era mutato. Ogni vaccinato ha generato anticorpi neutralizzanti contro la Spike del virus originario, non contro le Spike delle varianti, ed è proprio questa evenienza che può aver indotto l’effetto paradosso peggiorando il quadro clinico di individui, sebbene infettati da varianti attenuate. In presenza di anticorpi, la risposta immunitaria può diventare pericolosa. «Si sarebbero dovuti effettuare test anticorpali e antigenici, prima di procedere alla vaccinazione di massa», sottolinea la dottoressa, autrice di numerosi studi pubblicati a livello internazionale. Aggiunge: «Credo che le aziende farmaceutiche abbiamo sottostimato l’effetto paradosso. Hanno detto di essere pronte a fornire i vaccini perché confidavano sul fatto che, già a fine 2020, il virus fosse ormai sufficientemente attenuato, sperando così di poter osservare un numero limitato di Ade nei vaccinati».Sebbene in piccola percentuale, forse meno dell’1% dichiarato (ma su miliardi di vaccinati sono numeri enormi), l’effetto paradosso avrebbe provocato quasi certamente molti degli eventi avversi gravi ancora oggi non quantificabili. Si potrebbe conteggiare solo conoscendo il numero degli inoculati, a prescindere dal numero di dosi e dal giorno di somministrazione, ricoverati con sintomi gravi. «Bisognerebbe approfondire anche le procedure di come venivano effettuati e registrati i tamponi post mortem», informa la studiosa.C’era chi diceva: «Non ti vaccini? Muori e fai morire!», eppure, le curve pubblicate dall’Oms, sin dalla primavera 2021, raccontavano già che nella vaccinazione qualcosa non andava. Ovunque si iniziasse a inoculare, le curve relative al numero delle persone infette e dei morti avevano un’impennata.I produttori di vaccino sapevano o «auspicavano» che il virus avrebbe continuato ad attenuarsi, causando sintomatologie sempre più leggere. «Naturalmente, il miglioramento nella situazione pandemica è stato poi attribuito alla vaccinazione di massa, tacendo sapientemente che i virus, circolando senza nessuna pressione selettiva, tendono ad attenuarsi», precisa la scienziata interpellata dalla Verità. «Che i cosiddetti vaccini non fermassero l’infezione è stato un bene», conclude. «Durante un’epidemia o una pandemia non si procede mai a tappeto con una “vaccinazione sterilizzante”, cioè che previene le infezioni. In simili contesti, impedire la circolazione del virus potrebbe favorire la selezione di varianti più aggressive». Non imputabili ai non vaccinati.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/morti-covid-vaccino-dati-2665862636.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="i-sieri-riesumano-un-ceppo-estinto" data-post-id="2665862636" data-published-at="1696911881" data-use-pagination="False"> «I sieri riesumano un ceppo estinto» Sparito da più di tre anni, estinto durante la pandemia del Covid, il ceppo influenzale di tipo B Yamagat vive ancora, frammentato o indebolito, solo nei vaccini antinfluenzali quadrivalenti pronti per essere iniettati nelle prossime settimane. Sarebbe da rimuovere «il prima possibile» secondo i consulenti dell’Agenzia americana dei medicinali Food and drug administration (Fda), come testimonia il voto all’unanimità di questi giorni e in linea con una raccomandazione simile formulata la settimana scorsa dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), secondo la quale «dovrebbe essere fatto ogni sforzo per escludere questa componente il prima possibile». Invece, nonostante sia sempre più evidente che il ceppo potrebbe andarsene per sempre - come riporta il sito specializzato Arstecnicha.com - non è chiaro a quanto tempo corrisponda il «prima possibile» dato che, osservano gli esperti Fda, i piani per l’eliminazione del ceppo estinto dalle formulazioni stanno procedendo a rilento. I vaccini antinfluenzali attualmente autorizzati sono di due tipi: quadrivalenti e trivalenti. I primi contengono 2 ceppi A (H1N1e H1N2) e 2 ceppi B (lineaggio B/Victoria e B/Yamagata). Nei trivalenti manca proprio il ceppo estinto, quindi sarebbero quelli da preferire, ma c’è un piccolo particolare: non sono disponibili. Come spiega infatti anche il sito del ministero della Salute, tutti «i vaccini antinfluenzali disponibili in Italia sono autorizzati» dall’Agenzia europea (Ema) e italiana (Aifa), «tuttavia, non tutti gli autorizzati per l’uso sono necessariamente disponibili sul mercato. Sono le ditte produttrici dei vaccini che definiscono se mettere a disposizione uno o tutti i loro prodotti in un determinato mercato». Inoltre, per complicare il quadro, «sono le Regioni che decidono annualmente, attraverso delle gare, tra i prodotti disponibili in commercio, quelli che saranno utilizzati durante le campagne vaccinali». In realtà, le aziende produttrici hanno, di fatto, solo le licenze per il quadrivalente attive, le trivalenti sono «sospese» e per essere riattivate devono passare per una procedura regolatoria. Solo una questione burocratica? Non proprio. Anche se dovrebbero potersi escludere particolari risvolti negativi per la salute, il mantenere in produzione vaccini antinfluenzali composti di virus inattivati o indeboliti estinti come il B/Yamagata, secondo gli esperti, paradossalmente, mantiene il rischio di reintrodurre il virus nell’ambiente, se si verificasse un incidente durante la produzione. L’unica certezza che le tempistiche sono indefinite. Attualmente, infatti, gli esperti stanno isolando i ceppi per il 2024 dell’emisfero australe, che di solito si estende da aprile a settembre. Non ci sono i tempi per passare dalla produzione delle formulazioni quadrivalenti alle trivalenti. Le aziende, dal canto loro, si dicono disponibili a «valutare cosa si potrebbe fare per riformulare le vaccinazioni per la stagione 2024-2025 nell’emisfero settentrionale», ma non ci sono ancora garanzie. Al di là dei problemi legati alla produzione e alla concessione poco agile di licenze, gli esperti non sono nemmeno sicuri di quale sarebbe la riformulazione ideale di un vaccino antinfluenzale. Una possibilità è mantenere quella del quadrivalente ma utilizzare tre virus di tipo A e uno di tipo B. Un’altra è quella di passare a una formula trivalente, ma aumentare il dosaggio di uno dei ceppi influenzali, quello dominante, o aumentare il dosaggio per tutti e tre. Con calma però: è l’influenza, mica il Covid.
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